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Testamento biologico e ddl Calabro'. Editoriale del "National Law Journal": proposta pericolosa per pazienti e funzionamento del sistema sanitario
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Comunicato 
28 febbraio 2009 0:00
 
La rivista giuridica statunitense "National Law Journal" pubblica oggi un editoriale in cui definisce pericolosa per i pazienti e per il funzionamento delle istituzioni mediche e sanitarie l'intenzione del legislatore italiano di vietare il rifiuto dei trattamenti salvavita. Facendo riferimento alla realta' Usa, il giurista Yale Kamisar, professore emerito di diritto della University of Michigan, spiega che la maggior parte dei pazienti muore in ospedale o in case di cura, e la maggior parte di loro muore a seguito della decisione di rinunciare a trattamenti vitali. Ne consegue che il divieto di rifiutare terapie salvavita, oltre a sottoporre il paziente "alla merce' di qualsiasi avanzamento tecnologico", potrebbe gettare le maggiori istituzioni sanitarie e mediche in uno stato di caos.
"Permettere ad un paziente di morire (se e' suo desiderio) e' una condizione pratica necessaria all'esercizio della medicina", scrive Kamisar.
Il rischio per i pazienti non sarebbe solo di essere costretti a vivere per anni e decenni in sostanziale stato vegetativo o ancor peggio di sofferenza. "Se un paziente puo' rifiutare un trattamento salvavita prima della sua somministrazione (e in pochi o forse nessuno ha il coraggio di sostenere che le persone possano essere obbligate a sottoporsi a chemioterapia o dialisi, per esempio), ma non puo' sospenderlo una volta iniziato, molti sceglierebbero probabilmente di non usufruire mai di quei trattamenti". "Ma noi -conclude l'autore- vogliamo incoraggiarli a sottoporsi ai nuovi trattamenti medici, che talvolta possono invece essere utili".

 
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"Permettere ad un paziente di morire (se e' suo desiderio) e' una condizione pratica necessaria all'esercizio della medicina", scrive Kamisar.
Il rischio per i pazienti non sarebbe solo di essere costretti a vivere per anni e decenni in sostanziale stato vegetativo o ancor peggio di sofferenza. "Se un paziente puo' rifiutare un trattamento salvavita prima della sua somministrazione (e in pochi o forse nessuno ha il coraggio di sostenere che le persone possano essere obbligate a sottoporsi a chemioterapia o dialisi, per esempio), ma non puo' sospenderlo una volta iniziato, molti sceglierebbero probabilmente di non usufruire mai di quei trattamenti". "Ma noi -conclude l'autore- vogliamo incoraggiarli a sottoporsi ai nuovi trattamenti medici, che talvolta possono invece essere utili".

 
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