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 ITALIA - ITALIA - 'Tutti gli autovelox fuori norma': le multe a rischio annullamento
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2 maggio 2025 10:55
 

Manca ancora il decreto di omologazione. Scontro tra ministro e Anci sul censimento: «Mandateci un censimento», «Mancano leggi chiare»


Un botta e risposta istituzionale: da un lato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, dall’altro Gaetano Manfredi, presidente dell’Associazione nazionale comuni d’Italia (Anci). In mezzo, il «caso» degli autovelox: indispensabili per la sicurezza stradale, ma senza un decreto d’omologazione da 33 anni. Requisito che la Cassazione ritiene imprescindibile per rendere valide le multe per eccesso di velocità. Tanto da ribadirlo in diverse pronunce che hanno cassato i verbali.
In questa impasse i ricorsi continuano a fioccare, alcuni Comuni hanno spento gli apparecchi e il Viminale ha chiesto ai prefetti di difendere i verbali con documenti tecnici mai arrivati prima ai giudici.
Per risolvere il caso, lo scorso marzo, il Mit aveva spedito a Bruxelles uno schema di decreto che di fatto «sanava» tutti i dispositivi approvati dopo il 13 agosto 2017. Dopo l’anticipazione del Corriere e le polemiche sorte, il Mit lo scorso 24 marzo lo ha ritirato: «Servono approfondimenti».
Salvini ha, quindi, chiesto all’Anci un censimento dei dispositivi in uso ai Comuni per capire se e come riscrivere la norma ritirata. Poi ha sollecitato i dati con una missiva. Martedì l’Anci li ha consegnati: tra i rilevatori fissi solo il 40,6 per cento è stato approvato dopo il 2017; tra i mobili la quota scende al 32,8 per cento. Se per ipotesi il testo ritirato fosse riproposto, sei apparecchi su dieci tra i fissi e sette su dieci tra i mobili andrebbero spenti in attesa della procedura per omologarli.
Su tutto grava un’incognita: alcune associazioni di consumatori, come Globoconsumatori, si dicono pronte a ricorrere sino alla Suprema Corte per ribadire che tutti gli apparecchi devono essere omologati e non solo quelli approvati prima del 2017. «Auspichiamo che si possa arrivare quanto prima alla definizione del quadro normativo di riferimento — aveva scritto martedì Gaetano Manfredi a Matteo Salvini — per dare risposta agli operatori di polizia stradale e agli utenti, tenuto conto delle esclusive finalità di sicurezza stradale».
Il botta e risposta però non si è fermato ed è proseguito ieri con la controreplica di Porta Pia: «Ringraziamo per il pronto riscontro, ma serve un censimento che ci fornisca un quadro quantitativo e qualitativo dettagliato, su scala nazionale, regionale e locale. È fondamentale per riordinare le regole del settore, definire standard e procedure di omologazione e attuare la riforma del Codice della strada».
Tutta la vicenda nasce nel 1992, quando l’articolo 142 del Codice della strada impose che i rilevatori fossero approvati e «debitamente omologati». Però, il decreto attuativo in cui si sarebbe dovuto stabilire chi e come avrebbe dovuto, nella pratica, omologarli non arrivò mai e, per oltre tre decenni, ci si è affidati a circolari che equiparavano di fatto le procedure. Nel 2024, gli Ermellini cambiarono tutto: approvazione e omologazione sono due procedure diverse. L’ultima tappa era stato il testo del Mit indirizzato a Bruxelles, poi ritirato, il 24 marzo.
Per questo, finché un nuovo decreto non vedrà la luce, ogni verbale per eccesso di velocità rischia l’annullamento. Di fatto resta in vigore la stretta varata nel 2024: pre-segnalazione fra uno e quattro chilometri, taratura annuale certificata, divieto di rilevazione sotto i 50 km/h nei centri abitati. Il termine per adeguarsi scade il 12 giugno: chi non lo farà dovrà spegnere i dispositivi. Per le nuove installazioni, servirà il via libera del prefetto, dimostrando, a esempio, un picco d’incidenti gravi negli ultimi cinque anni. «Chiediamo noi per primi chiarezza — dice Luigi Altamura, comandante della Polizia locale di Verona e referente Anci in Viabilità Italia —. Alcuni Comuni hanno spento gli apparati, assumendosi una grande responsabilità. Di fronte allo stallo perdiamo tutti: sediamoci di nuovo a un tavolo e smettiamo di calpestare la sicurezza stradale».
In attesa di un nuovo decreto tutto è appeso a un filo. E lungo le strade, colonnine arancioni sono coperte da sacchi neri: simbolo plastico di una vicenda che da 33 anni attende regole chiare.

(Asaps.it)

 
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