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Domeniche senza treni – le ragioni dei ferrovieri
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Articolo di Annapaola Laldi
6 maggio 2024 17:54
 
 A partire dal marzo scorso, col 5 maggio sono almeno tre le domeniche, in cui i ferrovieri hanno scioperato, esattamente il 24 marzo, il 21 aprile e, appunto, il 5 maggio. A parte quello del 21 aprile, che mi pare abbia riguardato anche l’Alta Velocità, gli altri due risultano limitati al trasporto locale, ma non sono di minor disagio e anche nocumento per chi si deve o vuole spostare in treno per i motivi più diversi; dalla visita a un luogo interessante per paesaggio o opere d’arte all’incontro con amici o parenti, che si può avere solo in giorno festivo, fino al motivo serissimo di una visita a una persona cara ricoverata in un ospedale o una RSA di una località diversa. Un intralcio, dunque, alla libertà di movimento della stragrande maggioranza della popolazione.

Non so se la tendenza si confermerà, e ci ritroveremo scioperi domenicali anche a giugno e oltre, quando il tempo, di certo, sarà migliore di adesso e ci sarà tanta gente che, come gli altri anni, vorrà andare al mare col treno. In questo caso, un danno ai singoli utenti, ma anche alle stazioni balneari, al “piccolo” turismo delle persone che non possono spendere tanti soldi.

Per non parlare di chi fa viaggi molto più lunghi e che ha già la prenotazione su una Freccia e che, forse, non potrà raggiungere la città da cui essa parte. Oppure il contrario: chi si troverà bloccato, per esempio, a Firenze, perché, dopo essere sceso da un treno dell’AV, non potrà raggiungere Prato, Pistoia, eccetera.

Quindi, la reazione immediata, anche la mia, è quella di fare pollice verso a questo atteggiamento di tutti o parte dei sindacati di categoria.
 
Ma sono convinta che bisogna andarci piano col pollice verso.
Annunciando lo sciopero del 23/24 marzo, i promotori avevano dichiarato di indirlo “considerata la mancanza di qualsiasi iniziativa dei soggetti in indirizzo finalizzata ad affrontare le questioni alla base della vertenza”. In parole più chiare: i vertici delle Ferrovie (e anche il Ministro delle Infrastrutture),  nonostante le richieste del personale, non stanno facendo niente o troppo poco per rendere più sicuri la circolazione ferroviaria e il lavoro del personale sui convogli.

A proposito di sicurezza della circolazione dei treni, basta consultare il sito sugli incidenti delle FS  per avere una panoramica ufficiale dei sinistri occorsi sulla rete ferroviaria da gennaio 2024, anche con riferimenti al passato, come la strage di Viareggio del 2009, che causò la morte di 32 persone, e il disastro ferroviario avvenuto il 12 luglio 2016 tra Andria e Corato, in Puglia, in cui ci furono 23 morti e 51 feriti.

E’ un elenco in ordine cronologico dal quale veniamo a sapere, per esempio, della morte di un operaio di 51 anni in lavoro notturno alla stazione di Chiari (30 gennaio), oppure di alcuni principi di incendio su automotrici o vagoni, come, il 2 marzo, sulla motrice del treno in viaggio lungo la Brescia-Iseo-Edolo, oppure quello sul treno della Valsugana, l’8 aprile e ancora, il 10 aprile, l’incendio di un camion trasportato su una RoLa (Rollende Autobahn, cioè “autostrada viaggiante”), convogli che trasportano autocarri, autotreni e autoarticolati, i cui conducenti viaggiano al seguito in un vagone di accompagnamento; tale incidente, per cause da accertare, è avvenuto a Cressa, sulla linea Novara-Friburgo, rendendo necessario l’intervento dei Vigili del Fuoco. Ancora leggiamo, il 22 marzo, di un incidente all’altezza di Treviglio Ovest, dove un treno in viaggio da Bergamo a Milano ““avrebbe urtato un macchinario rimasto sui binari dopo alcuni lavori”; per fortuna non c’è stato deragliamento. Recentemente vi sono stati due incidenti a due diversi passaggi a livello; il primo, mortale, il 24 aprile, a Cologne (Brescia), dove è morta la donna al volante dell’auto investita dal treno; il secondo, per fortuna senza nemmeno feriti gravi, ma con grave disagio alla circolazione, il 30 aprile a Santa Maria Capua Vetere, dove un autocarro, rimasto incastrato tra le sbarre chiuse, è stato investito da un Regionale di Trenitalia.

