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 ITALIA - ITALIA - Italia. Amniocentesi addio, grazie alle staminali bastera' un prelievo del sangue
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13 maggio 2004 18:51
 
Amniocentesi addio: entro l'anno un semplice prelievo di sangue sara' sufficiente per fare la diagnosi prenatale, sostituendo analisi oggi dolorose e invasive. La nuova tecnica, che per la prima volta permette di utilizzare le cellule fetali in circolazione nel sangue materno, e' in via di validazione nelle universita' di Perugia, Milano e Torino, e viene presentata a Roma, nel congresso dell'Associazione mondiale di medicina della riproduzione (WARM).
La nuova tecnica potra' essere disponibile in Italia entro l'anno, ha detto il coordinatore della ricerca, il direttore della clinica Ostetrica e ginecologica dell'universita' di Perugia, Gian Carlo Di Renzo. I ricercatori prevedono infatti di concludere le procedure di validazione dopo l'estate.
Grazie al nuovo esame, con un prelievo fatto tra la seconda e la terza settimana di gravidanza e che potra' costare fra 200 e 300 euro, diventa possibile isolare le cellule staminali fetali nel sangue materno, prelevarle e farle moltiplicare grazie ad uno speciale cocktail di fattori di crescita. Si ottiene cosi' un numero di cellule sufficiente per l'analisi cromosomica e la tecnica permette di identificare l'85% delle malattie cromosomiche fetali piu' diffuse, come la sindrome di Down.
Un'altra ricaduta positiva, per Di Renzo, e' la possibilita' di ridurre drasticamente il numero delle amniocentesi, che in Italia diventano sempre piu' numerose. "I risultati finora ottenuti mostrano una corrispondenza del 100% con quelli ottenuti dall'amniocentesi".

Da almeno venti anni i ricercatori di tutto il mondo inseguivano la possibilita' di catturare le cellule fetali disperse nel sangue materno e, soprattutto, di averne a disposizione un numero sufficiente per l'analisi cromosomica. Un'operazione tutt'altro che facile, visto che le cellule fetali che attraverso la placenta passano nel sangue materno sono pochissime: una cellula fetale ogni 10 milioni di cellule materne. Cio' significa che, senza le tecniche piu' avanzate di clonazione cellulare, sarebbe stato necessario prelevare dalla donna in gravidanza almeno un litro di sangue per ottenere una quantita' di cellule fetali sufficiente per l'analisi genetica. Ma con la nuova tecnica nata in Italia, "si e' riusciti a ottenere una cellula fetale ogni 100 cellule materne". Come e' stato possibile? "Abbiamo scelto la cellula giusta -ha detto Di Renzo- ed e' la staminale fetale, che si puo' replicare e selezionare con una grande facilita'. In collaborazione con un gruppo di ematologi della nostra universita' siamo riusciti ad ottenere un cocktail di fattori di crescita che ci ha consentito di aumentarne il numero da una cellula fetale ogni dieci milioni di cellule materne a una ogni cento". Una quantita' sufficiente ad analizzare il materiale cromosomico attraverso la tecnica di ibridizzazione in situ fluorescente (Fish). Una volta isolate, quindi, le cellule fetali vengono clonate allo scopo di moltiplicarle e quindi analizzate dal punto di vista cromosomico. La nuova tecnica permette di analizzare 5 cromosomi (13, 18 e il 21 responsabile della sindrome di Down, piu' il cromosoma maschile Y e quello femminile X).

La nuova tecnica potra' ridurre drasticamente il ricorso ad analisi invasive, come amniocentesi e analisi dei villi coriali. Negli ultimi dieci anni, infatti, il ricorso a queste tecniche di diagnosi prenatale. Dal 1995, anno in cui i test per la diagnosi prenatale sono diventati gratuiti, le donne in gravidanza che hanno fatto l'amniocentesi e' aumentato dal 5% al 15%-20%. Vale a dire che se allora ad affrontare il test erano circa 26.000 donne sopra i 35 anni, oggi sono diventate fra 85.000 e 90.000, delle quali circa 15.000 hanno meno di 35 anni. E considerando che il rischio di aborto con questa tecnica e' stimato nell'1%, il numero di aborti e' aumentato nello stesso periodo da 260-300 a circa 900. "Spesso l'ansia per un figlio troppo importante perche' concepito attraverso la fecondazione artificiale o perche' destinato a rimanere unico, spinge le donne a sottoporsi ad esami superflui ed inutilmente rischiosi che provocano, ogni anno, dai 500 ai 1.000 aborti di feti presumibilmente sani".

"Certamente -ha rilevato il genetista Giuseppe Novelli, dell'universita' di Roma Tor Vergata- la diagnosi non invasiva sulla base del sangue materno e' una delle frontiere della ricerca genetica di oggi in quanto permette di ridurre sia i rischi per la madre e per il feto, sia i costi". E' quindi "una tecnica promettente quella che permette di cercare le cellule fetali circolanti con capacita' staminali, ossia che possono riprodursi in vitro". Cellule come queste, ha rilevato, sono infatti poche e difficili da coltivare. Essere riusciti a farlo e' sicuramente "un passo in avanti importante".
Accanto a questa, c'e' un'altra grande frontiera della diagnosi prenatale non invasiva, basata sulla possibilita' di rintracciare, nel sangue materno, il materiale genetico (Dna) del feto rilasciato dalle cellule fetali in circolazione. In questo caso i risultati sono ancora molto lontani. Occorre infatti molta attenzione perche' il Dna del feto puo' confondersi con quello materno. "Oggi questa tecnica riesce a identificare con solo le malattie trasmesse dal padre. Si tratta quindi di un metodo promettente ma incompleto", ha spiegato Novelli.
Nonostante i risultati promettenti ottenuti dal gruppo italiano coordinato dall'universita' di Perugia, c'e' ancora molto da fare anche sul fronte dell'analisi cromosomica basata sulle staminali fetali in circolazione nel sangue materno. La tecnica che permette di analizzare queste cellule, chiamata Fish, permette infatti di visualizzare le anomalie relative al numero dei cromosomi coinvolti nelle patologie piu' frequenti alla nascita, come oggi accade nella cosiddetta amniocentesi immediata, quella che fornisce la prima risposta entro 24 ore. "Non riesce invece a identificare le anomalie nella struttura dei cromosomi, per vedere le quali e' necessario un numero ancora maggiore di cellule". Di conseguenza, ha concluso il genetista, e' necessario che le coppie siano informate sui limiti di questa tecnica che, ha concluso, puo' comunque avere la funzione di screening ed essere utile anche dal punto di vista psicologico.
 
 
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