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 ITALIA - ITALIA - Italia. Staminali usate come farmaci antirigetto nei trapianti
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28 ottobre 2004 19:13
 
Grazie a particolari cellule 'regolatorie' individuate di recente come prodotto delle staminali del sangue, nel prossimo futuro potrebbe essere possibile trapiantare il midollo incompatibile (o anche un organo) senza dover somministrare per tutta la vita al paziente trapiantato farmaci immunosoppressivi per evitare una reazione di rigetto. Lo dimostrano i risultati di alcuni studi clinici discussi a Milano nell'ambito di un convegno internazionale sul 'trapianto di cellule ematopoietiche', lo scorso 15 ottobre.
Si tratta, in pratica, di utilizzare le cellule staminali come veri e propri farmaci antirigetto, per indurre nell'organismo del paziente ricevente una tolleranza verso il midollo (o l'organo) del donatore anche se poco compatibile. Lo hanno spiegato stamani nel corso di un incontro con i giornalisti, Paolo Corradini dell'Istituto dei tumori di Milano e Andrea Bacigalupo, direttore del Centro trapianto di midollo osseo dell'Ospedale San Martino di Genova.
"Queste cellule regolatorie sono dei 'linfociti' (CD4/CD25) che si attivano proprio nei confronti delle reazioni immunitarie incontrollate. Quando le trovano le spengono", ha detto Corradini. Proprio questa scoperta ha permesso ad alcuni gruppi di ricerca di espandere in vitro queste cellule particolari per poterle infondere nel paziente a dosi terapeutiche e con lo scopo di sospendere, dopo il trapianto, la terapia antirigetto.
Oltre a questa novita', al congresso milanese sono stati portati i risultati di una ricerca italiana che ha permesso di trapiantare il midollo a pazienti affetti da linfomi riducendo del 70% la mortalita' da complicanze postoperatorie o da infezioni.
Corradini ha spiegato che la chiave di questo successo sta nel sottoporre il paziente, prima del trapianto di midollo, a un trattamento immunosoppressivo per azzerare il suo sistema immunitario. Vengono usati farmaci che hanno un'attivita' meno tossica verso l'organismo e piu' tossica verso il sistema immunitario. In questo modo non si debilita il paziente, che sara' pronto per l'infusione delle cellule staminali emopoietiche, le quali rigenereranno un sistema immunitario completamente nuovo. "In questo modo non solo si e' ridotta la mortalita' da trapianto (che era del 40% quattro anni fa ed ora e' del 13%), ma e' migliorata anche l'efficacia dell'intervento, poiche' il paziente oggi guarisce al 60-70%".
 
 
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Si tratta, in pratica, di utilizzare le cellule staminali come veri e propri farmaci antirigetto, per indurre nell'organismo del paziente ricevente una tolleranza verso il midollo (o l'organo) del donatore anche se poco compatibile. Lo hanno spiegato stamani nel corso di un incontro con i giornalisti, Paolo Corradini dell'Istituto dei tumori di Milano e Andrea Bacigalupo, direttore del Centro trapianto di midollo osseo dell'Ospedale San Martino di Genova.
"Queste cellule regolatorie sono dei 'linfociti' (CD4/CD25) che si attivano proprio nei confronti delle reazioni immunitarie incontrollate. Quando le trovano le spengono", ha detto Corradini. Proprio questa scoperta ha permesso ad alcuni gruppi di ricerca di espandere in vitro queste cellule particolari per poterle infondere nel paziente a dosi terapeutiche e con lo scopo di sospendere, dopo il trapianto, la terapia antirigetto.
Oltre a questa novita', al congresso milanese sono stati portati i risultati di una ricerca italiana che ha permesso di trapiantare il midollo a pazienti affetti da linfomi riducendo del 70% la mortalita' da complicanze postoperatorie o da infezioni.
Corradini ha spiegato che la chiave di questo successo sta nel sottoporre il paziente, prima del trapianto di midollo, a un trattamento immunosoppressivo per azzerare il suo sistema immunitario. Vengono usati farmaci che hanno un'attivita' meno tossica verso l'organismo e piu' tossica verso il sistema immunitario. In questo modo non si debilita il paziente, che sara' pronto per l'infusione delle cellule staminali emopoietiche, le quali rigenereranno un sistema immunitario completamente nuovo. "In questo modo non solo si e' ridotta la mortalita' da trapianto (che era del 40% quattro anni fa ed ora e' del 13%), ma e' migliorata anche l'efficacia dell'intervento, poiche' il paziente oggi guarisce al 60-70%".
 
 
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