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 ITALIA - ITALIA - Italia. Il 70% dei medici italiani vuole una legge sull'eutanasia
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8 febbraio 2006 0:00
 
Il 70% dei medici chiamati a esprimersi sul tema auspica che venga presa un'iniziativa legislativa per fissare le regole e stabilire se, quando e come si puo' intervenire con la pratica dell'eutanasia. E il 32% dei medici si dichiara a favore della "dolce morte". e' quanto emerge dal sondaggio commissionato da AdnKronos Salute e realizzato online da Edra.
Secondo l'indagine, che si sottolinea essere stata effettuata nel rispetto del codice deontologico Esomar (European Society for Opinion and Marketing Research), dopo le discussioni sollevate a inizio anno dalla proposta della Rosa nel Pugno, che prevede l'eutanasia attiva per i malati senza speranza di vita e la possibilita' di decidere l'interruzione della terapia, il 70% dei medici chiamati a esprimersi sul tema e' a favore di una regolamentazione della pratica, in modo anche da mettere fine al fenomeno dell'eutanasia 'clandestina', praticata frequentemente, secondo alcuni, in molte strutture sanitarie italiane.
Al sondaggio dell'AdnKronos hanno risposto oltre 5000 medici, ospedalieri e di famiglia: il 32% e' favorevole, mentre il 39% lo e' solo nel caso in cui il paziente sia in condizioni irreversibili e tenuto in vita dalle macchine. La meta' degli intervistati (50,1%), pero', si "tira indietro" e non considera accettabile praticare l'eutanasia a una persona cosciente che chieda un "aiuto" a morire. Per il 37% di chi ha risposto, infine, il testamento biologico potrebbe rappresentare una valida alternativa a una legge: in questo modo, la responsabilita' della decisione sul tipo e sulla durata del trattamento terapeutico sarebbe solo della persona interessata, che ha la possibilita' di stabilirlo quando e' nel pieno delle sue facolta'. Un tema ancora poco affrontato, che lascia 'perplesso' il 26,3% dei medici: tanti sono, infatti, coloro che hanno risposto 'non saprei' proprio alla domanda sul testamento biologico.

Ecco i commenti scaturiti a seguito del sondaggio.
A Umberto Veronesi, direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) ed ex ministro della Salute, "non meraviglia il fatto che un'alta percentuale di medici ritenga necessaria una legge sull'eutanasia, che regolamenti in particolare il testamento biologico, pur con tutte le cautele del caso". L'oncologo, che si e' piu' volte dichiarato favorevole all'eutanasia come difesa della dignita' umana nel momento del passaggio dalla vita alla morte, ha quindi ribadito che "se fosse permesso dalla legge, personalmente non avrei problemi ad aiutare una persona in condizioni disperate. Si tratta di un atto di pieta' e di amore verso il malato. Regolamentando la 'dolce morte' sarebbero meglio tutelati i medici e si potrebbe finalmente mettere fine al fenomeno dell'eutanasia clandestina, che sicuramente esiste, ma non rappresenta di certo la soluzione piu' adatta per risolvere il problema".
Anche per Ignazio Marino, docente di Chirurgia presso il Jefferson Medical College e direttore della divisione Trapianti del Thomas Jefferson University Hospital a Philadelphia (Usa), l'Italia "ha bisogno di regole che siano al passo con i tempi e, in particolar modo, con la medicina moderna". "Quello che i medici chiedono non e' di legalizzare la 'soppressione' di un malato in condizioni terminali attraverso la somministrazione di un farmaco tossico e quindi letale. Al contrario, vogliono regole che gli consentano di 'staccare la spina' quando non c'e' piu' una ragionevole speranza di curare il malato, e prolungare la sua esistenza in terapia intensiva attaccato alle macchine non ha alcun senso". Secondo Marino e' comunque "importante distinguere il concetto di eutanasia da quello di 'terapia del dolore'. L'eutanasia non puo' fare parte della medicina e nessun medico dovrebbe mai attivamente porre fine a una vita, in nessuna circostanza; questo principio va pero' contrapposto a quello della somministrazione di medicinali, come la morfina o altri, che alleviano la sofferenza in fasi critiche di malattie non piu' curabili o che possano aiutare nel momento di passaggio dalla vita alla morte. La differenza fra le due condotte, tutt'altro che sottile, sta nel rifiuto del medico di provocare attivamente la morte del paziente. Cio' che invece puo' essere un atto di compassione e' intervenire per alleviare le pene di una fine che giunge naturalmente".
