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Una invenzione di mezzo miliardo di anni fa. Bioluminescenza strategica
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Articolo di Primo Mastrantoni
19 giugno 2024 14:43
 
Ne "Le Ricordanze", Giacomo Leopardi, rievoca con nostalgia e malinconia l'immagine di una lucciola che vaga con la sua luce intermittente vicino alle siepi e alle aiuole. La presenza di questi coleotteri nelle sere dei mesi estivi stupisce ancora e quell' immagine è tanto più affascinante perché alimentata dalla narrazione che era polvere di stelle caduta dal cielo. 

I motivi dell'incanto è, però, più concreto: riguarda i maschi che si spostano in volo attivando la bioluminescenza per segnalare la propria disponibilità alle femmine, le quali rispondono allo stesso modo comunicando la propria posizione sul terreno dove vengono raggiunte per l'accoppiamento.
La bioluminescenza è una reazione chimica dovuta all'attività di alcune molecole che producono energia con emissione di luce fredda ed è il risultato dell'interazione tra un substrato organico (luciferina) e un enzima (luciferasi) che agisce da fattore accelerante della reazione stessa. L'area interessata del corpo delle lucciole è la parte trasparente e terminale dell'addome che, attraverso un sistema di regolazione dell'aria (trachee), determina la frequenza del lampeggiamento. 

La bioluminescenza è una caratteristica degli esseri marini i cui organi produttori sono i fotofori, presenti nei pesci, nei cefalopodi (es. calamari, polpi), nei cnidari (es. polipi, meduse) e alcuni invertebrati che vivono nel Piano abissale, tra i 2000 e i 6000 metri di profondità. Spettacolare è l'illuminazione di tratti di mare dovuti alle  alghe "scintillanti" (dinoflagellate).  

In una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B (Uk) sono stati studiati gli Octocoralli - polipi riuniti in colonie bioluminescenti che vivono in profondità - esplorandone le diversità e l'origine evolutiva fin dall'età Cambriana (risalente a circa 540 milioni di anni fa). Gli scienziati del National Museum of Natural History di Washington (Usa) ne hanno analizzato i dati genetici e sono arrivati alla conclusione che la capacità di produrre luce fredda si è verificata per la prima volta proprio in questi animali marini e che questa caratteristica si è trasmessa favorendo la diversificazione dei cnidari.

La capacità di dotarsi di "strumenti" di luce è dovuta alla necessità di difendersi dai predatori o di confondere le prede, oppure di comunicazione con eventuali commensali associati. Insomma, la bioluminescenza svolge una funzione analoga a quella delle corna di un bufalo per  l'offesa e la difesa, l'agilità e la velocità di una gazzella per sfuggire ai predatori, forme di simbiosi dove lo squalo trae vantaggio dall'associazione con il pesce pilota,  et cetera. 

Un adattamento che risale alla esplosione cambriana allorquando si verificò un fiorire della biodiversità con la comparsa di animali complessi e nella straordinaria diversificazione di quelli esistenti. I resti fossili risalenti a quel periodo segnano una svolta tra gli organismi semplici (perlopiù unicellulari che vivevano isolati o in piccole colonie) e gli organismi pluricellulari successivi.

Esaminare l'emergere della bioluminescenza e la differenziazione delle specie associate a questa caratteristica consente una migliore comprensione dell'origine e dell'evoluzione di questo fenomeno nel corso della storia geologica della vita sulla Terra.


(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione del 19 giugno 2024)
 
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