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 ITALIA - ITALIA - Italia. Il rettore dell'Universita' de L'Aquila e i referendum, un appello per la scienza
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28 aprile 2005 20:42
 
"I referendum sulla legge 40/2004: per una ricerca scientifica libera e autonoma", gia' nel titolo c'e' il senso dell'appello rivolto da Ferdinando di Orio, Rettore dell'Universita' degli Studi dell'Aquila e indirizzato ai colleghi rettori affinche' lo sottoscrivano. "Il testo vuole rappresentare una base di discussione, ovviamente integrabile e modificabile, per una eventuale presa di posizione pubblica su tale importante questione", scrive nella lettera di accompagnamento. "Credo infatti che, come rettori, su una materia che riguarda la liberta' della ricerca scientifica, non possiamo non esprimere una nostra posizione. Vi prego pertanto di farmi conoscere le vostre osservazioni o proposte di modifica e l'eventuale disponibilita' alla sottoscrizione del testo", conclude di Orio. Di seguito il testo integrale:

"I referendum sulla legge 40/2004: per una ricerca scientifica libera e autonoma"

Il prossimo 12 giugno gli italiani saranno chiamati a votare su quattro referendum abrogativi relativi alla legge n. 40/2004 - Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.
Sarebbe stato auspicabile che, su materie cosi' delicate e complesse, non fosse chiamato a decidere il Paese attraverso uno strumento di per se' semplificatorio come il referendum. Tuttavia la legge n.40/2004 riflette i limiti e le carenze del dibattito parlamentare, che non e' stato in grado di approfondire compiutamente le implicazioni etiche e scientifiche inerenti tale complessa tematica ed ha prodotto un compromesso legislativo, rinunciando espressamente a soluzioni piu' accurate e condivise.
Sta qui una delle ragioni piu' evidenti dell'iniziativa referendaria, che poteva essere evitata con una mediazione parlamentare di piu' alto profilo etico, giuridico ed anche politico.
Al riguardo due questioni ci stanno particolarmente a cuore, che attengono al nostro essere cittadini e uomini di scienza.
Innanzitutto, come cittadini, siamo convinti che la partecipazione al voto rappresenta un preciso diritto/dovere di cittadinanza e, in quanto tale, un valore democratico che non puo' essere anteposto ad alcuna valutazione, speculativa e strumentale, di utilita' politica. Il referendum, infatti, non nega la possibilita' di manifestare la propria adesione convinta a tale legge che, se maggioritaria nel Paese, rafforzerebbe con un consenso popolare diffuso la legittimita' della decisione parlamentare. La scelta dell'astensione, invece, non favorisce il dialogo, non rende ragione della profondita' delle questioni in campo e non assicura un eventuale sereno riesame della legge proprio a livello parlamentare.
A questo punto, la partecipazione al referendum, prima di ogni suo eventuale risultato, finisce per rappresentare una manifestazione esplicita di volonta' di cambiamento di una legge che a gran parte degli osservatori appare comunque imperfetta. La scelta dell'espressione del voto puo' rappresentare una precisa assunzione di responsabilita' da parte dei cittadini ed un'indicazione vincolante nei confronti del legislatore.
Cio' rimanda alla seconda questione che ci sta a cuore e che si riferisce al merito della legge n 40. Non si puo' negare che i quattro referendum abrogativi, siano intimamente legati al problema fondamentale dello statuto giuridico dell'embrione.
Come uomini di scienza non possiamo tuttavia non rilevare come la legge n.40 sia in contraddizione con le conoscenze scientifiche, sovrapponendo un "dogma di fede" a quanto la scienza e' risuscita ormai a definire sull'iniziale processo di vita e sulla formazione nel corso di esso dell'embrione.
