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 ITALIA - ITALIA - Italia. Le staminali che legano la mamma al figlio, per sempre
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14 ottobre 2004 18:33
 
Non soltanto le cellule del feto restano ospiti dell'organismo della mamma per periodi lunghissimi, addirittura decenni, ma conservano le loro caratteristiche di plasticita', tanto da essere considerate un nuovo tipo di cellule staminali.
"Le abbiamo chiamate PAPC", ossia cellule progenitrici associate alla gravidanza, ha detto l'esperta di genetica prenatale Diana Bianchi, della Tuft University di Boston, nel convegno sul trapianto di cellule staminali organizzato da universita' Cattolica di Roma e Istituto Superiore di Sanita'.
Facilissime da identificare subito dopo il parto, le cellule fetali diventano praticamente irrintracciabili gia' dopo tre settimane, ma ci sono. "E' stato identificato del Dna maschile in alcune donne anche 27 anni dopo il parto", ha detto la ricercatrice. Ma sappiamo, ha aggiunto, che sia le cellule fetali maschili sia quelle femminili attraversano la placenta nello stesso modo. Semplicemente, si sono viste piu' cellule maschili perche' queste sono piu' facili da identificare, grazie al cromosoma Y che le contraddistingue. "E' un fenomeno che chiamiamo microchimerismo materno-fetale, in altre parole le donne che hanno figli diventano chimere perche' nel loro organismo sono presenti anche cellule di un altro individuo".
Le staminali del feto possono annidarsi in tessuti molto diversi e perfino in organi malati. Cosa, questa, che fino a non molto tempo fa aveva portato i ricercatori a credere che le cellule fetali fossero una minaccia per la salute della donna e che, addirittura, potessero scatenare nella mamma reazioni di rigetto o malattie autoimmuni, nella quali il sistema immunitario aggredisce l'organismo cui appartiene, come il lupus. "Ma adesso sappiamo che le cose non stanno affatto cosi' perche' non c'e' alcuna evidenza che le cellule del feto possano causare malattie nella madre, ne' reazioni di rigetto ne' malattie autoimmuni".
Conclusioni che derivano sia dalle ricerche condotte sulle donne, sia da studi piu' recenti su modelli animali. "Nei topi le cellule fetali presenti nella madre cominciano a diminuire subito dopo il parto, tanto che a tre settimane della nascita non e' piu' possibile identificarle". Ma ci sono, perche' nel 40% dei topi che hanno avuto almeno tre gravidanze tornano ad essere numerose e facili da identificare. Le nuove tecniche di microscopia in vivo hanno poi permesso di seguire, nei topi vivi, le cellule fetali marcate da una proteina fluorescente, la luciferasi, e di osservarle in azione. "Le cellule fetali contribuiscono a riparare ferite e al processo di angiogenesi", ossia alla formazione dei vasi sanguigni.
Non ci sono dubbi, ha proseguito, che "si apre un campo di ricerca affascinante, che sta attirando l'attenzione dei laboratori di tutto il mondo". Uno dei campi piu' direttamente interessati e' quello che riguarda lo studio delle cellule staminali da tessuti adulti. "Chi lavora in questo campo deve considerare che alcune cellule presenti nei tessuti di organismi adulti potrebbero essere invece cellule fetali".
Nel frattempo ad attrarre i ricercatori e' un'ipotesi affascinante: poiche' le cellule fetali possono contribuire a riparare lesioni e danni nell'organismo della mamma, ci si comincia a domandare se sia il contributo di queste cellule staminali a far vivere le donne piu' a lungo. "Chissa' -si chiede la genetista- se e' per questo che le donne sono piu' longeve?".
 
 
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