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 ITALIA - ITALIA - Italia. Monitor Biomedico 2003: gli italiani e le biotecnologie
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13 novembre 2003 17:32
 
Italiani disorientati ed in parte spaventati dalle biotecnologie. Secondo i dati di Monitor Biomedico 2003 del Censis, infatti, la maggior parte degli italiani (esattamente il 57,3%), si dichiara d'accordo sugli interventi di ingegneria genetica per prevenire le malattie, ma quote ancora piu' consistenti hanno paura che lo sviluppo delle biotecnologie comporti rischi di modificazione incontrollata animale e vegetale (65,7%), rischi per la salute e il benessere dei cittadini (61,9%) e rischi per il controllo sociale (65,3%). Lo studio dimostra anche che gli italiani sono favorevoli all'uso delle biotecnologie nella cura della salute (56,4%), nella protezione dell'ambiente (49,7%) e per programmi di protezione sociale come ad esempio le banche del Dna (45,8%).
No invece all'uso delle biotecnologie nell'alimentazione e in agricoltura: nel primo caso, infatti, riguardo all'alimentazione, il 56,6% e' contrario e il 30,6% favorevole, mentre, nel secondo caso, riguardo all'agricoltura, i contrari rappresentano il 53,3% e i favorevoli il 33,9%.
Rispetto alle diverse tecniche biotecnologiche utilizzabili per le cure, gli italiani si sono dimostrati favorevoli solo all'uso di cellule staminali embrionali: il 44,0% di pareri favorevoli, il 41,4% di pareri contrari e il 14,6% di soggetti che non sanno rispondere. Per tutte le altre pratiche ipotizzate dalla ricerca emerge una netta prevalenza di pareri contrari all'uso. Netto no alla clonazione umana (92,5% di pareri negativi) e a quella animale (85,5%).
Per il Monitor Biomedico gli italiani sono vittime di informazioni parziali che provocano ansie. E per maggiore tutela, 4 italiani su 10 hanno risposto che a prendere decisioni sulle nuove ricerche deve essere il Comitato nazionale di bioetica, seguito dai ricercatori (preferiti degli intervistati 25,2%), dalle associazioni di tutela dei diritti del cittadino (10,7%), dai cittadini (8,2%) e dalle forze politiche (5,2%), mentre il 10,0% degli intervistati ritiene di non saper rispondere.
Il mondo scientifico ed industriale americano continua a rappresentare la punta piu' avanzata della ricerca e della sperimentazione biotecnologica, lasciando a distanza l'Europa che nonostante i successi scientifici non riesce a produrre brevetti in grado di contrastare sul mercato dei farmaci il gigante Usa.
Nel 2002 sono stati contati 371 medicinali in sviluppo presso 144 compagnie americane ed il National Health Institute, per la cura di circa 200 malattie. La ricerca italiana ha pero' dato all'innovazione biotecnologica un contributo rilevante. In particolare si possono segnalare alcuni punti di eccellenza in Italia nei campi della terapia genica, della immunologia, delle cellule staminali, dello studio e produzione di vaccini, nel settore di studio dei genomici e proteomici e dei tumori e nei 42 progetti integrati europei sui tumori del VI Programma Quadro, di cui 6, pari al 14%, sono coordinati da scienziati italiani.
Negli ultimi tre anni vi e' stata una crescita del numero di imprese biotecnologiche in Europa, con un contributo significativo di Germania, Regno Unito e Francia, dove l'incremento e' stato rispettivamente del 32%, 26% e 38%. Sebbene nello stesso periodo in Italia la crescita delle imprese biotecnologiche sia stata del 41%, la posizione dell'industria biotecnologica in Italia e' ancora debole: solo poche sono le imprese biotecnologiche quotate in borsa, pari al 2,9% delle piccole e medie imprese (Pmi) quotate in Europa. Inoltre solo il 40% e' impegnato nel settore della salute, mentre il 30% si occupa di strumentazione. Infine il 29% delle piccole e medie imprese biotecnologiche in Italia e' formato da start up, imprese nelle prime fasi di vita, che necessitano, quindi, di ulteriore rafforzamento e stabilizzazione.
Queste aziende biotecnologiche italiane costituiscono solo il 3% delle europee. Tuttavia se si includono le divisioni biotech delle grandi imprese multinazionali, il settore appare piu' consistente: gli addetti presenti in Italia rappresentano circa il 14% degli addetti europei.
L'Europa, pur essendo in testa nella produzione scientifica in biotecnologie, come dimostra il numero di pubblicazioni scientifiche nelle biotecnologie nel periodo 1994-99, e' indietro nella produzione di brevetti, anche in presenza di Paesi europei che dimostrano in questo settore buone performance. La quota di brevetti ottenuti da soggetti europei presso l'ufficio brevetti statunitense (Uspto) e' ancora ridotta: 18,7% nel 2000 rispetto al 65,5% di soggetti statunitensi; mentre il numero di brevetti in biotecnologie ottenuti presso l'Ufficio brevetti americano (Uspto) e' cresciuto in dieci anni, tra 1990 e 2000, del 15% all'anno, la crescita presso l'Ufficio Europeo, dove peraltro piu' della meta' delle domande e' di origine statunitense, e' stata del 10,5%.