A tutti noi sta a cuore la tutela e la dignita' umana dell'embrione. Ma l'embrione non coincide con l'uovo fecondato il quale , infatti, non necessariamente arriva allo stadio di embrione.
La legge n.40 invece, assumendo questa identificazione tra uovo fecondato ed embrione e perseguendo l'obiettivo di evitare l'esistenza di embrioni soprannumerari, raggiunge l'effetto di ridurne soltanto la produzione numerica. Un effetto contraddittorio e paradossale, date le premesse legislative, raggiunto peraltro con modalita' che vanno a scapito della salute della donna, che rendono meno efficaci le tecniche di fecondazione assistita e che nulla dicono sul destino degli embrioni prodotti, comunque destinati a morire, non potendo essere soppressi ne' congelati.
La legge impedisce, infatti, che le cellule derivate da questi embrioni possano essere messe a disposizione della ricerca clinica e sperimentale allo scopo di migliorare la vita di altre persone. Il divieto e' esteso anche agli embrioni gia' esistenti che, prodotti ai fini della procreazione, sono rimasti inutilizzati in quanto eccedenti il numero impiantabile oppure inidonei all'impianto stesso.
Tali disposizioni normative contraddicono i contenuti della Convenzione di Oviedo - firmata dall'Italia e resa esecutiva con la Legge n.14/2001- che, se giustamente impedisce di produrre embrioni a fini di ricerca, non ne vieta l'utilizzo e all'articolo 18 consente espressamente che le leggi nazionali possano prevedere indagini su embrioni in vitro gia' prodotti.
Nessuno di noi nega che l'effettiva utilizzazione clinica e terapeutica delle cellule staminali embrionali sia in realta' legata ad un processo di ricerca scientifica ancora lungo e irto difficolta', ma e' certo comunque che la legge n.40 impedisce tale processo per sempre.
Tale limitazione si pone in aperto contrasto con il principio della liberta' scientifica sancito dalla Costituzione all'articolo 9 ("La repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica") e all'articolo 33 ("L'arte e la scienza sono libere e libero ne e' l'insegnamento").
Ma tutta la legge risente di un'impostazione etica e culturale fondata su un pregiudizio negativo riguardo la capacita' intrinseca della scienza di darsi regole interne, attraverso l'esercizio critico e antidogmatico della ragione, disconoscendone le irrinunciabili caratteristiche di laicita' e di autonomia, configuratesi attraverso un processo storico di progressiva emancipazione da regole e imposizioni esterne ad essa.
Per tutte queste ragioni, come cittadini e uomini di scienza investiti dalla particolare responsabilita' di rettori di Universita' - luoghi istituzionalmente deputati alla produzione e alla trasmissione della conoscenza mediante l'esercizio di una libera ed autonoma attivita' di ricerca - invitiamo i cittadini italiani a partecipare al referendum e ad esprimere il loro voto. Nell'auspicio che tale espressione di voto vada nella direzione di un pieno riconoscimento della liberta' e della laicita' della ricerca scientifica. A maggior ragione in un settore cosi' delicato e complesso come quello della procreazione, che e' strettamente connesso al diritto alla salute e che rappresenta una delle sfere essenziali di esercizio dell'autonomia umana.
Siamo infine convinti che la partecipazione al referendum puo' rappresentare un'indicazione al Parlamento per varare una nuova legge che, frutto di un maggiore approfondimento delle problematiche in campo, possa adeguare la normativa italiana alle analoghe normative europee, nel rispetto della laicita' dello Stato e della liberta' di coscienza di ogni cittadino.
 
