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 GRAN BRETAGNA - GRAN BRETAGNA - Gb. Robert Edwards: la clonazione terapeutica e' cruciale
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13 maggio 2004 18:57
 
"Geni, geni e ancora geni": scoprire i loro segreti permettera' di affrontare con strumenti adeguati le nuove vie aperte dalla medicina riproduttiva, prima fra tutte la clonazione a fini terapeutici. Ne e' convinto il padre della fecondazione in vitro (Fivet), il ginecologo britannico Robert Edwards, che nel 1978 fece nascere Louise Brown, la prima bambina in provetta, aprendo una strada che continua ad accumulare successi, a destare paure e a suscitare polemiche.
Da allora grazie alla fecondazione artificiale sono nati piu' di un milione di bambini in tutto il mondo. Una cifra che e' l'ultima tappa di quella che oggi Edwards ha definito "una storia fantastica", intervenendo nel congresso dell'Associazione mondiale di medicina riproduttiva (WARM).
"Dalla nascita di Louise Brown ho visto sorridere tanti genitori che temevano di non poter avere figli e ho visto la gioia di tanti bambini. Adesso non voglio che quella gioia sia soppressa in alcun modo", ha detto commosso, senza pero' fare riferimenti espliciti alle restrizioni imposte dalle leggi di alcuni Paesi alle tecniche di fecondazione assistita.
Piccolo di statura, i capelli bianchi, il celebre professore dell'universita' di Cambridge parla con un'energia che non tradisce i suoi 78 anni e difende con forza le leggi della sua Gran Bretagna, che gli hanno consentito di portare avanti ricerche rivoluzionarie "nel pieno rispetto dell'etica". Lottare contro l'infertilita', scoprire la causa dei difetti cromosomici, diagnosticare le malattie genetiche nell'embrione sono stati fin dall'inizio gli obiettivi dei suoi studi. "Dobbiamo fare del tutto, e al meglio, perche' un bambino nasca sano", e' l'imperativo di quella che Edwards chiama "etica della riproduzione".
Piu' volte Edwards ha affrontato sfide al limite dell'etica e della ricerca, spesso precorrendo i tempi. Lo ha fatto quando, insieme a Patrick Steptoe fece nascere la prima bimba in provetta, e quando nel 1982 dichiaro' di avere utilizzato alcuni embrioni a scopo di ricerca, o quando nel 1985 dichiaro' che cellule prelevate da embrioni umani avrebbero potuto essere utilizzate per curare le leucemie. L'ultima battaglia alla quale sta partecipando e' ancora quella sull'uso delle cellule staminali embrionali, alla quale nel 2001 ha partecipato dalle pagine di Nature. Battaglie che Edwards afferma di avere combattuto in nome di una legge etica: "fin dall'inizio -ha detto- etica e scienza hanno proceduto insieme".
La stessa legge etica, ha aggiunto, deve guidare verso i nuovi campi di frontiera aperti da oltre 20 anni di fecondazione assistita e di ricerche nei campi dell'embriologia e delle cellule staminali. Clonare embrioni a scopo terapeutico e' il settore al quale Edwards guarda con piu' ottimismo. "Penso che sia molto importante conoscere tutte le enormi potenzialita' offerte dalle cellule staminali. Purtroppo molte persone non le capiscono, e fra esse ci sono anche molti politici". Ma e' anche vero, ha aggiunto, "che in questo settore della ricerca dobbiamo fare di meglio, dobbiamo ancora capire a fondo, e in tempo, il comportamento delle cellule staminali e riuscire a prevedere quale sara' il loro comportamento una volta introdotte nell'organismo". C'e' quindi ancora tanta ricerca da fare prima che la clonazione terapeutica diventi una realta', cosi' come "c'e' ancora tanto da capire" in tutti i settori della ricerca sulla riproduzione, dai meccanismi che controllano la maturazione degli ovociti al timer che scandisce tutte le fasi dello sviluppo embrionale. "Stiamo progressivamente comprendendo come cresciamo e ci sviluppiamo", un compito nel quale "la rivoluzione della genetica e' con noi", ha osservato. Dalla conoscenza della funzione dei geni e dei segreti della produzione delle proteine dipendera' anche il modo in cui in un futuro non troppo lontano si affronteranno i grandi punti interrogativi della medicina riproduttiva, come la clonazione di esseri umani, la produzione di embrioni geneticamente modificati o progettati con difese immunitarie tali da renderli potenziali donatori.
 
 
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