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EUTANASIA: PERCHE' CONTINUARE NELL'IPOCRISIA E NON LEGALIZZARE?
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Comunicato 
2 agosto 2003 0:00
 

LE CONFERME DA UNO STUDIO EUROPEO: IL 23% DEI DECESSI IN ITALIA E' PER LA DECISIONE DI UN MEDICO

Firenze, 2 Agosto 2003. Pubblicato sull'edizione del 1 agosto della rivista "The Lancet", uno studio del ricercatore olandese Agnes van der Heide dell'Universita' Erasmus di Rotterdam, fa il punto della situazione dell'eutanasia e del suicidio assistito in alcuni Paesi europei, in particolare Belgio, Danimarca, Italia, Olanda, Svezia e Svizzera.
A parte -com'era prevedibile- i dati dell'Olanda sulla quantita' di persone che hanno fatto ricorso all'eutanasia da quando e' legale, che e' inferiore rispetto a quando non c'era la legge, che confermano che la legalizzazione serve solo a regolare un fenomeno (che, legale o non legale, comunque persiste) e non a incrementarlo, il dato piu' interessante e sintomatico e' quante decisioni mediche precedono la morte di una persona.
Dati molto diversi da Paese a Paese, anche -ovviamente- in funzione delle leggi che inibiscono certi comportamenti e decisioni: si va dal 23% dell'Italia al 51% della Svizzera.
Questo vuol dire che in Italia,
dove eutanasia e suicidio assistito sono osteggiati dalle autorita' in ogni occasione (a parte la parentesi -d'opinione- dell'ex-ministro della Sanita' Umberto Veronesi), il 23% dei decessi e' deciso da medici che interrompono le varie tecniche per il prolungamento della vita o prescrivono farmaci che, calmando i dolori, possono indurre alla morte.
E stiamo parlando di percentuali che si conoscono, cioe' di medici che lo hanno esplicitamente ammesso. A cui non possiamo non aggiungere i medici che non lo hanno detto e -probabilmente percentualmente piu' consistente- amici e parenti che hanno praticato l'eutanasia (col consenso o meno del malato) su loro cari.
Sono dati che danno l'idea di un fenomeno di una vastita' tale che, continuare a far finta di niente, e' solo ipocrisia ideologica. E' solo voler continuare a mantenere nell'illegalita' una pratica che non puo' essere considerata come decisione scientifico-medica e/o d'amore.
In Parlamento esiste un progetto di legge, probabilmente nei piu' profondi cassetti irraggiungibili, ma che sarebbe proprio il caso di portare alla luce, si' da far sviluppare una discussione -non solo parlamentare- che quantomeno chiarisca i termini della questione e ci faccia conoscere come altrove (Svizzera e Olanda in particolare) si e' messa la parola fine ad una legislazione e ad una cultura ipocrita.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
 
 
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