 
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"I referendum sulla legge 40/2004: per una ricerca scientifica libera e autonoma", gia' nel titolo c'e' il senso dell'appello rivolto da Ferdinando di Orio, Rettore dell'Universita' degli Studi dell'Aquila e indirizzato ai colleghi rettori affinche' lo sottoscrivano. "Il testo vuole rappresentare una base di discussione, ovviamente integrabile e modificabile, per una eventuale presa di posizione pubblica su tale importante questione", scrive nella lettera di accompagnamento. "Credo infatti che, come rettori, su una materia che riguarda la liberta' della ricerca scientifica, non possiamo non esprimere una nostra posizione. Vi prego pertanto di farmi conoscere le vostre osservazioni o proposte di modifica e l'eventuale disponibilita' alla sottoscrizione del testo", conclude di Orio. Di seguito il testo integrale:

"I referendum sulla legge 40/2004: per una ricerca scientifica libera e autonoma"

Il prossimo 12 giugno gli italiani saranno chiamati a votare su quattro referendum abrogativi relativi alla legge n. 40/2004 - Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.
Sarebbe stato auspicabile che, su materie cosi' delicate e complesse, non fosse chiamato a decidere il Paese attraverso uno strumento di per se' semplificatorio come il referendum. Tuttavia la legge n.40/2004 riflette i limiti e le carenze del dibattito parlamentare, che non e' stato in grado di approfondire compiutamente le implicazioni etiche e scientifiche inerenti tale complessa tematica ed ha prodotto un compromesso legislativo, rinunciando espressamente a soluzioni piu' accurate e condivise.
Sta qui una delle ragioni piu' evidenti dell'iniziativa referendaria, che poteva essere evitata con una mediazione parlamentare di piu' alto profilo etico, giuridico ed anche politico.
Al riguardo due questioni ci stanno particolarmente a cuore, che attengono al nostro essere cittadini e uomini di scienza.
Innanzitutto, come cittadini, siamo convinti che la partecipazione al voto rappresenta un preciso diritto/dovere di cittadinanza e, in quanto tale, un valore democratico che non puo' essere anteposto ad alcuna valutazione, speculativa e strumentale, di utilita' politica. Il referendum, infatti, non nega la possibilita' di manifestare la propria adesione convinta a tale legge che, se maggioritaria nel Paese, rafforzerebbe con un consenso popolare diffuso la legittimita' della decisione parlamentare. La scelta dell'astensione, invece, non favorisce il dialogo, non rende ragione della profondita' delle questioni in campo e non assicura un eventuale sereno riesame della legge proprio a livello parlamentare.
A questo punto, la partecipazione al referendum, prima di ogni suo eventuale risultato, finisce per rappresentare una manifestazione esplicita di volonta' di cambiamento di una legge che a gran parte degli osservatori appare comunque imperfetta. La scelta dell'espressione del voto puo' rappresentare una precisa assunzione di responsabilita' da parte dei cittadini ed un'indicazione vincolante nei confronti del legislatore.
Cio' rimanda alla seconda questione che ci sta a cuore e che si riferisce al merito della legge n 40. Non si puo' negare che i quattro referendum abrogativi, siano intimamente legati al problema fondamentale dello statuto giuridico dell'embrione.
Come uomini di scienza non possiamo tuttavia non rilevare come la legge n.40 sia in contraddizione con le conoscenze scientifiche, sovrapponendo un "dogma di fede" a quanto la scienza e' risuscita ormai a definire sull'iniziale processo di vita e sulla formazione nel corso di esso dell'embrione.
A tutti noi sta a cuore la tutela e la dignita' umana dell'embrione. Ma l'embrione non coincide con l'uovo fecondato il quale , infatti, non necessariamente arriva allo stadio di embrione.
La legge n.40 invece, assumendo questa identificazione tra uovo fecondato ed embrione e perseguendo l'obiettivo di evitare l'esistenza di embrioni soprannumerari, raggiunge l'effetto di ridurne soltanto la produzione numerica. Un effetto contraddittorio e paradossale, date le premesse legislative, raggiunto peraltro con modalita' che vanno a scapito della salute della donna, che rendono meno efficaci le tecniche di fecondazione assistita e che nulla dicono sul destino degli embrioni prodotti, comunque destinati a morire, non potendo essere soppressi ne' congelati.
La legge impedisce, infatti, che le cellule derivate da questi embrioni possano essere messe a disposizione della ricerca clinica e sperimentale allo scopo di migliorare la vita di altre persone. Il divieto e' esteso anche agli embrioni gia' esistenti che, prodotti ai fini della procreazione, sono rimasti inutilizzati in quanto eccedenti il numero impiantabile oppure inidonei all'impianto stesso.
Tali disposizioni normative contraddicono i contenuti della Convenzione di Oviedo - firmata dall'Italia e resa esecutiva con la Legge n.14/2001- che, se giustamente impedisce di produrre embrioni a fini di ricerca, non ne vieta l'utilizzo e all'articolo 18 consente espressamente che le leggi nazionali possano prevedere indagini su embrioni in vitro gia' prodotti.
Nessuno di noi nega che l'effettiva utilizzazione clinica e terapeutica delle cellule staminali embrionali sia in realta' legata ad un processo di ricerca scientifica ancora lungo e irto difficolta', ma e' certo comunque che la legge n.40 impedisce tale processo per sempre.
Tale limitazione si pone in aperto contrasto con il principio della liberta' scientifica sancito dalla Costituzione all'articolo 9 ("La repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica") e all'articolo 33 ("L'arte e la scienza sono libere e libero ne e' l'insegnamento").
Ma tutta la legge risente di un'impostazione etica e culturale fondata su un pregiudizio negativo riguardo la capacita' intrinseca della scienza di darsi regole interne, attraverso l'esercizio critico e antidogmatico della ragione, disconoscendone le irrinunciabili caratteristiche di laicita' e di autonomia, configuratesi attraverso un processo storico di progressiva emancipazione da regole e imposizioni esterne ad essa.
Per tutte queste ragioni, come cittadini e uomini di scienza investiti dalla particolare responsabilita' di rettori di Universita' - luoghi istituzionalmente deputati alla produzione e alla trasmissione della conoscenza mediante l'esercizio di una libera ed autonoma attivita' di ricerca - invitiamo i cittadini italiani a partecipare al referendum e ad esprimere il loro voto. Nell'auspicio che tale espressione di voto vada nella direzione di un pieno riconoscimento della liberta' e della laicita' della ricerca scientifica. A maggior ragione in un settore cosi' delicato e complesso come quello della procreazione, che e' strettamente connesso al diritto alla salute e che rappresenta una delle sfere essenziali di esercizio dell'autonomia umana.
Siamo infine convinti che la partecipazione al referendum puo' rappresentare un'indicazione al Parlamento per varare una nuova legge che, frutto di un maggiore approfondimento delle problematiche in campo, possa adeguare la normativa italiana alle analoghe normative europee, nel rispetto della laicita' dello Stato e della liberta' di coscienza di ogni cittadino.
 
 
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