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 ITALIA - ITALIA - Italia. La posta di Paolo Mieli: si' alla clonazione terapeutica e staminali embrionali
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Notizia 
23 dicembre 2004 18:43
 
Proprio nei giorni precedenti alla sua nomina a direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli ha dedicato grande spazio nella pagina delle lettere dello stesso quotidiano alla ricerca scientifica con le staminali, esprimendo il suo sostegno sia alla clonazione terapeutica che all'uso delle staminali embrionali.
Riportiamo alcune di queste lettere, con la risposta di Mieli.

Al bando la clonazione umana ma non quella terapeutica
12 dicembre 2004
Leggo la sua risposta sulle dittature che devono essere considerate un crimine contro l'umanita': parole sacrosante, caro Mieli. Ma se vogliamo metterci su questo terreno, peggio (si', peggio) delle dittature e delle guerre che esse inevitabilmente portano con se', c'e' qualcosa che rischia ancor piu' di distruggere l'umanita' ed e' la clonazione. Contrabbandata per una forma di progresso scientifico, la clonazione umana preceduta da quella animale rischia di compromettere il nostro genere offrendogli il miraggio dell'immortalita'. Mi stupisco che sui giornali non sia in atto una campagna contro questa orribile prospettiva e che anche chi si e' pronunciato contro la clonazione umana lo abbia fatto a toni bassi...
Giuseppe Orlando, Milano

Caro signor Orlando,
non tutti quelli che si sono pronunciati contro la clonazione umana lo hanno fatto, come lei dice, a bassa voce. Qualche tempo fa, su Le Monde e' apparso un articolo del professor Israel Nisand che diceva cose molto simili alle sue. La clonazione a fini riproduttivi -spiegava Nisand- utilizza il genoma di un adulto, contenuto nel nucleo di una sua cellula, per procreare un individuo il cui patrimonio genetico e' praticamente (il citoplasma dell'ovocita trasmette ugualmente il genoma) lo stesso del "donatore". Il nucleo di una cellula di un adulto e' collocato nell'ovocita enucleato, che diventa a questo punto un embrione perche' ha un corredo completo di 46 cromosomi. L'individuo cosi' creato non dispone del patrimonio genetico di due genitori i cui genomi si mescolano casualmente, ma della copia di una combinazione gia' esistente, quella del donatore, che e' madre e padre allo stesso tempo.
Tutti gli esseri umani -aggiungeva il professore francese- fin qui, hanno goduto di questo azzardo che dona loro una liberta' fondamentale, quella di essere unici, nel corpo e nella mente. Noi siamo tutti prodotti singoli di una casuale mescolanza dei genomi di due genitori di sesso opposto. Questo non e' mai stato messo in discussione ed e' un valore per ciascuno di noi. Si tratta di un patrimonio comune dell'umanita' che la morale ci invita a rispettare in nome di un principio antico: non fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi.
I "progressi" compiuti dalla biologia della riproduzione sono piu' gravi di quelli della fisica nucleare, tanto per prendere a paragone un esempio emblematico della follia umana. Una bomba atomica sganciata su una citta' uccide, devasta, e' un insulto all'umanita', ma non ne mette in discussione l'essenza stessa. Ci si puo' difendere dai danni nucleari che oggi possono essere molto limitati. Invece, modificare i parametri della procreazione mette in causa la natura stessa della specie umana. Non c'e' protezione che valga. Il danno e' subito collettivo.
Ed e' a questo punto, caro Orlando, che Nisand sosteneva la sua tesi quasi con le stesse parole che lei ha usato in questa lettera: "Il rispetto della dignita' umana in quello che e' il suo aspetto piu' fondamentale, la singolarita' di ciascun individuo, nata dalla mescolanza casuale dei geni dei propri genitori, impone alla Francia, attraverso le istituzioni internazionali, di adoperarsi affinche' la clonazione ai fini riproduttivi sia classificata come crimine contro l'umanita', perseguibile e punibile, senza limiti di prescrizione, da un tribunale penale internazionale. In questo modo non si potra' piu' dire che nessuno ha mosso un dito per scongiurare questo disastro".
Io ho trovato queste parole convincenti ed e' per questo che me le sono appuntate. Ma attenzione: il ragionamento vale solo per la clonazione umana perche' se parliamo di clonazione terapeutica, quella che serve alla sperimentazione sulle cellule staminali embrionali, il discorso e' diverso. Anzi, a parer mio, opposto. Questo tipo di clonazione io la favorirei in ogni modo ed e' per questo che gia' da quasi un anno mi sono pronunciato a favore del referendum promosso dai radicali contro la legge sulla fecondazione assistita che impedisce questo genere di sperimentazione. Al bando dunque la clonazione, ma con la precisazione che stiamo parlando di quella umana.


