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 GRAN BRETAGNA - GRAN BRETAGNA - Gb. Produrre le staminali nell'ovocita di rana
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24 luglio 2003 17:01
 
Cellule umane adulte, ormai ben caratterizzate come cellule immunitarie (linfociti), sono tornate indietro nello sviluppo una volta trasferite all'interno di un ovocita di rana, diventando cellule staminali. E' il risultato ottenuto da uno dei pionieri delle ricerche sulla clonazione, John Gurdon, e per la prima volta dimostra non solo che nell'ovocita esiste un laboratorio naturale capace di riprogrammare le cellule adulte, ma che questo laboratorio si e' conservato di specie in specie nel corso dell'evoluzione della vita. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Current Biology segna "il primo passo", come lo definisce lo stesso Gurdon, verso la possibilita' di capire il meccanismo che ha portato a clonare la pecora Dolly e, in seguito, tanti altri mammiferi. Ma soprattutto comincia a dimostrare che e' reale la possibilita' di ottenere cellule staminali senza passare per l'embrione, utilizzando quel misterioso e inafferrabile pugno di molecole contenute nell'ovocita, capace di riplasmare le cellule adulte e chiamato "citoplasto".
Secondo lo stesso Gurdon e il suo gruppo di zoologi e fisiologi dell'universita' britannica di Cambridge, "si tratta del primo passo verso l'obiettivo, a lungo termine, di mettere a punto un procedimento per riprogrammare in modo relativamente semplice cellule umane adulte in vista della terapia cellulare".
L'ovocita di rana, 5.000 volte piu' grande di un ovocita di mammifero, ha permesso di manipolare agevolmente il nucleo della cellula umana adulta inserito al suo interno. I ricercatori hanno creato nell'ovocita di rana Xenopus un ambiente tale che il nucleo della cellula adulta non comincia a replicarsi, cosi' come accadrebbe in un normale trasferimento nucleare. In questo modo, il nucleo del linfocita umano sarebbe rimato inalterato. Invece ha cominciato a modificare il suo programma di sviluppo, spegnendo ad uno ad uno i geni che regolavano la vita della cellula adulta. Contemporaneamente si e' acceso un gene noto da tempo ai biologi come il regista dello sviluppo cellulare, il gene per eccellenza che regola l'attivita' delle cellule staminali, chiamato Oct4. Era il segno evidente che il nucleo trasferito nell'ovocita non era piu' quello di una cellula adulta, ma era tornato indietro nello sviluppo, a livello embrionale. Un esperimento equivalente e' stato ripetuto dal gruppo di Gurdon con cellule adulte di topo in un ovocita di rana, con risultati analoghi.
Gurdon e i suoi colleghi dell'Universita' di Cambridge, avevano gia' condotto esperimenti simili su embrioni immaturi di rane, ma oggi sperano di isolare e poter riutilizzare questa preziosa sostanza per creare una fonte illimitata di staminali senza bisogno di trapianti.

I primi commenti
"Questo e' il primo passo della riprogrammazione" ha spiegato Wolf Reik, genetista dello sviluppo presso il Babraham Institute di Cambridge. "I problemi pero' potrebbero presentarsi dopo. Alcuni geni ad esempio potrebbero rimanere adulti, indurre le cellule a dividersi e diventare cancerogene".
E' una conferma della via italiana per produrre cellule staminali indicata dalla Commissione Dulbecco, la dimostrazione ottenuta dall'universita' di Cambridge che negli ovociti esiste un insieme di molecole capaci di riprogrammare le cellule adulte, trasformandole in cellule bambine senza passare per l'embrione. Lo ha detto il direttore del laboratorio di Biologia dello sviluppo dell'universita' di Pavia, Carlo Alberto Redi, che ha fatto parte della commissione.
"La ricerca del gruppo di Cambridge e' finora il sostegno piu' forte all'idea proposta dalla Commissione Dulbecco", ha osservato Redi, riferendosi ai lavori della commissione voluta dall'ex ministro della Sanita' Umberto Veronesi. "Si tratta di un dato veramente eccezionale -ha aggiunto- ed e' ormai il momento di concentrare grandi finanziamenti alle ricerche in questo settore". Diventa insomma realistico concentrare le energie nella caccia al gruppo di molecole riprogrammatrici, chiamato citoplasto. Individuarle e riprodurle in laboratorio, ottenendo cosi' un citoplasto artificiale da utilizzare per riparare lesioni in modo non invasivo e' gia' l'obiettivo inseguito da molti gruppi e istituti di ricerca nel mondo, fra i quali l'Istituto europeo di biogenesi (Ieben) promosso dallo stesso Redi. "La ricerca del citoplasto -ha osservato Redi- non e' piu' un'avventura rischiosa, ma una strada percorribile e che non pone problemi di natura etica, non richiede l'uso di ovociti e non e' minimamente invasiva. Il lavoro di Gurdon dimostra che il citoplasto esiste e abbrevia la strada per arrivare a scoprirne la composizione". Gli studiosi ritengono che questa macchina del tempo molecolare attiva in tutti gli ovociti, possa essere un cocktail di fattori del quale potrebbero far parte sostanze come acido retinoico, insulina, triiodotironina, eritropoieina, per citarne solo alcune.
 