Insomma, una lettura molto istruttiva di quali rischi possono correre i convogli ferroviari e, con essi, il personale viaggiante e anche gli eventuali passeggeri (per citare qualche esempio, il 3 aprile 1989 deragliamento treno nella stazione di San Severo Puglia con otto vittime, quasi tutte del personale FS in servizio sul treno o a terra e numerosi feriti, oppure, il 10 dicembre 2022, deragliamento tra Borgonato e Iseo (Brescia), per fortuna senza feriti gravi, avvenuto, secondo la Procura di Brescia per avere omesso “per negligenza, imprudenza e imperizia, di effettuare la manutenzione delle traversine di legno dei binari lungo la linea ferroviaria Brescia-Edolo, facendo sorgere e persistere il pericolo di un disastro ferroviario”). Pur tenendo presente che possono esserci i cosiddetti "errori umani" oppure delle cause naturali avverse come una frana, tuttavia la situazione del traffico ferroviario sembra essere piuttosto difficile. 
 
Oltre a una rete ferroviaria, che ha molti punti critici, il personale ferroviario, specialmente quello che è a contatto diretto coi viaggiatori, come i capitreno, corre pure diversi pericoli che possono arrivare perfino all’aggressione fisica da parte di utenti che non sono in regola col “titolo di viaggio”, cioè il biglietto, o che si comportano in modo maleducato e offensivo verso gli altri viaggiatori. Di capitreno, di solito, ce n’è uno/a solo/a per convoglio, anche se trasporta qualche centinaio di viaggiatori, mentre la Polfer non è praticamente mai presente.

Nei convogli regionali più moderni ci sono le telecamere, è vero, ma anche queste, come tutte le altre sparse nelle città, servono soltanto dopo che si è consumata l’aggressione, e non per lanciare lo SOS in soccorso della persona aggredita. Da poco tempo si parla di munire i capitreno di una bodycam che registra la situazione momento per momento, mentre, su certe linee particolarmente pericolose, viene ordinata la scorta della Polfer . Ma questi ultimi sono casi rari.

Pur avendo cercato una cronologia ufficiale delle aggressioni al personale viaggiante, non l'ho trovata. Per rintracciare questo tipo di notizie, bisogna cercare su Internet e leggersi i diversi articoli e/o denunce dei sindacati. Tutto ciò mi sembra davvero assurdo.

Per concludere, è giusto tenere a mente che lavorare per le Ferrovie, sia a terra sia sui convogli, è una cosa molto impegnativa se non proprio rischiosa e quindi a me sembrano  legittime le proteste del personale che esige la giusta tutela della propria incolumità. E’ questa la ragione, per cui, pur disturbata dagli scioperi domenicali (e non solo), mi trovo schierata dalla parte dei ferrovieri, perché, come per ogni lavoro – anche loro vanno a lavorare per vivere, non per morire.


 
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Non so se la tendenza si confermerà, e ci ritroveremo scioperi domenicali anche a giugno e oltre, quando il tempo, di certo, sarà migliore di adesso e ci sarà tanta gente che, come gli altri anni, vorrà andare al mare col treno. In questo caso, un danno ai singoli utenti, ma anche alle stazioni balneari, al “piccolo” turismo delle persone che non possono spendere tanti soldi.

Per non parlare di chi fa viaggi molto più lunghi e che ha già la prenotazione su una Freccia e che, forse, non potrà raggiungere la città da cui essa parte. Oppure il contrario: chi si troverà bloccato, per esempio, a Firenze, perché, dopo essere sceso da un treno dell’AV, non potrà raggiungere Prato, Pistoia, eccetera.

Quindi, la reazione immediata, anche la mia, è quella di fare pollice verso a questo atteggiamento di tutti o parte dei sindacati di categoria.
 
Ma sono convinta che bisogna andarci piano col pollice verso.
Annunciando lo sciopero del 23/24 marzo, i promotori avevano dichiarato di indirlo “considerata la mancanza di qualsiasi iniziativa dei soggetti in indirizzo finalizzata ad affrontare le questioni alla base della vertenza”. In parole più chiare: i vertici delle Ferrovie (e anche il Ministro delle Infrastrutture),  nonostante le richieste del personale, non stanno facendo niente o troppo poco per rendere più sicuri la circolazione ferroviaria e il lavoro del personale sui convogli.

A proposito di sicurezza della circolazione dei treni, basta consultare il sito sugli incidenti delle FS  per avere una panoramica ufficiale dei sinistri occorsi sulla rete ferroviaria da gennaio 2024, anche con riferimenti al passato, come la strage di Viareggio del 2009, che causò la morte di 32 persone, e il disastro ferroviario avvenuto il 12 luglio 2016 tra Andria e Corato, in Puglia, in cui ci furono 23 morti e 51 feriti.