Il referendum e il manifesto per la ricerca scientifica
14 dicembre 2004
D'accordo, caro Mieli, con la sua esortazione di procedere nella ricerca sulla clonazione terapeutica. Ma a me sembra che questi discorsi, al di la' delle implicazioni etiche su cui lei si e' soffermato, non tengano conto del fatto che -comunque vadano le cose per quel che concerne il referendum sulla procreazione assistita nel quale anche io mi auguro che vincano radicali e laici - e' lo stato complessivo della ricerca scientifica in Italia ad essere in crisi. Tutti, a parole, spingono perche' si investa sulla ricerca (il Governo, l'opposizione, la Confindustria, i sindacati) ma poi nei fatti questo settore risulta di anno in anno sempre piu' trascurato. Si ha un bel dire che il referendum aprira' nuove prospettive...
Mariella Capone, Lecce

Cara signora Capone, mi scusi ma non vedo contraddizione tra l'impegno a che -tramite il referendum promosso dai radicali- sia aperto un varco alla clonazione terapeutica e il sacrosanto discorso che lei fa a proposito della generale mancanza di sensibilita' (se non a parole) nei confronti della ricerca scientifica. Anzi. Ritengo che questo contesto di battaglia referendaria sia il piu' propizio per imporre il tema che le (e mi) sta a cuore. Tant'e' che proprio in questi giorni verra' reso pubblico un manifesto del "Gruppo 2003" nel quale una trentina tra gli scienziati italiani piu' qualificati nel mondo -tra i quali Silvio Garattini, Pier Mannuccio Mannucci, Alberto Mantovani, Tommaso Maccacaro, Vincenzo Balzani, Franco Brezzi e altri di pari importanza- avanzeranno alcune proposte per passare dal piano teorico a quello operativo.
C'e' nel loro manifesto l'idea di promuovere gli scienziati negli organismi pubblici in base a criteri meritocratici e non piu' "ope legis" o con finti concorsi; c'e' l'auspicio di un sistema di ricerca fondato sull'autonomia delle scelte di persone e progetti nonche' sulla "responsabilita'" rispetto al successo o all'insuccesso di queste scelte; c'e' l'esortazione ad ispirarsi ai criteri di Stati Uniti e Gran Bretagna dove uno scienziato puo' garantirsi un salario su finanziamenti ottenuti per progetti competitivi e dove lo Stato "costituisce uno sportello affidabile e costante su cui si puo' contare per il presente e per il futuro, in un contesto di competizione basato sulla qualita'"; c'e' l'idea di fare "massa critica" creando strutture di grandi dimensioni che prevedano la condivisione di apparecchiature sofisticate e costose, banche dati e sistemi informativi efficienti, processi moderni, servizi di base.
Il manifesto sostiene che e' sbagliato trasmettere il messaggio secondo cui le difficolta' attuali debbano essere ricondotte al tema del "rientro dei cervelli", cioe' del rimpatrio in Italia dei nostri scienziati che hanno studiato e trovato lavoro all'estero: non aiutano la ricerca nazionale -sostengono i trenta- "i rientri virtuali, fatti di qualche settimana l'anno di insegnamento in Italia e di una attivita' scientifica che ha il suo centro in istituzioni estere".
Si deve invece costruire un sistema aperto in cui salari, laboratori, accesso ai finanziamenti e possibilita' di carriera siano confrontabili con quelli del resto d'Europa (o americani) e consentano, anzi stimolino la venuta di scienziati dall'estero, anche da Paesi meno sviluppati del nostro. Il finanziamento della ricerca scientifica non puo' essere episodico, legato a stanziamenti una tantum; e' essenziale "la costituzione di meccanismi stabili, quali una o piu' agenzie di ricerca". Servono valutazioni per progetti, finanziamenti e carriera da parte di esperti indipendenti, internazionali, anonimi.
Ci vogliono incentivi fiscali all'industria per questo genere di investimenti, serve l'introduzione di un nuovo otto per mille ad hoc, facilitazioni fiscali per le donazioni a universita', istituti o enti di ricerca. Mi rendo conto che e' arduo sintetizzare in poche righe un manifesto cosi' elaborato ma le assicuro, cara signora Capone, che quando lo leggera' per intero si potra' rendere conto del fatto che il clima creato dall'imminenza del referendum sta provocando, con il concorso anche di chi probabilmente votera' per il mantenimento della legge, effetti benefici. Finalmente, per quel che riguarda la ricerca scientifica, anche qui in Italia qualcosa si muove.


