testata ADUC
 ITALIA - ITALIA - Eutanasia. Cappato Firenze. Pm: non aiutò il malato al suicidio
Scarica e stampa il PDF
Notizia 
21 ottobre 2023 9:11
 
 Marco Cappato non ebbe un ruolo nella "formazione o nel rafforzamento della volontà suicidiaria di Massimiliano", il 44enne di San Vincenzo affetto da sclerosi multipla che l’8 dicembre scorso pose fine alla sua esistenza in una clinica svizzera. Nè lo ebbero la volontaria fiorentina Felicetta Maltese e la giornalista Chiara Lalli, "che si sono limitate a condotte meramente materiali e di cui è emerso il tentativo, fino all’ultimo giorno, di far desistere Massimiliano dalla sua decisione, prospettandogli la possibilità di far ritorno in Italia". Sono alcuni passaggi della richiesta di archiviazione presentata al gip di Firenze dal pm Carmine Pirozzoli, dopo che il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, e le due militanti, si erano autodenunciati ai carabinieri al ritorno dal viaggio in terra elvetica in cui avevano accompagnato il 44enne a sottoporsi all’eutanasia.

Per la procura non sussiste l’ipotesi di aiuto al suicidio. Tuttavia, Massimiliano, benché affetto da malattia irreversibile, non aveva trattamenti di sostegno vitale, quindi la sua situazione non rientra nelle condizioni previste dalla Consulta dopo il caso dj Fabo e ciò configurerebbe il reato di aiuto al suicidio. Per questo, in subordine all’archiviazione, il pm Pirozzoli suggerisce al giudice di "sollevare questione di legittimità costituzionale".
"Il pm – spiega l’avvocato dell’associazione Coscioni, Filomena Gallo –, dopo aver escluso l’ipotesi di cui all’articolo 579 del codice penale (omidicio del consenziente), si è concentrato su quella di cui all’articolo 580 del codice penale (istigazione e aiuto al suicidio) escludendo l’istigazione e concentrandosi sull’agevolazione. Verificando la possibilità di applicazione della causa di non punibilità, il pm ha effettuato una disamina delle quattro condizioni previste per la persona malata, ritenendo non sussistente quella del trattamento di sostegno vitale".
A tale conclusione – aggiunge – "è giunto escludendo che ‘la generica attività di assistenza prestata da terzi a una persona con progressiva perdita di autosufficienza nel compimento di alcune attività basilari della vita quotidiana’ possa configurare un trattamento di sostegno vitale". Il Pm, inoltre, evidenzia "che a causa dell’assenza del requisito del sostegno vitale “al Giudice sarebbe inibito di applicare agli indagati la causa di non punibilità di cui all’art. 580 c.p.”", spiega ancora.

"Qualora – prosegue il legale - ‘il giudice ritenesse integrata nel caso di specie la tipicità di aiuto al suicidio, al momento di valutare l’applicazione agli indigati della causa di non punibilità dovrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale, nella parte in cui prevede tra i requisiti di liceità della condotta di aiuto al suicidio la circostanza che l’aiuto sia prestato a favore di ’persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale’, per contrasto con gli artt. 3, 13 e 32 della Costituzione". La parola adesso al tribunale.

(S.B. La Nazione del 21/10/2023)


 
CHI PAGA ADUC
l’associazione non percepisce ed è contraria ai finanziamenti pubblici (anche il 5 per mille)
La sua forza economica sono iscrizioni e contributi donati da chi la ritiene utile

DONA ORA
 
 
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS