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Processo dopo 23 anni dal fatto... Giustizia?
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Comunicato di François-Marie Arouet
4 aprile 2022 9:40
 
Si apre oggi 4 aprile a Pisa il processo in Corte d’Assise per fare luce sulla morte, 23 anni fa, del parà Emanuele Scieri per un presunto atto di nonnismo militare. La vicenda è nota in tragicità e sintomaticità, comitati ad hoc si sono costituiti nel tempo per far luce e giustizia.
Fatti talmente tragici che sembra abbiano avuto ed hanno il sopravvento su un altro aspetto: 23 anni perché il processo cominciasse.
Ventitre anni in cui la doppia funzione della Giustizia non ha potuto manifestarsi: Giustizia in sé e allerta/certezza per scongiurare altri atti del genere.
Per la Giustizia in sé emerge in modo particolare il dolore dei familiari, amici e commilitoni dell’epoca del giovane 26enne. Oltre lo sconforto civico e umano di ogni persona di buon senso che non si rassegna alla barbarie di questa attesa.
Per l’allerta/certezza - colpevoli o meno che saranno giudicati gli imputati – cosa hanno comportato questi 23 anni di attesa? Quanti altri atti del genere (magari senza il morto e lo specifico clamore) non sono stati scongiurati grazie al monito che una sentenza rappresenta per la comunità? Sentenza, sia chiaro, di condanna o assoluzione… poco importa, ma “sentenza” che comunichi ed educhi su presenza, vigilanza e giustizia di uno dei poteri dello Stato.

Se non ci si indigna e non si reagisce per questi 23 anni, vuol dire assecondare il regime che, per silenziare, demotivare e boicottare i referendum sulla giustizia giusta, ha fissato la data elettorale per il prossimo 12 giugno, auspicando con calcolo politico l’annullamento degli stessi per mancanza di quorum. Referendum che non possono essere panacea di tutto quello che non funziona nella Giustizia: a fronte di un potere dello stato che amministra questa Giustizia conservandosi, tutelandosi e procrastinando il corporativismo, i Referendum, al di là e oltre gli specifici quesiti, sono un segnale, un urlo di dolore degli elettori al potere legislativo perché non si continui con altri “23 anni”.
 
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