Clonazione: chi vuole impedire un tipo di ricerca e chi no
17 dicembre 2004
Lei, caro Mieli, ha suggerito di mettere al bando la clonazione umana ma non quella terapeutica. Anzi si e' piu' volte pronunciato per il referendum contro la legge sulla fecondazione assistita proprio perche' -lei sostiene- quella legge impedisce la ricerca sulle cellule staminali embrionali che vengono prodotte proprio con la clonazione terapeutica.
Ora, a parte il fatto che sempre di clonazione si tratta, non capisco perche' si debbano fare esperimenti sulle cellule staminali embrionali dal momento che la ricerca sta compiendo passi da gigante con l'avanzata sperimentazione sulle cellule staminali adulte. Mi sembra sciocco che ci si divida in due "fazioni delle staminali" come se fossimo ad una partita di calcio...
Maria Malabarba, Milano

Cara signora Malabarba,
non ho alcuna competenza specifica in questo campo ma provero' a illustrare i termini del problema per come mi appaiono. Le cellule staminali adulte, presenti in quasi tutti i tessuti dell'organismo, sono in grado di riprodursi dando origine ad una cellula "differenziata", cioe' dello stesso tipo di tessuto in cui si trova. Quelle "embrionali", cioe' appartenenti all'embrione formatosi dopo quattro giorni dalla fecondazione, sono "totipotenti", cioe' in grado di dare origine a tutti i tessuti del corpo umano.
Le prime sono una sorta di "pronto soccorso" ad hoc che gli organi utilizzano per ricostruire i singoli tessuti danneggiati ma sono in grado -con qualche limitata eccezione- di dare origine solo ad un tipo di cellula, quella del tessuto a cui appartengono: quelle del midollo osseo, ad esempio, producono esclusivamente le cellule del sangue, globuli rossi, bianchi, piastrine. In ogni caso sono utilissime e gia' oggi le si usa nelle terapie per un buon numero di malanni.
Le seconde, cioe' le "staminali embrionali", potrebbero (sottolineo l'uso del verbo al condizionale) rigenerare tutti i tessuti del corpo umano ed essere, dunque, utilizzate nella cura di una grande quantita' di altre malattie. E' per questo che da ogni parte del mondo ci sono persone -come me- che chiedono la liberta' di sperimentare anche su queste ultime. Pur se, per compiere tali sperimentazioni, e' necessario procedere alla clonazione "terapeutica", detta cosi' perche' gli embrioni che si fabbricano in laboratorio servono, appunto, a curare malattie.
Adesso il professor Angelo Vescovi, condirettore dell'Istituto Cellule staminali del San Raffaele di Milano (partigiano, lo dico in tono scherzoso, della ricerca sulle staminali adulte) sostiene che forse si potranno produrre cellule staminali embrionali senza essere costretti a ricorrere alla clonazione. In che modo? Si prenderebbe una cellula adulta e si cercherebbe di costringerla a regredire allo stato di embrione staminale, "ben a valle di quello di embrione", ha specificato Vescovi a Enrico Negrotti di Avvenire. In tal modo si produrrebbero direttamente staminali embrionali senza passare per lo stadio di embrione.