 
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Cellule umane adulte, ormai ben caratterizzate come cellule immunitarie (linfociti), sono tornate indietro nello sviluppo una volta trasferite all'interno di un ovocita di rana, diventando cellule staminali. E' il risultato ottenuto da uno dei pionieri delle ricerche sulla clonazione, John Gurdon, e per la prima volta dimostra non solo che nell'ovocita esiste un laboratorio naturale capace di riprogrammare le cellule adulte, ma che questo laboratorio si e' conservato di specie in specie nel corso dell'evoluzione della vita. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Current Biology segna "il primo passo", come lo definisce lo stesso Gurdon, verso la possibilita' di capire il meccanismo che ha portato a clonare la pecora Dolly e, in seguito, tanti altri mammiferi. Ma soprattutto comincia a dimostrare che e' reale la possibilita' di ottenere cellule staminali senza passare per l'embrione, utilizzando quel misterioso e inafferrabile pugno di molecole contenute nell'ovocita, capace di riplasmare le cellule adulte e chiamato "citoplasto".
Secondo lo stesso Gurdon e il suo gruppo di zoologi e fisiologi dell'universita' britannica di Cambridge, "si tratta del primo passo verso l'obiettivo, a lungo termine, di mettere a punto un procedimento per riprogrammare in modo relativamente semplice cellule umane adulte in vista della terapia cellulare".
L'ovocita di rana, 5.000 volte piu' grande di un ovocita di mammifero, ha permesso di manipolare agevolmente il nucleo della cellula umana adulta inserito al suo interno. I ricercatori hanno creato nell'ovocita di rana Xenopus un ambiente tale che il nucleo della cellula adulta non comincia a replicarsi, cosi' come accadrebbe in un normale trasferimento nucleare. In questo modo, il nucleo del linfocita umano sarebbe rimato inalterato. Invece ha cominciato a modificare il suo programma di sviluppo, spegnendo ad uno ad uno i geni che regolavano la vita della cellula adulta. Contemporaneamente si e' acceso un gene noto da tempo ai biologi come il regista dello sviluppo cellulare, il gene per eccellenza che regola l'attivita' delle cellule staminali, chiamato Oct4. Era il segno evidente che il nucleo trasferito nell'ovocita non era piu' quello di una cellula adulta, ma era tornato indietro nello sviluppo, a livello embrionale. Un esperimento equivalente e' stato ripetuto dal gruppo di Gurdon con cellule adulte di topo in un ovocita di rana, con risultati analoghi.
Gurdon e i suoi colleghi dell'Universita' di Cambridge, avevano gia' condotto esperimenti simili su embrioni immaturi di rane, ma oggi sperano di isolare e poter riutilizzare questa preziosa sostanza per creare una fonte illimitata di staminali senza bisogno di trapianti.

I primi commenti
"Questo e' il primo passo della riprogrammazione" ha spiegato Wolf Reik, genetista dello sviluppo presso il Babraham Institute di Cambridge. "I problemi pero' potrebbero presentarsi dopo. Alcuni geni ad esempio potrebbero rimanere adulti, indurre le cellule a dividersi e diventare cancerogene".
E' una conferma della via italiana per produrre cellule staminali indicata dalla Commissione Dulbecco, la dimostrazione ottenuta dall'universita' di Cambridge che negli ovociti esiste un insieme di molecole capaci di riprogrammare le cellule adulte, trasformandole in cellule bambine senza passare per l'embrione. Lo ha detto il direttore del laboratorio di Biologia dello sviluppo dell'universita' di Pavia, Carlo Alberto Redi, che ha fatto parte della commissione.
"La ricerca del gruppo di Cambridge e' finora il sostegno piu' forte all'idea proposta dalla Commissione Dulbecco", ha osservato Redi, riferendosi ai lavori della commissione voluta dall'ex ministro della Sanita' Umberto Veronesi. "Si tratta di un dato veramente eccezionale -ha aggiunto- ed e' ormai il momento di concentrare grandi finanziamenti alle ricerche in questo settore". Diventa insomma realistico concentrare le energie nella caccia al gruppo di molecole riprogrammatrici, chiamato citoplasto. Individuarle e riprodurle in laboratorio, ottenendo cosi' un citoplasto artificiale da utilizzare per riparare lesioni in modo non invasivo e' gia' l'obiettivo inseguito da molti gruppi e istituti di ricerca nel mondo, fra i quali l'Istituto europeo di biogenesi (Ieben) promosso dallo stesso Redi. "La ricerca del citoplasto -ha osservato Redi- non e' piu' un'avventura rischiosa, ma una strada percorribile e che non pone problemi di natura etica, non richiede l'uso di ovociti e non e' minimamente invasiva. Il lavoro di Gurdon dimostra che il citoplasto esiste e abbrevia la strada per arrivare a scoprirne la composizione". Gli studiosi ritengono che questa macchina del tempo molecolare attiva in tutti gli ovociti, possa essere un cocktail di fattori del quale potrebbero far parte sostanze come acido retinoico, insulina, triiodotironina, eritropoieina, per citarne solo alcune.
 
 
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