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E' COSTITUZIONALE IL DIVIETO DI DIAGNOSI PRE-IMPIANTO NELLA FECONDAZIONE ASSISTITA. SENTENZA POLITICA CHE REGALA ALL'ESTERO LA NOSTRA LIBERTA' E IL NOSTRO BUSINESS
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Comunicato 
25 ottobre 2006 0:00
 

intervento dell'on. Donatella Poretti della Rosa nel Pugno

Firenze, 25 ottobre 2006

La legge 40 sulla fecondazione assistita continua a mietere insuccessi nonostante i suoi sostenitori continuino a difenderla. L'ultimo caso e' quello della coppia sarda che si e' vista respingere il ricorso in Corte Costituzionale contro l'art. 13 che vieta l'analisi pre-impianto sull'embrione anche in presenza di anomalie genetiche. La Corte, non prendendo in considerazione la presunta incostituzionalita' della legge 40 in disarmonia con il diritto alla "tutela alla salute" presente in Costituzione, ha dichiarato non ammissibile il ricorso, emettendo un giudizio ancora una volta politico. La conclusione piu' semplice di questa vicenda e' che la strada giudiziale non e' percorribile, sarebbe meglio affrontare il problema nelle sedi istituzionali, avviando un processo di riforma della specifica legge.
In commissione Affari Sociali della Camera ho cercato piu' volte di riportare l'attenzione sull'argomento, esprimendo la necessita' di riesaminare la relazione presentata dalla ministra della Salute Livia Turco sul primo anno di applicazione della legge 40. Ma e' stato inutile, nonostante molti all'interno del centro sinistra abbiano partecipato alla campagna referendaria sulla legge 40 e molti altri, Rosa nel pugno in primis, si siano presentati alle elezioni con la volonta' di cambiare l'attuale legge. La risposta che mi sento dare quando sollevo temi come questo, e' che sono argomenti troppo sensibili che rischiano di mettere in crisi la maggioranza... Forse basterebbe avere solo un po' di buon senso e capire l'assurdita' di un ordinamento legislativo che non permette una diagnosi pre-impianto dell'embrione ma poi accetta che una donna si sottoponga ad un'interruzione di gravidanza dopo amnmiocentesi e villocentesi che gli confermano di avere in seno un feto che ha assimilato la propria malattia genetica, e quindi nascera' malato.
Mi preme ricordare che proprio su questi argomenti, in un Paese come gli Usa, si giocano le maggioranze e le minoranze che poi governano, sia a livello statale che federale. Infatti il problema non e' solo sul diritto della donna a decidere su se stessa, ma e' anche di politica economica: sullo sviluppo della genetica in questo senso c'e' una potenzialita' gigantesca di investimenti, business e posti di lavoro. Considerando tutti questi aspetti, il Parlamento dovrebbe muoversi (a partire dalla pdl che ho presentato con altri deputati per la riforma della legge 40): chi ha a cuore questa politica, e' bene che consideri che, allo stato, visto il fallimento del referendum abrogativo (non la sconfitta, in quanto e' mancato il quorum che avrebbe resa valida la consultazione), l'unica via percorribile e' quella parlamentare. Tenersi questa legge significa regalare ad altri Paesi, come per esempio la Gran Bretagna e la Spagna, la liberta' delle donne e delle coppie italiane, nonche' il business ad essa connesso.
 
 
 
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