La Fnomceo, invece, invita i medici a fare riferimento al codice deontologico. "Se tutti conoscessero bene il codice di deontologia medica -ha affermato il presidente Aristide Paci- la percentuale di medici favorevoli a una legge che regolamenti l'eutanasia sarebbe piu' bassa. Se hanno risposto in questo modo e' perche' credono, erroneamente, che una legge possa tutelarli di piu' rispetto alle norme contenute nel codice". "Il codice di deontologia medica approvato nel 1998 -ha spiegato Paci- prevede il comportamento nei confronti di questo tipo di problema e dice che anche su richiesta del malato, il medico non deve effettuare ne' favorire trattamenti diretti a provocarne la morte". "Il medico deve limitare la sua opera a un'assistenza morale, a una terapia per risparmiare inutili sofferenze al malato. Piuttosto bisogna trovare un equilibrio per evitare l'accanimento terapeutico, diverso dall'eutanasia. Sono problemi distinti che trovano nel codice una soluzione precisa. Il testamento biologico e' invece un aspetto di cui tenere conto. La soluzione non e' una legge, piuttosto precise regole comportamentali, una sorta di codice di autogoverno che tenga conto di entrambe le posizioni, quella del medico e quella del paziente".
Il Comitato nazionale bioetica si dichiara invece non favorevole alla legge ma pone l'attenzione sulla necessita' di una depenalizzazione della 'dolce morte'. Secondo Cinzia Caporale, componente del Comitato nazionale di bioetica, in Italia e' ancora fortemente radicata una visione paternalistica della professione medica, quasi scomparsa in molti Paesi del mondo. Per questo i medici, anche di fronte all'eutanasia, tengono conto piu' del proprio giudizio che della volonta' del paziente. E chiedono una legge per sentirsi piu' sicuri. Secondo Caporale, invece, la strada migliore non e' quella di una legge ma di una depenalizzazione della 'dolce morte'. "Ci sono tre diverse categorie di medici rispetto all'eutanasia: favorevoli, contrari e contrari per paura". "Sono contraria a una legge che la legalizzi, piuttosto sono favorevole a una depenalizzazione che valuti le condizioni caso per caso. Legalizzarla equivale a delegittimare alcune posizioni morali e non me la sento".
Anche secondo Francesco Schittulli, presidente nazionale della Lega italiana tumori (Lilt), "non si puo' affidare la regolamentazione di una questione delicata come quella dell'eutanasia a una legge". Una legge infatti, secondo Schitulli, "risente volta per volta dell'individualita' e delle posizioni politiche del legislatore di 'turno'. La legge e' un fatto umano, mentre la vita e' un fatto sacro, che non puo' essere disciplinato per mezzo di una regolamentazione cosi' suscettibile di cambiamenti. Quella dell'eutanasia, poi e' soprattutto una questione di coscienza e la decisione in tal senso deve essere lasciata alla discrezionalita' sia del paziente, che del medico che lo ha in cura. In questo senso sono i valori fondamentali della religiosita' e il processo di fede di ogni singolo a essere 'chiamati in causa'. Sintetizzerei la mia posizione e quella della Lega italiana tumori con questa frase: il tempo della vita e' sempre e comunque sacro, anche se e' si tratta di un tempo di attesa della morte".
