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GIORNATA DEL SOLLIEVO. LETTERA APERTA AL MINISTRO SIRCHIA.
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Comunicato 
25 maggio 2002 0:00
 



Firenze, 25 Maggio 2002. Massimo Lensi, editorialista dell'Aduc, ha inviato la seguente lettera aperta al ministro della Salute, Girolamo Sirchia:
Egregio Signor Ministro,
domenica prossima verra' celebrata la Giornata Nazionale del Sollievo, e mi piacerebbe sperare che questa occasione contribuisca ad una piu' ampia riflessione sulle terapie del dolore applicate oggi in Italia e ad un confronto sull'utilizzo della cannabis in codeste terapie. Un auspicio a cui anche Lei, come Ministro della Salute, spero vorra' aderire, se non altro per amore del confronto e del dialogo. Leggo pero' su un importante quotidiano che Lei ha presentato la giornata sostenendola con una serie di affermazioni che sembrano confermare alcune preoccupazioni su un aspetto propedeutico a qualsiasi decisione: il ruolo dell'individuo in uno Stato che si consideri laico e liberale in materia di tutela dei diritti individuali.
Vorrei dunque sottoporLe le mie riflessioni.
1) Sostiene Sirchia che la "cannabis e' un oppiaceo minore e che non aggiunge niente rispetto alle sostanze che gia' usiamo." Nonostante le varie classificazioni sugli oppiacei adottate dalla farmacologia, vorrei soffermare la Sua attenzione sull'utilizzo dell'aggettivo "minore" usato in questo contesto. Non vorrei pensare che Lei stesse maliziosamente giocando sull'ambiguita' della minore efficacia della cannabis terapeutica, in determinate e ben individuate patologie, nei confronti degli oppiacei da Lei tanto sostenuti. Perche', sempre a livello generale, tutto cio' semplicemente non e' vero come altrettanto falso e' sostenere che non "aggiunge altro", solo per il fatto di non prendere in esame gli effetti collaterali che rispettivamente cannabis e oppiacei producono sull'individuo. La morfina -oppiaceo da Lei considerato "maggiore"- impedisce la vita sociale a chiunque la si somministri, mentre cio' non accade a chi utilizza l'"oppiaceo minore" cannabis. Una ambiguita' terminologica, direi semantica, che ingabbia il richiesto e necessario confronto, tanto piu' oggi che numerose voci, compresa quella di Rita Levi Montalcini, si stanno levando a sostegno degli oppiacei "minori".
2) Sostiene Sirchia che "se ci saranno dati che ne dimostreranno particolari benefici, la cannabis verra' ammessa insieme con gli altri oppiacei". Se posso azzardare una ipotesi, questa frase - a meno di non essere smentiti- indicherebbe che alcuni protocolli di studio sono gia' stati attivati e che tra non molto l'opinione pubblica potrebbe conoscerne i risultati. Ma vorrei sommessamente chiederLe chi sta studiano cosa, quale istituto e' stato incaricato del lavoro, con quale inquadramento medico e con quale sollecitazione ministeriale questi protocolli hanno preso vita? Perche' solo se e' stato il Ministero della Salute a richiederli possono essere poi oggetto di inserimento nel Servizio Sanitario Nazionale. In caso contrario, come Lei sa, gli studi di natura "eterologa", esterni dunque al dominio ministeriale, non possono avere nessun crisma di ufficialita' e visto che, come Lei sempre sa, di studi sull'efficacia terapeutica della marijuana ce ne sono ormai cosi' tanti e di rilievo, dotati vieppiu' di autorevolezza, che senza dubbio potrebbero essere sufficienti a decretare l'inserimento della cannabis sativa nei farmaci del nostro SSN. Altrimenti, quella sua frase puo' essere interpretata come una seconda debolezza di natura terminologia e semantica, per cosi' dire.
3) Sostiene Sirchia che "oggi non pensiamo ai soldi, ma alla svolta culturale che dobbiamo imporre". Anche in questa occasione la terminologia che Lei adotta mi induce ad una osservazione critica. "Svolta culturale" e "imposizione" sono termini - non si offenda - patrimonio di un Minculpop o di un editto del Ministero per la Prevenzione del Vizio e la Promozione delle Virtu', e non delle prerogative di un Ministro della Repubblica. E' vero che solo pochi giorni fa il cardinale Camillo Ruini all'Assemblea dei Vescovi aveva denunciato la "questione antropologica" di una cultura "che tende non solo a interpretare l'uomo, ma soprattutto a trasformarlo", ma, mi permetta Signor Ministro, Lei fa parte ancora di uno Stato laico che dovrebbe vedere come fumo agli occhi qualsiasi tentativo di sottoporre le questioni antropologiche ad invasive attenzioni governative. Lo Stato dovrebbe governare un fenomeno, nei suoi piu' reconditi aspetti, e non cercare invece di gestire gli intimi rivoli della sfera individuale, dalla fecondazione assistita fino alla scelta sulla adozione di una terapia del dolore piuttosto che un altra. Se poi caliamo nel contesto della Giornata del Sollievo questa Sua importante affermazione, potremmo intravedere un Suo giudizio politico, filosofico ed etico per far vivere e difendere un tipo di sollievo, che penetra nella cultura, questa si', del dolore, della sofferenza e dell'unicita' tutta cattolica del fenomeno umano, senza dar possibilita' a scelte che non siano mera imposizione. Una scelta, in altri termini, di natura teologica e estetica.
Signor Ministro, per ora concludo queste riflessioni con un mio personale auspicio, che prende le mosse da tutt'altra visione dell'uomo e dei suoi misteri. Un uomo che nella mia visione dei fatti in oggetto di regole, prende il nome di "individuo", con la sua religione, la sua vita, i suoi dolori e malattie. Un individuo che vuole dallo Stato solo poche "cose": informazione e liberta' di scelta.
Signor Ministro, apra il confronto, stimoli la comparazione tra fenomeni, escluda dalla sua scienza l'apprendistato cattolico e si impadronisca dell'umilta' della conoscenza. Anche solo per una vera Giornata del Sollievo.
Mi permetta di porgerLe i miei migliori saluti
 
 
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