Allo stato attuale, secondo il professore, questo procedimento ha le stesse probabilita' di successo che ha la clonazione; ma dal momento che "la clonazione pone problemi etici e questa via no", afferma, "qualcuno deve spiegare perche' dobbiamo investire solo sulla clonazione". Mi permetto di rispondere io che pure -l'ho ammesso in partenza- non ho alcuna competenza scientifica: non esiste persona che, come dice il professor Vescovi, voglia investire "solo" sulla clonazione. O quantomeno io non ne conosco.
Quelli che come me si sono pronunciati a favore del referendum contro la legge sulla fecondazione assistita (legge che sbarra la strada agli esperimenti sulle cellule staminali embrionali) vorrebbero poter investire "anche" sulla clonazione. Nel frattempo si saranno ottenuti risultati con il procedimento spiegato da Vescovi ad Avvenire ? Magnifico. Ma perche' non procedere anche per altre vie? Ed e' qui -credo- la differenza tra la mia posizione e quella del professor Vescovi. Io non voglio inibire nessun tipo di ricerca. Lui, per ragioni etiche che io rispetto, si'. Nessuno pero' vuole imporre a lui o ad altri scienziati che hanno le sue stesse opinioni di fare la ricerca sulle staminali embrionali. Si chiede soltanto che chi ha opinioni diverse dalle sue lo possa fare. E, indipendentemente dal merito della questione che puo' essere discussa all'infinito, a me questa differenza sembra fondamentale.
 
 
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23 dicembre 2004 18:43
 
Proprio nei giorni precedenti alla sua nomina a direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli ha dedicato grande spazio nella pagina delle lettere dello stesso quotidiano alla ricerca scientifica con le staminali, esprimendo il suo sostegno sia alla clonazione terapeutica che all'uso delle staminali embrionali.
Riportiamo alcune di queste lettere, con la risposta di Mieli.

Al bando la clonazione umana ma non quella terapeutica
12 dicembre 2004
Leggo la sua risposta sulle dittature che devono essere considerate un crimine contro l'umanita': parole sacrosante, caro Mieli. Ma se vogliamo metterci su questo terreno, peggio (si', peggio) delle dittature e delle guerre che esse inevitabilmente portano con se', c'e' qualcosa che rischia ancor piu' di distruggere l'umanita' ed e' la clonazione. Contrabbandata per una forma di progresso scientifico, la clonazione umana preceduta da quella animale rischia di compromettere il nostro genere offrendogli il miraggio dell'immortalita'. Mi stupisco che sui giornali non sia in atto una campagna contro questa orribile prospettiva e che anche chi si e' pronunciato contro la clonazione umana lo abbia fatto a toni bassi...
Giuseppe Orlando, Milano

