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 ITALIA - ITALIA - Dichiarazione del Comitato Nazionale per la Bioetica sulla possibilità di brevettare cellule di origine embrionale umana - 25 Febbraio 2000
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Documento 
25 febbraio 2000 16:43
 

1. La decisione dell'European Patent Office (EPO) di concedere all'Università di Edimburgo, che collabora con la società statunitense Bio Transplant, il brevetto (numero ER 695 351) che prevede l'isolamento e la coltura di cellule staminali da embrioni e da tessuti adulti e la loro modificazione genetica, ha riproposto la questione etica della produzione e utilizzazione di embrioni a scopo sperimentale e della brevettabilità della vita umana ai fini dello sfruttamento commerciale.

Essa ha destato vaste polemiche e serie preoccupazioni da parte dell'opinione pubblica e delle istituzioni italiane ed europee.

Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha già in precedenti occasioni espresso le proprie riserve sulla brevettabilità degli esseri viventi e sulla sperimentazione sull'embrione umano e la propria opposizione alla clonazione umana in particolare (Rapporto sulla brevettabilità degli organismi viventi del 19 novembre 1993, Identità e statuto dell'embrione umano del 22 giugno 1996, La clonazione del 17 ottobre 1997).

L'orientamento espresso in tali documenti è coerente con quanto previsto dalla normativa adottata in sede europea e internazionale, alla cui stesura il CNB ha anche collaborato e precisamente:
1) la Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e la biomedicina del Consiglio d'Europa (firmata ad Oviedo il 4 aprile del 1997), che prevede all'art. 18 il divieto di costituire embrioni umani ai fini di ricerca, e all' art. 21 l'interdizione di trarre profitto dal corpo umano;
2) il Protocollo sulla Clonazione Umana - anch'esso del Consiglio d'Europa- (firmato a Parigi il 12 gennaio 1998) recante interdizione della clonazione degli esseri umani;
3) La Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani (adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO l'11 novembre 1997) che definisce il genoma umano, in senso simbolico, "patrimonio comune dell'umanità" e che all'art.11 prevede che "la pratiche che sono contrarie alla dignità umana, quali clonazione di esseri umani a fini di riproduzione, non devono essere permesse".

2. L'eccezionale gravità della decisione dell'EPO sollecita perciò il Comitato Nazionale per la Bioetica, anche in base alla richiesta del Ministro della Sanità, on. Rosy Bindi, di "esprimere un pronunciamento sulla vicenda", a precisare ulteriormente la propria posizione in merito. Peraltro, la rettifica che l'Ufficio Brevetti Europeo ha emesso subito dopo l'accaduto, al fine di precisare che l'oggetto del brevetto non include la specie umana né pertanto la clonazione di embrioni umani, non ha alcun valore giuridico in quanto non comporta alcuna modifica del testo che invece parla esplicitamente, al paragrafo 0011 di "all animal cells, especially of mammalian species, including human cells" (tutte le cellule animali, specialmente di mammiferi, incluse le cellule umane). Il brevetto resta quindi giuridicamente efficace nella sua formulazione attuale, e nelle conseguenze pratiche che essa comporta, anche se la decisione dell'EPO è suscettibile di complicate e lunghe procedure di ricorso.

Questo episodio avviene in un contesto caratterizzato dall'allarmante tendenza a ridurre l'intera vita biologica, compresa quella umana, a mero oggetto di proprietà intellettuale brevettabile e a bene commerciale, e dal rischio di un progressivo cedimento delle strutture politiche e giuridiche, predisposte alla regolamentazione della materia, alle pressioni esercitate dall'industria biotecnologica. In antitesi a questa tendenza si deve sottolineare l'opposizione di movimenti e associazioni ambientaliste e umanitarie, degli scienziati, ma soprattutto, più semplicemente, della società civile, all'integrale commercializzazione della vita biologica e in particolare del corpo umano.

Ciò ha condotto recentemente al fallimento del vertice dell'Organizzazione mondiale del commercio di Seattle e successivamente, come applicazione degli orientamenti della Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, alla definizione di un primo Protocollo internazionale sulla biosicurezza, adottato il 29 gennaio scorso a Montreal. La vicenda di questi giorni potrebbe però generare, presso l'opinione pubblica, un clima di diffusa diffidenza nei confronti delle scienze biomediche, dalla quale possono originarsi indebiti ostacoli alla libertà della scienza e in particolare alla ricerca nella difficile lotta contro le malattie genetiche e le altre patologie che affliggono la condizione umana. Proprio al fine di evitare un'ingiustificata critica della scienza, è necessario che le sue applicazioni ai fini industriali e commerciali vengano valutate in ragione delle finalità perseguite e dei fondamentali valori umani implicati.

3. Il CNB, nell'apprendere con soddisfazione la notizia che il governo italiano intende presentare il proprio ricorso contro la concessione del citato brevetto, auspica che le istituzioni e la politica assumano il proprio ruolo di guida delle applicazioni delle moderne biotecnologie.

Ribadisce inoltre la propria opposizione alla brevettabilità dell'essere umano. In particolare, per quanto concerne l'Italia, auspica che:
1) Lo strumento per la ratifica della Convezione per la protezione dei diritti dell'uomo e la biomedicina, firmata nell'aprile del 1997 ed entrata in vigore lo scorso dicembre, venga al più presto presentato al Parlamento da parte del governo italiano unitamente al Protocollo integrativo sulla clonazione umana.
2) In sede di recepimento della direttiva europea sulla Protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche (Direttiva 98/44), venga definita un'interpretazione del testo europeo che escluda ogni possibile ambiguità in merito all'illiceità della brevettabilità del corpo umano, in ogni sua parte e in ogni sua fase di sviluppo. E' necessario infine che, oltre alla diffusione di una chiara e puntuale informazione sulle applicazioni biotecnologiche della scienza, e alla definizione di regole comuni nei vari paesi europei, vengano previste forme di trasparenza e di controllo pubblico sulle modalità, i soggetti e le finalità delle applicazioni della ricerca in campo biotecnologico qualora esse implichino fondamentali valori e interessi umani e ambientali. A ciò si aggiunge l'urgenza di individuare strategie di collaborazione tra il settore privato, le istituzioni pubbliche coinvolte e gli organi istituzionali, al fine di indirizzare la concreta utilizzazione dei risultati ottenuti dalla ricerca scientifica verso la promozione di beni umani rilevanti ed equamente condivisi.




25 Febbraio 2000
 
 
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