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 USA - USA - Usa. La sicurezza delle linee staminali embrionali approvate dall’Amministrazione Bush
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13 novembre 2003 14:26
 
Un comitato della Johns Hopkins University, formatosi un anno fa, ha reso pubbliche le sue considerazioni sull'effettiva sicurezza delle linee di staminali embrionali approvate dall'Amministrazione Bush per la ricerca.
Secondo gli esperti infatti, quelle linee sarebbero state sviluppate grazie a fattori di crescita animali, e potrebbero nascondere dei virus dannosi per l'uomo. Oltretutto le linee sono pochissime e circoscritte solo alla razza bianca, il che potrebbe discriminare la ricerca a molte minoranze etniche.
La soluzione? Creare una nuova banca di staminali, identificando e localizzando donatori di ogni razza, e creando embrioni appositamente per estrarne le staminali. "Siamo consapevoli delle implicazioni che questa proposta comporta", ha dichiarato Ruth Fadel, membro del comitato e Direttrice del Johns Hopkins Berman Bioethics Institute. "Le nuove linee richiederebbero la distruzione di embrioni".
Ovviamente, la proposta e' subito stata contestata. Richard Doerflinger, della Conference of Catholic Bishops, ha gia' parlato di "fabbriche di embrioni". Ha ricordato le posizioni del Presidente Bush in materia e il dissenso totale della comunita' cattolica verso questa scelta. Ma l'opinione del comitato non e' cosi' scontata: in realta' e' il frutto del lavoro di 18 persone, fra filosofi, eticisti e scienziati provenienti dalle piu' prestigiose universita' degli Usa. Persone competenti prive di fondamenti ideologici che vedono nella ricerca sugli embrioni non una sacrilegio verso la vita, ma un inno alla sua conservazione.
John Geahart, biologo della John Hopkins, sostiene che il comitato non si e' limitato a dire il suo parere, ma ha volutamente allargato il dibattito direttamente al popolo statunitense, che ha bisogno di parlarne e comprendere meglio quali sono le difficolta' di portare la ricerca da un livello sperimentale ad uno clinico. Ci sono delle implicazioni tecniche infatti, che gli scienziati non sanno ancora affrontare e che dovrebbero essere rese pubbliche per migliorare qualitativamente l'informazione che arriva poi direttamente alle persone.
Una di queste problematiche e' stata affrontata dal comitato in un dossier pubblicato dalla rivista Fertility and Sterility, nel numero di novembre-dicembre. Nel dossier si parla del rischio di trasmissione di difetti e malattie genetiche attraverso le staminali, e il pericolo di tumori qualora si inceppassero dei meccanismi molto difficili da controllare.
Un altro tema e' stato affrontato nel numero di novembre-dicembre del Hasting Center Report, dove viene analizzato e approfondito il concetto di accesso biologico. Per gli esperti infatti, molte terapie con le staminali sarebbero recluse ai pazienti che non presentano caratteristiche genetiche simili a quelle dei donatori delle linee approvate. Il resto della popolazione verrebbe quindi escluso, perche' piu' e' alta la diversita' di Dna, piu' aumenta il rischio di rigetto. La proposta, quindi, sarebbe di una banca che raccolga i campioni delle 6 variazioni genetiche piu' rilevanti nei casi di rigetto di trapianti - la maggior parte dei quali di razza bianca - e le 6 variazioni genetiche piu' comuni nei neri, latini, indiani d'America e asiatici-americani.
 
 
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Secondo gli esperti infatti, quelle linee sarebbero state sviluppate grazie a fattori di crescita animali, e potrebbero nascondere dei virus dannosi per l'uomo. Oltretutto le linee sono pochissime e circoscritte solo alla razza bianca, il che potrebbe discriminare la ricerca a molte minoranze etniche.
La soluzione? Creare una nuova banca di staminali, identificando e localizzando donatori di ogni razza, e creando embrioni appositamente per estrarne le staminali. "Siamo consapevoli delle implicazioni che questa proposta comporta", ha dichiarato Ruth Fadel, membro del comitato e Direttrice del Johns Hopkins Berman Bioethics Institute. "Le nuove linee richiederebbero la distruzione di embrioni".
Ovviamente, la proposta e' subito stata contestata. Richard Doerflinger, della Conference of Catholic Bishops, ha gia' parlato di "fabbriche di embrioni". Ha ricordato le posizioni del Presidente Bush in materia e il dissenso totale della comunita' cattolica verso questa scelta. Ma l'opinione del comitato non e' cosi' scontata: in realta' e' il frutto del lavoro di 18 persone, fra filosofi, eticisti e scienziati provenienti dalle piu' prestigiose universita' degli Usa. Persone competenti prive di fondamenti ideologici che vedono nella ricerca sugli embrioni non una sacrilegio verso la vita, ma un inno alla sua conservazione.
John Geahart, biologo della John Hopkins, sostiene che il comitato non si e' limitato a dire il suo parere, ma ha volutamente allargato il dibattito direttamente al popolo statunitense, che ha bisogno di parlarne e comprendere meglio quali sono le difficolta' di portare la ricerca da un livello sperimentale ad uno clinico. Ci sono delle implicazioni tecniche infatti, che gli scienziati non sanno ancora affrontare e che dovrebbero essere rese pubbliche per migliorare qualitativamente l'informazione che arriva poi direttamente alle persone.
Una di queste problematiche e' stata affrontata dal comitato in un dossier pubblicato dalla rivista Fertility and Sterility, nel numero di novembre-dicembre. Nel dossier si parla del rischio di trasmissione di difetti e malattie genetiche attraverso le staminali, e il pericolo di tumori qualora si inceppassero dei meccanismi molto difficili da controllare.
Un altro tema e' stato affrontato nel numero di novembre-dicembre del Hasting Center Report, dove viene analizzato e approfondito il concetto di accesso biologico. Per gli esperti infatti, molte terapie con le staminali sarebbero recluse ai pazienti che non presentano caratteristiche genetiche simili a quelle dei donatori delle linee approvate. Il resto della popolazione verrebbe quindi escluso, perche' piu' e' alta la diversita' di Dna, piu' aumenta il rischio di rigetto. La proposta, quindi, sarebbe di una banca che raccolga i campioni delle 6 variazioni genetiche piu' rilevanti nei casi di rigetto di trapianti - la maggior parte dei quali di razza bianca - e le 6 variazioni genetiche piu' comuni nei neri, latini, indiani d'America e asiatici-americani.
 
 
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