Caro signor Orlando,
non tutti quelli che si sono pronunciati contro la clonazione umana lo hanno fatto, come lei dice, a bassa voce. Qualche tempo fa, su Le Monde e' apparso un articolo del professor Israel Nisand che diceva cose molto simili alle sue. La clonazione a fini riproduttivi -spiegava Nisand- utilizza il genoma di un adulto, contenuto nel nucleo di una sua cellula, per procreare un individuo il cui patrimonio genetico e' praticamente (il citoplasma dell'ovocita trasmette ugualmente il genoma) lo stesso del "donatore". Il nucleo di una cellula di un adulto e' collocato nell'ovocita enucleato, che diventa a questo punto un embrione perche' ha un corredo completo di 46 cromosomi. L'individuo cosi' creato non dispone del patrimonio genetico di due genitori i cui genomi si mescolano casualmente, ma della copia di una combinazione gia' esistente, quella del donatore, che e' madre e padre allo stesso tempo.
Tutti gli esseri umani -aggiungeva il professore francese- fin qui, hanno goduto di questo azzardo che dona loro una liberta' fondamentale, quella di essere unici, nel corpo e nella mente. Noi siamo tutti prodotti singoli di una casuale mescolanza dei genomi di due genitori di sesso opposto. Questo non e' mai stato messo in discussione ed e' un valore per ciascuno di noi. Si tratta di un patrimonio comune dell'umanita' che la morale ci invita a rispettare in nome di un principio antico: non fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi.
I "progressi" compiuti dalla biologia della riproduzione sono piu' gravi di quelli della fisica nucleare, tanto per prendere a paragone un esempio emblematico della follia umana. Una bomba atomica sganciata su una citta' uccide, devasta, e' un insulto all'umanita', ma non ne mette in discussione l'essenza stessa. Ci si puo' difendere dai danni nucleari che oggi possono essere molto limitati. Invece, modificare i parametri della procreazione mette in causa la natura stessa della specie umana. Non c'e' protezione che valga. Il danno e' subito collettivo.
Ed e' a questo punto, caro Orlando, che Nisand sosteneva la sua tesi quasi con le stesse parole che lei ha usato in questa lettera: "Il rispetto della dignita' umana in quello che e' il suo aspetto piu' fondamentale, la singolarita' di ciascun individuo, nata dalla mescolanza casuale dei geni dei propri genitori, impone alla Francia, attraverso le istituzioni internazionali, di adoperarsi affinche' la clonazione ai fini riproduttivi sia classificata come crimine contro l'umanita', perseguibile e punibile, senza limiti di prescrizione, da un tribunale penale internazionale. In questo modo non si potra' piu' dire che nessuno ha mosso un dito per scongiurare questo disastro".
Io ho trovato queste parole convincenti ed e' per questo che me le sono appuntate. Ma attenzione: il ragionamento vale solo per la clonazione umana perche' se parliamo di clonazione terapeutica, quella che serve alla sperimentazione sulle cellule staminali embrionali, il discorso e' diverso. Anzi, a parer mio, opposto. Questo tipo di clonazione io la favorirei in ogni modo ed e' per questo che gia' da quasi un anno mi sono pronunciato a favore del referendum promosso dai radicali contro la legge sulla fecondazione assistita che impedisce questo genere di sperimentazione. Al bando dunque la clonazione, ma con la precisazione che stiamo parlando di quella umana.


Il referendum e il manifesto per la ricerca scientifica
14 dicembre 2004
D'accordo, caro Mieli, con la sua esortazione di procedere nella ricerca sulla clonazione terapeutica. Ma a me sembra che questi discorsi, al di la' delle implicazioni etiche su cui lei si e' soffermato, non tengano conto del fatto che -comunque vadano le cose per quel che concerne il referendum sulla procreazione assistita nel quale anche io mi auguro che vincano radicali e laici - e' lo stato complessivo della ricerca scientifica in Italia ad essere in crisi. Tutti, a parole, spingono perche' si investa sulla ricerca (il Governo, l'opposizione, la Confindustria, i sindacati) ma poi nei fatti questo settore risulta di anno in anno sempre piu' trascurato. Si ha un bel dire che il referendum aprira' nuove prospettive...
Mariella Capone, Lecce