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Italiani disorientati ed in parte spaventati dalle biotecnologie. Secondo i dati di Monitor Biomedico 2003 del Censis, infatti, la maggior parte degli italiani (esattamente il 57,3%), si dichiara d'accordo sugli interventi di ingegneria genetica per prevenire le malattie, ma quote ancora piu' consistenti hanno paura che lo sviluppo delle biotecnologie comporti rischi di modificazione incontrollata animale e vegetale (65,7%), rischi per la salute e il benessere dei cittadini (61,9%) e rischi per il controllo sociale (65,3%). Lo studio dimostra anche che gli italiani sono favorevoli all'uso delle biotecnologie nella cura della salute (56,4%), nella protezione dell'ambiente (49,7%) e per programmi di protezione sociale come ad esempio le banche del Dna (45,8%).
No invece all'uso delle biotecnologie nell'alimentazione e in agricoltura: nel primo caso, infatti, riguardo all'alimentazione, il 56,6% e' contrario e il 30,6% favorevole, mentre, nel secondo caso, riguardo all'agricoltura, i contrari rappresentano il 53,3% e i favorevoli il 33,9%.
Rispetto alle diverse tecniche biotecnologiche utilizzabili per le cure, gli italiani si sono dimostrati favorevoli solo all'uso di cellule staminali embrionali: il 44,0% di pareri favorevoli, il 41,4% di pareri contrari e il 14,6% di soggetti che non sanno rispondere. Per tutte le altre pratiche ipotizzate dalla ricerca emerge una netta prevalenza di pareri contrari all'uso. Netto no alla clonazione umana (92,5% di pareri negativi) e a quella animale (85,5%).
Per il Monitor Biomedico gli italiani sono vittime di informazioni parziali che provocano ansie. E per maggiore tutela, 4 italiani su 10 hanno risposto che a prendere decisioni sulle nuove ricerche deve essere il Comitato nazionale di bioetica, seguito dai ricercatori (preferiti degli intervistati 25,2%), dalle associazioni di tutela dei diritti del cittadino (10,7%), dai cittadini (8,2%) e dalle forze politiche (5,2%), mentre il 10,0% degli intervistati ritiene di non saper rispondere.
Il mondo scientifico ed industriale americano continua a rappresentare la punta piu' avanzata della ricerca e della sperimentazione biotecnologica, lasciando a distanza l'Europa che nonostante i successi scientifici non riesce a produrre brevetti in grado di contrastare sul mercato dei farmaci il gigante Usa.
Nel 2002 sono stati contati 371 medicinali in sviluppo presso 144 compagnie americane ed il National Health Institute, per la cura di circa 200 malattie. La ricerca italiana ha pero' dato all'innovazione biotecnologica un contributo rilevante. In particolare si possono segnalare alcuni punti di eccellenza in Italia nei campi della terapia genica, della immunologia, delle cellule staminali, dello studio e produzione di vaccini, nel settore di studio dei genomici e proteomici e dei tumori e nei 42 progetti integrati europei sui tumori del VI Programma Quadro, di cui 6, pari al 14%, sono coordinati da scienziati italiani.
Negli ultimi tre anni vi e' stata una crescita del numero di imprese biotecnologiche in Europa, con un contributo significativo di Germania, Regno Unito e Francia, dove l'incremento e' stato rispettivamente del 32%, 26% e 38%. Sebbene nello stesso periodo in Italia la crescita delle imprese biotecnologiche sia stata del 41%, la posizione dell'industria biotecnologica in Italia e' ancora debole: solo poche sono le imprese biotecnologiche quotate in borsa, pari al 2,9% delle piccole e medie imprese (Pmi) quotate in Europa. Inoltre solo il 40% e' impegnato nel settore della salute, mentre il 30% si occupa di strumentazione. Infine il 29% delle piccole e medie imprese biotecnologiche in Italia e' formato da start up, imprese nelle prime fasi di vita, che necessitano, quindi, di ulteriore rafforzamento e stabilizzazione.
Queste aziende biotecnologiche italiane costituiscono solo il 3% delle europee. Tuttavia se si includono le divisioni biotech delle grandi imprese multinazionali, il settore appare piu' consistente: gli addetti presenti in Italia rappresentano circa il 14% degli addetti europei.
L'Europa, pur essendo in testa nella produzione scientifica in biotecnologie, come dimostra il numero di pubblicazioni scientifiche nelle biotecnologie nel periodo 1994-99, e' indietro nella produzione di brevetti, anche in presenza di Paesi europei che dimostrano in questo settore buone performance. La quota di brevetti ottenuti da soggetti europei presso l'ufficio brevetti statunitense (Uspto) e' ancora ridotta: 18,7% nel 2000 rispetto al 65,5% di soggetti statunitensi; mentre il numero di brevetti in biotecnologie ottenuti presso l'Ufficio brevetti americano (Uspto) e' cresciuto in dieci anni, tra 1990 e 2000, del 15% all'anno, la crescita presso l'Ufficio Europeo, dove peraltro piu' della meta' delle domande e' di origine statunitense, e' stata del 10,5%.

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