Per il presidente della Societa' italiana di cure palliative (Sicp), Furio Zucco, cio' che occorre fare e' "mettere a disposizione del malato tutta una serie di strumenti che non lo costringano a una scelta obbligata". Solo cosi' si potra' parlare di "libera scelta della persona e discutere di un'eventuale legge sull'eutanasia". La discussione, secondo Zucco, "soffre di un vizio di fondo: in Italia la rete assistenziale dedicata ai malati senza speranza non e' adeguatamente sviluppata. A questo si aggiunge il fatto che nemmeno la sofferenza e il dolore inutili vengono ancora trattati in modo da consentire al malato di avvicinarsi alla sua fine in maniera serena. In questo momento, dunque, le persone non sono in grado di intraprendere una scelta ponderata. E se non si puo' contare su strumenti alternativi validi, e' inutile continuare a chiedersi cosa e' giusto o sbagliato fare".
Un inquadramento normativo che contempli in primo luogo la possibilita' di 'lasciar scritta' la propria volonta' sulle terapie mediche in caso di malattia grave e' quanto auspica Giuseppe Palumbo, esponente di Forza Italia e presidente della Commissione Affari sociali della Camera. "La mia impressione e' che una eventuale normativa che regoli la 'dolce morte' debba essere inquadrata in un ambito piu' vasto, e che il testamento biologico sia l'unico strumento che possa garantire un approccio corretto al problema". "Anche se come medico sono contrario all'eutanasia, considero ugualmente inutile e inaccettabile l'accanimento terapeutico. Non condivido l'eutanasia in se' e per se', ma credo che con il testamento biologico, in alcuni casi o momenti eccezionali, si possa rendere possibile accompagnare il malato verso la morte in maniera piu' dolce di quanto avverrebbe normalmente. e' un qualcosa che permette di prendere una decisione o di mettersi nella mani di una persona 'fidata' quando si e' lucidi e si hanno tutte le capacita' di intendere e di volere".
Secondo il capogruppo Ds della Commissione Affari sociali della Camera, Grazia Labate, l'Italia e' matura per regolamentare l'eutanasia. "D'altronde, la nostra societa' ha dimostrato piu' volte di essere fortemente sensibile nei confronti del tema, tanto da averlo reso di interesse nazionale". "Una legislazione che apra finalmente le porte all'eutanasia in Italia, e in particolare al testamento biologico deve pero' comprendere, secondo me, una clausola giuridica che permetta al paziente di 'tirarsi indietro' anche all'ultimo momento, nel caso in cui non se la senta piu' di affrontare la 'dolce morte'". Cosi' come, "una eventuale legge sull'eutanasia dovra' contenere anche regole sull'accanimento terapeutico e l'utilizzo delle tecnologie invasive sui malati, che spesso hanno ripercussioni devastanti, e deve disciplinare i limiti dell'accanimento terapeutico".
Silvio Viale, il medico radicale che si batte per la RU486, come esponente di EXIT-Italia e dell'Associazione Luca Coscioni, interviene cosi' sull'esito del sondaggio sull'eutanasia. "Lo avevamo sempre sostenuto ed ora vi e' un'ulteriore conferma: i medici italiani sono pronti ad assumersi le proprie responsabilita' sulle questioni di fine vita e dell'eutanasia. Vi e' ancora molta confusione, anche dovuta al fatto che gran parte dei medici non e' coinvolto nella morte, ma i tempi sono maturi perche' si proceda all'inchiesta che l'Associazione Luca Coscioni chiede da tempo. L'Ordine dei Medici deve emanciparsi dalla sudditanza politica della gestione del Presidente Giuseppe Del Barone, tutta tesa ad insabbiare ogni discussione sulla materia. Noi non temiamo il dibattito sull'eutanasia, poiche' sappiamo che con esso non potra' che aumentare la percentuale dei medici favorevoli, proprio come e' accaduto in Olanda o in Belgio. Nessun medico sara' mai costretto ad assistere nella morte un paziente, ma non si puo' continuare a negare che altri lo possano fare, con tutte le necessarie garanzie. Il vero scandalo e' che l'Ordine dei medici neghi l'esistenza di una eutanasia clandestina e paralegale, sebbene mi rassicuri il fatto che non si sia aperto un procedimento disciplinare contro Umberto Veronesi, come fu fatto con me pochi anni fa per avere detto le stesse cose. Come Exit-Italia riceviamo molte richieste ed e' frustrante non potere dare alcun aiuto a chi ne ha bisogno".
(Fonte: ilbisturi.it)
 
 
 
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