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CONSERVAZIONE SANGUE CORDONE OMBELICALE: MA QUANTO SPENDE LO STATO ITALIANO? PERCHE' SI SPENDE IL 2500% IN PIU' DI PAESI COME GLI USA E LA GERMANIA? ASPETTIAMO CHE IL MINISTERO CI RISPONDA
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Comunicato 
31 marzo 2005 0:00
 

Firenze, 31 marzo 2005. Nel nostro Paese la conservazione del sangue ombelicale, fonte eccellente di cellule staminali, sta cominciando a prendere piede, anche se chi lo dona lo puo' fare solo per un benessere generale pubblico e se, fortunato, nel reparto ostetricia in cui ha partorito, la raccolta viene effettuata. Infatti e' vietata la conservazione del sangue ad uso privato (che sarebbe ottimale per utilizzarlo su se stessi e su malati della stessa famiglia), e puo' essere depositato solo in apposite banche che, collegate anche a livello internazionale, su richiesta e rispondendo a certe caratteristiche, lo mettono a disposizione.
Perche' non sia possibile usare il proprio magari anche spendendo di tasca propria per conservarlo, rimane uno dei misteri della sanita' italiana che, come in questo caso, sembra poco incline a far si' che ognuno possa anche provvedere a se stesso, oltre che agli altri.
In questo contesto di altruismo obbligato, che ha pochi esempi nel mondo (la Francia per esempio), apprendiamo oggi un dato economico che ci lascia perplessi. Secondo la presidente del Lazio dell'Associazione donatrici italiane sangue cordone ombelicale (Adisco) Maria Cristina Tirindelli, oggi in una conferenza stampa, tra le altre cose ha detto che "per conservare per un anno presso una banca specializzata un'unita' di sangue placentare, la spesa e' di oltre 2000 euro".
La cosa ci ha fatto sobbalzare, perche' sappiamo che l'azoto liquido, che e' la sostanza in cui si conserva il sangue placentare, costa mezzo euro al litro.
Certamente ci sono tutte le altre spese strutturali, etc,... ma perche', per esempio negli Usa e in Germania dove la conservazione avviene anche in modo autologo (per se stessi) presso banche private che, a differenza della struttura pubblica hanno un fine di lucro, il kit per analisi, catalogazione e conservazione costa mediamente 1000 Usd (774 euro) (spesa unica iniziale) e, sempre mediamente, 100 Usd (77 euro) all'anno per conservarlo?
Cos'e' che fa la differenza, cioe' il 2500% in piu'?

Ovviamente non lo sappiamo e per questo lo chiediamo al nostro ministero della Salute.
Ma abbiamo il forte sospetto che, come in tanti altri ambiti, cio' che fa la differenza e' il mercato, l'assenza del quale fa si' che in una gestione monopolista il prezzo e' solo frutto della burocrazia dello Stato. E dove sarebbe il guadagno, per lo Stato e per gli assistiti del Servizio Sanitario Nazionale? A noi sembra che non ci sia, e che, vuoi anche per il divieto della conservazione autologa, a pagare siano sempre i contribuenti/pazienti e in modo doppio: economico e per la indisponibilita' del proprio sangue.
Costi che, ovviamente, pur con l'attuale normativa scoraggiano gli ospedali a dotarsi delle necessarie strutture per facilitare la donazione.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
 
 
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