Cara signora Capone, mi scusi ma non vedo contraddizione tra l'impegno a che -tramite il referendum promosso dai radicali- sia aperto un varco alla clonazione terapeutica e il sacrosanto discorso che lei fa a proposito della generale mancanza di sensibilita' (se non a parole) nei confronti della ricerca scientifica. Anzi. Ritengo che questo contesto di battaglia referendaria sia il piu' propizio per imporre il tema che le (e mi) sta a cuore. Tant'e' che proprio in questi giorni verra' reso pubblico un manifesto del "Gruppo 2003" nel quale una trentina tra gli scienziati italiani piu' qualificati nel mondo -tra i quali Silvio Garattini, Pier Mannuccio Mannucci, Alberto Mantovani, Tommaso Maccacaro, Vincenzo Balzani, Franco Brezzi e altri di pari importanza- avanzeranno alcune proposte per passare dal piano teorico a quello operativo.
C'e' nel loro manifesto l'idea di promuovere gli scienziati negli organismi pubblici in base a criteri meritocratici e non piu' "ope legis" o con finti concorsi; c'e' l'auspicio di un sistema di ricerca fondato sull'autonomia delle scelte di persone e progetti nonche' sulla "responsabilita'" rispetto al successo o all'insuccesso di queste scelte; c'e' l'esortazione ad ispirarsi ai criteri di Stati Uniti e Gran Bretagna dove uno scienziato puo' garantirsi un salario su finanziamenti ottenuti per progetti competitivi e dove lo Stato "costituisce uno sportello affidabile e costante su cui si puo' contare per il presente e per il futuro, in un contesto di competizione basato sulla qualita'"; c'e' l'idea di fare "massa critica" creando strutture di grandi dimensioni che prevedano la condivisione di apparecchiature sofisticate e costose, banche dati e sistemi informativi efficienti, processi moderni, servizi di base.
Il manifesto sostiene che e' sbagliato trasmettere il messaggio secondo cui le difficolta' attuali debbano essere ricondotte al tema del "rientro dei cervelli", cioe' del rimpatrio in Italia dei nostri scienziati che hanno studiato e trovato lavoro all'estero: non aiutano la ricerca nazionale -sostengono i trenta- "i rientri virtuali, fatti di qualche settimana l'anno di insegnamento in Italia e di una attivita' scientifica che ha il suo centro in istituzioni estere".
Si deve invece costruire un sistema aperto in cui salari, laboratori, accesso ai finanziamenti e possibilita' di carriera siano confrontabili con quelli del resto d'Europa (o americani) e consentano, anzi stimolino la venuta di scienziati dall'estero, anche da Paesi meno sviluppati del nostro. Il finanziamento della ricerca scientifica non puo' essere episodico, legato a stanziamenti una tantum; e' essenziale "la costituzione di meccanismi stabili, quali una o piu' agenzie di ricerca". Servono valutazioni per progetti, finanziamenti e carriera da parte di esperti indipendenti, internazionali, anonimi.
Ci vogliono incentivi fiscali all'industria per questo genere di investimenti, serve l'introduzione di un nuovo otto per mille ad hoc, facilitazioni fiscali per le donazioni a universita', istituti o enti di ricerca. Mi rendo conto che e' arduo sintetizzare in poche righe un manifesto cosi' elaborato ma le assicuro, cara signora Capone, che quando lo leggera' per intero si potra' rendere conto del fatto che il clima creato dall'imminenza del referendum sta provocando, con il concorso anche di chi probabilmente votera' per il mantenimento della legge, effetti benefici. Finalmente, per quel che riguarda la ricerca scientifica, anche qui in Italia qualcosa si muove.


Clonazione: chi vuole impedire un tipo di ricerca e chi no
17 dicembre 2004
Lei, caro Mieli, ha suggerito di mettere al bando la clonazione umana ma non quella terapeutica. Anzi si e' piu' volte pronunciato per il referendum contro la legge sulla fecondazione assistita proprio perche' -lei sostiene- quella legge impedisce la ricerca sulle cellule staminali embrionali che vengono prodotte proprio con la clonazione terapeutica.
Ora, a parte il fatto che sempre di clonazione si tratta, non capisco perche' si debbano fare esperimenti sulle cellule staminali embrionali dal momento che la ricerca sta compiendo passi da gigante con l'avanzata sperimentazione sulle cellule staminali adulte. Mi sembra sciocco che ci si divida in due "fazioni delle staminali" come se fossimo ad una partita di calcio...
Maria Malabarba, Milano

