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Rette RSA
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Lettera 
10 marzo 2018 0:00
 
Salve. Alla luce delle recenti pronunce in merito alla questione del pagamento rette RSA per malati di Alzheimer, vorrei chiedervi se secondo voi c’è margine per agire legalmente per il recupero di quanto pagato come retta di ricovero RP (residenza protetta) per malato di Alzheimer grave (mio padre), il cui ricovero si rese necessario dopo un episodio di aggressione violenta nei confronti di mia madre a cui causò un mese di ospedalizzazione per la cura delle lesioni provocate. Mio padre all’epoca del ricovero era da anni riconosciuto non autosufficiente (percependo indennità di accompagnamento), interdetto legalmente (tutore mia madre, convivente) e in lista di attesa per ricovero normale presso RSA della zona dopo essere stato sottoposto a tutto l’iter valutativo della UVA di competenza (nonché a somministrazione di farmaci allora sperimentali nell’ambito di un progetto sanitario dedicato presso l’INRCA di zona), ma l’episodio aggressivo causò il ricovero in regime di urgenza disposto dalla ASUR di sua iniziativa, con applicazione a nostro carico di tariffa ridotta (circa 40 € giornalieri contro i circa 70 € che venivano richiesti per ricovero in condizioni “normali” e non gravi ). Si trattava della cosiddetta quota alberghiera cioè spese di vitto e alloggio, mentrel'altra parte della quota, inerente le spese sanitarie, era sostenuta dal SSN tramite la Regione. Il Comune di residenza non contribuì mai in nessuna misura, né spontaneamente né dopo mia richiesta (sia come privata che tramite lettera di un legale). La retta assorbiva completamente la pensione da lavoro dipendente di mio padre, mia madre convivente era priva di redditi in quanto casalinga, e durante il ricovero di mio padre si mantenne con l'indennità di accompagnamento del medesimo. Io e mio fratello vivevamo entrambi altrove, pertanto i rispettivi redditi non dovevano fare cumulo con il nucleo di mio padre e mia madre in quanto servivano per il sostentamento dei rispettivi nuclei familiari e per il pagamento dei rispettivi mutui di abitazione.
La nostra residenza e luogo dei fatti è Ancona, i fatti si svolsero 11 anni fa ed il ricovero di mio padre perdurò circa 1 anno, ci fu poi il suo decesso. L’azione verrebbe eventualmente sostenuta da me e da mio fratello che siamo gli unici eredi, dato anche il decesso di nostra madre (sei mesi dopo nostro padre) che aveva di fatto effettuato gli esborsi, ma vorremmo il vostro parere (ed eventualmente anche la vostra assistenza legale, con relativi costi) sulla convenienza di essa sulla base dei costi da sostenere (sappiamo che il Tar ha sempre costi molto elevati) e delle effettive speranze di accoglimento.
Grazie, saluti
Monica, da Ancona (AN)

Risposta:
da quanto ci scrive, e prima ancora di entrare nel merito della sua vicenda, è trascorso ormai troppo tempo (il tempo massimo di prescrizione di un diritto è di dieci anni). Anche se non fosse trascorso tutto questo tempo, all'epoca avreste dovuto impugnare l'atto amministrativo di inserimento che determinava la quota sociale.
 
 
 
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