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 USA - USA - Usa. Staminali embrionali umane possono essere dei pacemaker biologici
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Notizia 
23 dicembre 2004 18:46
 
Risultati di esperimenti realizzati in laboratorio con cavie animali da ricercatori dell'Universita' Johns Hopkins, portano per la prima volta delle prove scientifiche che le cellule cardiache, derivate da cellule staminali embrionali umane, geneticamente modificate, potrebbero divenire in futuro una alternativa biologica promettente ai pacemaker elettronici usati attualmente da migliaia di persone in tutto il mondo.
Negli esperimenti pubblicati sulla rivista Circulation le staminali umane erano state modificate geneticamente affinche' esprimessero una determinata proteina dal colore fluorescente, poi erano state coltivate in laboratorio affinche' si convertissero in cardiomiciti. Selezionate quelle che pulsavano con un ritmo adeguato, le hanno iniettate agli animali. I risultati hanno mostrato che le cellule agivano come pacemaker e modificavano il ritmo cardiaco negli animali.
"Le cellule iniettate rispondevano inoltre in maniera adeguata ai farmaci che acceleravano o rallentavano il ritmo cardiaco, una cosa che i pacemaker meccanici non riescono a fare", ha commentato Ronald Li, coordinatore della ricerca.
"Per quanto ne sappiamo, queste sono le prime cellule cardiache modificate geneticamente a partire da cellule staminali umane", ha spiegato Tian Xue, responsabile del processo di differenziazione cellulare. "Ora stiamo utilizzando l'ingegneria genetica per, ad esempio, personalizzare il ritmo di battiti di queste cellule. Per qualsiasi applicazione clinica futura, dovremmo essere sicuri della frequenza di battiti che davvero vogliamo".
"Abbiamo dimostrato che le cellule staminali embrionali umane possono sopravvivere una volta trapiantate nei porcellini d'India e si possono combinare funzionalmente con le cellule animali, senza dare origine a tumori", spiega il dott. Li.
I ricercatori pero' sono rimasti sorpresi dal fatto che il sistema immunitario degli ospiti non abbia attaccato queste cellule estranee. "Non sappiamo perche', ma forse dipende dal fatto che le cellule non si sono collegate a sufficienza con il sistema circolatorio al punto da giustificare un attacco da parte delle cellule immunitarie".
Per il dott. Li restano ancora "molte sfide" pendenti prima che questa tecnica possa essere utilizzata su pazienti. "Vogliamo portare questi risultati alla fase clinica il prima possibile, ma dobbiamo essere estremamente prudenti perche', se il processo non si realizza in maniera adeguata, potrebbe mettere a rischio un campo d'azione molto promettente".
 
 
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Negli esperimenti pubblicati sulla rivista Circulation le staminali umane erano state modificate geneticamente affinche' esprimessero una determinata proteina dal colore fluorescente, poi erano state coltivate in laboratorio affinche' si convertissero in cardiomiciti. Selezionate quelle che pulsavano con un ritmo adeguato, le hanno iniettate agli animali. I risultati hanno mostrato che le cellule agivano come pacemaker e modificavano il ritmo cardiaco negli animali.
"Le cellule iniettate rispondevano inoltre in maniera adeguata ai farmaci che acceleravano o rallentavano il ritmo cardiaco, una cosa che i pacemaker meccanici non riescono a fare", ha commentato Ronald Li, coordinatore della ricerca.
"Per quanto ne sappiamo, queste sono le prime cellule cardiache modificate geneticamente a partire da cellule staminali umane", ha spiegato Tian Xue, responsabile del processo di differenziazione cellulare. "Ora stiamo utilizzando l'ingegneria genetica per, ad esempio, personalizzare il ritmo di battiti di queste cellule. Per qualsiasi applicazione clinica futura, dovremmo essere sicuri della frequenza di battiti che davvero vogliamo".
"Abbiamo dimostrato che le cellule staminali embrionali umane possono sopravvivere una volta trapiantate nei porcellini d'India e si possono combinare funzionalmente con le cellule animali, senza dare origine a tumori", spiega il dott. Li.
I ricercatori pero' sono rimasti sorpresi dal fatto che il sistema immunitario degli ospiti non abbia attaccato queste cellule estranee. "Non sappiamo perche', ma forse dipende dal fatto che le cellule non si sono collegate a sufficienza con il sistema circolatorio al punto da giustificare un attacco da parte delle cellule immunitarie".
Per il dott. Li restano ancora "molte sfide" pendenti prima che questa tecnica possa essere utilizzata su pazienti. "Vogliamo portare questi risultati alla fase clinica il prima possibile, ma dobbiamo essere estremamente prudenti perche', se il processo non si realizza in maniera adeguata, potrebbe mettere a rischio un campo d'azione molto promettente".
 
 
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