Cara signora Malabarba,
non ho alcuna competenza specifica in questo campo ma provero' a illustrare i termini del problema per come mi appaiono. Le cellule staminali adulte, presenti in quasi tutti i tessuti dell'organismo, sono in grado di riprodursi dando origine ad una cellula "differenziata", cioe' dello stesso tipo di tessuto in cui si trova. Quelle "embrionali", cioe' appartenenti all'embrione formatosi dopo quattro giorni dalla fecondazione, sono "totipotenti", cioe' in grado di dare origine a tutti i tessuti del corpo umano.
Le prime sono una sorta di "pronto soccorso" ad hoc che gli organi utilizzano per ricostruire i singoli tessuti danneggiati ma sono in grado -con qualche limitata eccezione- di dare origine solo ad un tipo di cellula, quella del tessuto a cui appartengono: quelle del midollo osseo, ad esempio, producono esclusivamente le cellule del sangue, globuli rossi, bianchi, piastrine. In ogni caso sono utilissime e gia' oggi le si usa nelle terapie per un buon numero di malanni.
Le seconde, cioe' le "staminali embrionali", potrebbero (sottolineo l'uso del verbo al condizionale) rigenerare tutti i tessuti del corpo umano ed essere, dunque, utilizzate nella cura di una grande quantita' di altre malattie. E' per questo che da ogni parte del mondo ci sono persone -come me- che chiedono la liberta' di sperimentare anche su queste ultime. Pur se, per compiere tali sperimentazioni, e' necessario procedere alla clonazione "terapeutica", detta cosi' perche' gli embrioni che si fabbricano in laboratorio servono, appunto, a curare malattie.
Adesso il professor Angelo Vescovi, condirettore dell'Istituto Cellule staminali del San Raffaele di Milano (partigiano, lo dico in tono scherzoso, della ricerca sulle staminali adulte) sostiene che forse si potranno produrre cellule staminali embrionali senza essere costretti a ricorrere alla clonazione. In che modo? Si prenderebbe una cellula adulta e si cercherebbe di costringerla a regredire allo stato di embrione staminale, "ben a valle di quello di embrione", ha specificato Vescovi a Enrico Negrotti di Avvenire. In tal modo si produrrebbero direttamente staminali embrionali senza passare per lo stadio di embrione.
Allo stato attuale, secondo il professore, questo procedimento ha le stesse probabilita' di successo che ha la clonazione; ma dal momento che "la clonazione pone problemi etici e questa via no", afferma, "qualcuno deve spiegare perche' dobbiamo investire solo sulla clonazione". Mi permetto di rispondere io che pure -l'ho ammesso in partenza- non ho alcuna competenza scientifica: non esiste persona che, come dice il professor Vescovi, voglia investire "solo" sulla clonazione. O quantomeno io non ne conosco.
Quelli che come me si sono pronunciati a favore del referendum contro la legge sulla fecondazione assistita (legge che sbarra la strada agli esperimenti sulle cellule staminali embrionali) vorrebbero poter investire "anche" sulla clonazione. Nel frattempo si saranno ottenuti risultati con il procedimento spiegato da Vescovi ad Avvenire ? Magnifico. Ma perche' non procedere anche per altre vie? Ed e' qui -credo- la differenza tra la mia posizione e quella del professor Vescovi. Io non voglio inibire nessun tipo di ricerca. Lui, per ragioni etiche che io rispetto, si'. Nessuno pero' vuole imporre a lui o ad altri scienziati che hanno le sue stesse opinioni di fare la ricerca sulle staminali embrionali. Si chiede soltanto che chi ha opinioni diverse dalle sue lo possa fare. E, indipendentemente dal merito della questione che puo' essere discussa all'infinito, a me questa differenza sembra fondamentale.
 
 
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