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 PORTOGALLO - PORTOGALLO - Portogallo. Genetica e sport, le nuove sfide del doping?
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24 luglio 2003 17:09
 
Il quotidiano portoghese Publico intervista José Alberto Duarte docente di Biologia dello Sport della Facolta' di Sport e Educazione Fisica dell'Universita' di Porto, responsabile del Laboratorio di Biochimica e Morfologia Sperimentale. L'argomento e' il rischio che la genetica possa essere applicata nello sport per migliorare le prestazioni di un atleta, una sorta di "doping genetico".
Per il professore il rischio che la "genetica sia utilizzata da menti perverse" esiste, ma e' scettico su una sua realizzazione pratica, almeno a breve termine. Anche perche' se gli atleti venissero a conoscenza dei rischi non si sottoporrebbero mai a questo tipo di doping.
"Lo sport ad alta competizione non ha nulla a che vedere con la salute. Molti atleti hanno dei problemi cronici di artrite, dei muscoli, dei tendini come conseguenza di un sovraccarico di allenamento e di poco tempo per recuperare. Se il sovraccarico e' gestito male gli atleti sviluppano patologie croniche, come fratture per la stanchezza, artrosi o tendiniti croniche. Nel caso si ricorresse al doping genetico, queste malattie croniche aumenterebbero, ma il principale problema sarebbe nell'alterazione del ciclo cellulare. E il grande rischio starebbe a livello cancerogeno". La genetica applicata alle lesioni e' ancora "a livello sperimentale, senza una applicazione pratica. Ci sono alcuni lavori, in particolare a livello del muscolo scheletrico, dove si cerca di accelerare il processo di recupero dopo la rigenerazione dello stesso muscolo, grazie alle cellule multipotenti. Ora si testano negli animali, ma negli uomini non abbiamo le conoscenze". In merito alla possibilita' di rigenerare la cartilagine del ginocchio, attraverso la sua duplicazione in laboratorio Duarte spiega che: "e' possibile duplicare queste cellule in laboratorio, ma non si sa bene ancora se, una volta reinserite, vanno ad aderire alla cartilagine per produrre una sua rigenerazione. Se fosse cosi' si sarebbe risolto il problema dell'artrosi, che e' uno dei mali che maggiormente colpisce le persone anziane ed e' estremamente inabilitante".
Siamo lontani da uno scenario in cui la genetica dominera' lo sport, viene quindi chiesto a Duarte: "Credo che in questo momento ancora non ci sia la possibilita' per nessuno, in maniera coscienziosa, sicura, di poter usare tecniche di questo tipo per raggiungere un fine preciso. Ancora ci sono molti fattori fuori controllo". E' comunque possibile che si ripeta cio' che e' successo per alcuni farmaci, prima apparsi nel circuito sportivo e poi nelle farmacie, "ma la tecnologia e' molto cara e non sara' accessibile a chiunque. Ho dei dubbi sulla sperimentazione sugli atleti". E se la manipolazione genetica non mettesse a rischio la salute degli atleti, sarebbe accettata socialmente? "No! Nella maniera piu' assoluta! Per il suo orgoglio e soddisfazione personale, uno sportivo puo' tentare certi trattamenti, ma comunque continuerebbe ad essere doping", poi spiega Duarte che ogni caso andrebbe visto a se' stante. "Se un individuo avesse l'artrosi e ci fossero possibilita' di tornare a gareggiare, ripristinando le sue articolazioni, non lo riterrei "doping". Gli restituiremo quella normalita' che possedeva gia' prima, non avremo migliorato le caratteristiche con cui e' nato. Tutto cio' che altera le potenzialita' genetiche con cui un individuo nasce e' doping".
 
 
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Per il professore il rischio che la "genetica sia utilizzata da menti perverse" esiste, ma e' scettico su una sua realizzazione pratica, almeno a breve termine. Anche perche' se gli atleti venissero a conoscenza dei rischi non si sottoporrebbero mai a questo tipo di doping.
"Lo sport ad alta competizione non ha nulla a che vedere con la salute. Molti atleti hanno dei problemi cronici di artrite, dei muscoli, dei tendini come conseguenza di un sovraccarico di allenamento e di poco tempo per recuperare. Se il sovraccarico e' gestito male gli atleti sviluppano patologie croniche, come fratture per la stanchezza, artrosi o tendiniti croniche. Nel caso si ricorresse al doping genetico, queste malattie croniche aumenterebbero, ma il principale problema sarebbe nell'alterazione del ciclo cellulare. E il grande rischio starebbe a livello cancerogeno". La genetica applicata alle lesioni e' ancora "a livello sperimentale, senza una applicazione pratica. Ci sono alcuni lavori, in particolare a livello del muscolo scheletrico, dove si cerca di accelerare il processo di recupero dopo la rigenerazione dello stesso muscolo, grazie alle cellule multipotenti. Ora si testano negli animali, ma negli uomini non abbiamo le conoscenze". In merito alla possibilita' di rigenerare la cartilagine del ginocchio, attraverso la sua duplicazione in laboratorio Duarte spiega che: "e' possibile duplicare queste cellule in laboratorio, ma non si sa bene ancora se, una volta reinserite, vanno ad aderire alla cartilagine per produrre una sua rigenerazione. Se fosse cosi' si sarebbe risolto il problema dell'artrosi, che e' uno dei mali che maggiormente colpisce le persone anziane ed e' estremamente inabilitante".
Siamo lontani da uno scenario in cui la genetica dominera' lo sport, viene quindi chiesto a Duarte: "Credo che in questo momento ancora non ci sia la possibilita' per nessuno, in maniera coscienziosa, sicura, di poter usare tecniche di questo tipo per raggiungere un fine preciso. Ancora ci sono molti fattori fuori controllo". E' comunque possibile che si ripeta cio' che e' successo per alcuni farmaci, prima apparsi nel circuito sportivo e poi nelle farmacie, "ma la tecnologia e' molto cara e non sara' accessibile a chiunque. Ho dei dubbi sulla sperimentazione sugli atleti". E se la manipolazione genetica non mettesse a rischio la salute degli atleti, sarebbe accettata socialmente? "No! Nella maniera piu' assoluta! Per il suo orgoglio e soddisfazione personale, uno sportivo puo' tentare certi trattamenti, ma comunque continuerebbe ad essere doping", poi spiega Duarte che ogni caso andrebbe visto a se' stante. "Se un individuo avesse l'artrosi e ci fossero possibilita' di tornare a gareggiare, ripristinando le sue articolazioni, non lo riterrei "doping". Gli restituiremo quella normalita' che possedeva gia' prima, non avremo migliorato le caratteristiche con cui e' nato. Tutto cio' che altera le potenzialita' genetiche con cui un individuo nasce e' doping".
 
 
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