E’ un elenco in ordine cronologico dal quale veniamo a sapere, per esempio, della morte di un operaio di 51 anni in lavoro notturno alla stazione di Chiari (30 gennaio), oppure di alcuni principi di incendio su automotrici o vagoni, come, il 2 marzo, sulla motrice del treno in viaggio lungo la Brescia-Iseo-Edolo, oppure quello sul treno della Valsugana, l’8 aprile e ancora, il 10 aprile, l’incendio di un camion trasportato su una RoLa (Rollende Autobahn, cioè “autostrada viaggiante”), convogli che trasportano autocarri, autotreni e autoarticolati, i cui conducenti viaggiano al seguito in un vagone di accompagnamento; tale incidente, per cause da accertare, è avvenuto a Cressa, sulla linea Novara-Friburgo, rendendo necessario l’intervento dei Vigili del Fuoco. Ancora leggiamo, il 22 marzo, di un incidente all’altezza di Treviglio Ovest, dove un treno in viaggio da Bergamo a Milano ““avrebbe urtato un macchinario rimasto sui binari dopo alcuni lavori”; per fortuna non c’è stato deragliamento. Recentemente vi sono stati due incidenti a due diversi passaggi a livello; il primo, mortale, il 24 aprile, a Cologne (Brescia), dove è morta la donna al volante dell’auto investita dal treno; il secondo, per fortuna senza nemmeno feriti gravi, ma con grave disagio alla circolazione, il 30 aprile a Santa Maria Capua Vetere, dove un autocarro, rimasto incastrato tra le sbarre chiuse, è stato investito da un Regionale di Trenitalia.

Insomma, una lettura molto istruttiva di quali rischi possono correre i convogli ferroviari e, con essi, il personale viaggiante e anche gli eventuali passeggeri (per citare qualche esempio, il 3 aprile 1989 deragliamento treno nella stazione di San Severo Puglia con otto vittime, quasi tutte del personale FS in servizio sul treno o a terra e numerosi feriti, oppure, il 10 dicembre 2022, deragliamento tra Borgonato e Iseo (Brescia), per fortuna senza feriti gravi, avvenuto, secondo la Procura di Brescia per avere omesso “per negligenza, imprudenza e imperizia, di effettuare la manutenzione delle traversine di legno dei binari lungo la linea ferroviaria Brescia-Edolo, facendo sorgere e persistere il pericolo di un disastro ferroviario”). Pur tenendo presente che possono esserci i cosiddetti "errori umani" oppure delle cause naturali avverse come una frana, tuttavia la situazione del traffico ferroviario sembra essere piuttosto difficile. 
 
Oltre a una rete ferroviaria, che ha molti punti critici, il personale ferroviario, specialmente quello che è a contatto diretto coi viaggiatori, come i capitreno, corre pure diversi pericoli che possono arrivare perfino all’aggressione fisica da parte di utenti che non sono in regola col “titolo di viaggio”, cioè il biglietto, o che si comportano in modo maleducato e offensivo verso gli altri viaggiatori. Di capitreno, di solito, ce n’è uno/a solo/a per convoglio, anche se trasporta qualche centinaio di viaggiatori, mentre la Polfer non è praticamente mai presente.

Nei convogli regionali più moderni ci sono le telecamere, è vero, ma anche queste, come tutte le altre sparse nelle città, servono soltanto dopo che si è consumata l’aggressione, e non per lanciare lo SOS in soccorso della persona aggredita. Da poco tempo si parla di munire i capitreno di una bodycam che registra la situazione momento per momento, mentre, su certe linee particolarmente pericolose, viene ordinata la scorta della Polfer . Ma questi ultimi sono casi rari.

Pur avendo cercato una cronologia ufficiale delle aggressioni al personale viaggiante, non l'ho trovata. Per rintracciare questo tipo di notizie, bisogna cercare su Internet e leggersi i diversi articoli e/o denunce dei sindacati. Tutto ciò mi sembra davvero assurdo.

Per concludere, è giusto tenere a mente che lavorare per le Ferrovie, sia a terra sia sui convogli, è una cosa molto impegnativa se non proprio rischiosa e quindi a me sembrano  legittime le proteste del personale che esige la giusta tutela della propria incolumità. E’ questa la ragione, per cui, pur disturbata dagli scioperi domenicali (e non solo), mi trovo schierata dalla parte dei ferrovieri, perché, come per ogni lavoro – anche loro vanno a lavorare per vivere, non per morire.


 
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