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 ITALIA - ITALIA - Italia. Il ruolo delle staminali nella terapia genica contro il cancro
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15 maggio 2003 20:16
 
Combattere il tumore privandolo dei vasi sanguigni che lo alimentano: nei topi funziona, con una terapia genica messa a punto all'Ircc, l'Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo, nei pressi di Torino, grazie a un finanziamento dell'Airc. Coordinatore e' Luigi Naldini, a cui "Nature Medicine" ha dedicato un articolo on-line e un altro nell'edizione cartacea di giugno. Suoi collaboratori Michele De Palma e Mary Venneri, dottorandi di ricerca dell'Universita' di Torino. "E' ancora presto per pensare a una sperimentazione sull'uomo, ma la capacita' di questa tecnica di colpire esclusivamente il tessuto-bersaglio, senza intaccarne altri, promette applicazioni molto ampie", osserva Naldini, da gennaio 2003 codirettore dell'Istituto Telethon per la terapia genica presso l'Istituto San Raffaele di Milano. In un'intervista al quotidiano "La Stampa" ha messo a fuoco i punti principali di questo approccio terapeutico, le promesse, gli ostacoli e le potenzialita'.
"La logica e' innovativa, perche' e' di tipo combinato. Si tratta di utilizzare una cellula staminale insieme con un vettore per la terapia genica, vale a dire un virus modificato, in modo da far arrivare al tumore, selettivamente, un gene terapeutico, che agisca come farmaco. Sfruttiamo il processo dell'angiogenesi: sappiamo che in condizioni normali, nell'organismo adulto, non si formano nuovi vasi. Questi, invece, si riproducono quando cresce un tumore ed e' li' che indirizziamo la nostra terapia. Si parte dalle cellule staminali del sangue: una piccola parte della loro progenie raggiunge il tumore e si raccoglie intorno ai vasi, facilitandone la formazione. Usando un nuovo vettore genico a espressione selettiva, introduciamo il gene terapeutico nella cellula staminale, dove pero' non si esprime, e lo facciamo esprimere soltanto nelle cellule che ne derivano e che raggiungono il tumore. In questo modo inibiamo la crescita delle cellule tumorali, con un'azione locale e selettiva".
Ma il gene utilizzato ha una funzione particolare: "E' un gene suicida: quando si esprime in una cellula, la porta a morte. Cosi' quando le cellule derivate raggiungono il tumore, cominciano a esprimere questo gene suicida, muoiono e bloccano la formazione dei nuovi vasi circostanti. Ecco perche' l'azione e' locale e selettiva".
"C'erano diversi indizi sul ruolo del midollo osseo e delle cellule staminali del sangue nel facilitare la formazione dei vasi tumorali. Abbiamo scoperto che c'e' una frazione di cellule del sangue, dalle caratteristiche particolari, che si differenziano una volta raggiunto il tumore, promuovendo la formazione dei vasi. E questi sono diventati il bersaglio della nostra cura". I risultati negli animali sembrano promettenti, infatti nei topolini ammalati il team di Naldini e' riuscito a rallentarne la morte e a ridurre notevolmente la crescita del tumore.
 
 
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"La logica e' innovativa, perche' e' di tipo combinato. Si tratta di utilizzare una cellula staminale insieme con un vettore per la terapia genica, vale a dire un virus modificato, in modo da far arrivare al tumore, selettivamente, un gene terapeutico, che agisca come farmaco. Sfruttiamo il processo dell'angiogenesi: sappiamo che in condizioni normali, nell'organismo adulto, non si formano nuovi vasi. Questi, invece, si riproducono quando cresce un tumore ed e' li' che indirizziamo la nostra terapia. Si parte dalle cellule staminali del sangue: una piccola parte della loro progenie raggiunge il tumore e si raccoglie intorno ai vasi, facilitandone la formazione. Usando un nuovo vettore genico a espressione selettiva, introduciamo il gene terapeutico nella cellula staminale, dove pero' non si esprime, e lo facciamo esprimere soltanto nelle cellule che ne derivano e che raggiungono il tumore. In questo modo inibiamo la crescita delle cellule tumorali, con un'azione locale e selettiva".
Ma il gene utilizzato ha una funzione particolare: "E' un gene suicida: quando si esprime in una cellula, la porta a morte. Cosi' quando le cellule derivate raggiungono il tumore, cominciano a esprimere questo gene suicida, muoiono e bloccano la formazione dei nuovi vasi circostanti. Ecco perche' l'azione e' locale e selettiva".
"C'erano diversi indizi sul ruolo del midollo osseo e delle cellule staminali del sangue nel facilitare la formazione dei vasi tumorali. Abbiamo scoperto che c'e' una frazione di cellule del sangue, dalle caratteristiche particolari, che si differenziano una volta raggiunto il tumore, promuovendo la formazione dei vasi. E questi sono diventati il bersaglio della nostra cura". I risultati negli animali sembrano promettenti, infatti nei topolini ammalati il team di Naldini e' riuscito a rallentarne la morte e a ridurre notevolmente la crescita del tumore.
 
 
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