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 GRAN BRETAGNA - GRAN BRETAGNA - Gb. Guarito dal diabete con un trapianto di cellule pancreatiche
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Notizia 
17 marzo 2005 18:21
 
Soffriva di diabete da 30 anni, e da 20 doveva quotidianamente iniettarsi insulina, grazie ad un trapianto di cellule pancreatiche realizzato all'ospedale londinese del King's College, e' guarito.
Il paziente, Richard Lane, un uomo d'affari di 61 anni, e' stato infatti dichiarato guarito dalla forma piu' grave di diabete (tipo I o insulinodipendente) e non ha fatto piu' ricorso alle iniezioni di insulina.
Le cellule pancreatiche trapiantate, chiamate insule di Langerhans, sono infatti quelle che producono l'insulina, un ormone metabolico che regola il glucosio nel sangue. Il metodo impiegato dai medici inglesi e' quello tradizionale, messo a punto all'Universita' di Edmonton, in Canada e annunciato nel 2000 sulla rivista New England Medical Journal.
Il trapianto consiste nel prelievo di cellule da un donatore in cui e' stata accertata la morte cerebrale, e nel successivo impianto, tramite iniezione, delle cellule pancreatiche che secernono insulina. Si iniettano solitamente tra 500 mila e un milione di cellule che si insediano nel fegato del ricevente, anziche' nel pancreas.
In particolare per Lane sono stati utilizzati tre donatori. "Non mi sono mai sentito tanto bene negli ultimi 30 anni. Devo darmi dei pizzicotti per essere certo che non sto sognando", ha detto Lane al quotidiano britannico The Guardian. Prima soffriva spesso di attacchi che lo lasciavano incosciente, ora "e' quasi come essere una persona diversa", ha spiegato. Deve assumere sempre medicine, per evitare il rigetto delle cellule trapiantate, ma ha piu' bisogno di insulina.
Dal King's College specificano che la tecnica non e' ancora perfetta e che altri due pazienti che hanno ricevuto lo stesso trapianto hanno ancora bisogno di piccole dosi di insulina. "Le implicazioni per il futuro sono enormi", ha detto la professoressa Stephanie Amiel alla guida del gruppo che si occupa del diabete all'ospedale britannico. "Questo potrebbe significare la fine della dipendenza dall'insulina per tutti i pazienti che soffrono di diabete di tipo I".
"Si tratta di un risultato gia' raggiunto in molti Paesi, anche se a fare da apripista in Europa e' stata la Germania -dice Riccardo Calafiore, direttore del Laboratorio dei Trapianti di Insule all'Universita' di Perugia- un metodo poi introdotto anche in altri Paesi tra cui l'Italia, al San Raffaele di Milano, ma anche Belgio, Svizzera e Svezia".
I pazienti curati con il trapianto sono ormai diverse decine nel mondo, tuttavia, aggiunge Calafiore, "si stima che, a tre anni dall'intervento, sia solo il 30% dei pazienti a non dovere ricorrere alle iniezioni di insulina, forse per la morte progressiva delle cellule trapiantate". Ma gli svantaggi di questo metodo sono anche altri, spiega Calafiore. "Ai pazienti che si sottopongono al trapianto si somministrano farmaci antirigetto, con tutte le conseguenze del caso".
Ma c'e' di piu': se inizialmente il lavoro di Edmonton aveva dimostrato a un anno una percentuale di guarigione del 100%, "si tratta tuttavia ancora di stime basate su un numero limitato di pazienti e dati recenti sembrano indicare che, a tre anni dal trapianto, sono solo il 30% i pazienti che non devono ricorrere alla siringa", conclude l'esperto.
Nel mondo sono 20 milioni i diabetici di tipo I, ossia circa il 10% di coloro che soffrono di questa malattia. Il 90% infatti non e' costretto a iniezioni quotidiane, ma riesce a combattere il diabete riducendo la quantita' di zucchero nella dieta.
 
 
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Il paziente, Richard Lane, un uomo d'affari di 61 anni, e' stato infatti dichiarato guarito dalla forma piu' grave di diabete (tipo I o insulinodipendente) e non ha fatto piu' ricorso alle iniezioni di insulina.
Le cellule pancreatiche trapiantate, chiamate insule di Langerhans, sono infatti quelle che producono l'insulina, un ormone metabolico che regola il glucosio nel sangue. Il metodo impiegato dai medici inglesi e' quello tradizionale, messo a punto all'Universita' di Edmonton, in Canada e annunciato nel 2000 sulla rivista New England Medical Journal.
Il trapianto consiste nel prelievo di cellule da un donatore in cui e' stata accertata la morte cerebrale, e nel successivo impianto, tramite iniezione, delle cellule pancreatiche che secernono insulina. Si iniettano solitamente tra 500 mila e un milione di cellule che si insediano nel fegato del ricevente, anziche' nel pancreas.
In particolare per Lane sono stati utilizzati tre donatori. "Non mi sono mai sentito tanto bene negli ultimi 30 anni. Devo darmi dei pizzicotti per essere certo che non sto sognando", ha detto Lane al quotidiano britannico The Guardian. Prima soffriva spesso di attacchi che lo lasciavano incosciente, ora "e' quasi come essere una persona diversa", ha spiegato. Deve assumere sempre medicine, per evitare il rigetto delle cellule trapiantate, ma ha piu' bisogno di insulina.
Dal King's College specificano che la tecnica non e' ancora perfetta e che altri due pazienti che hanno ricevuto lo stesso trapianto hanno ancora bisogno di piccole dosi di insulina. "Le implicazioni per il futuro sono enormi", ha detto la professoressa Stephanie Amiel alla guida del gruppo che si occupa del diabete all'ospedale britannico. "Questo potrebbe significare la fine della dipendenza dall'insulina per tutti i pazienti che soffrono di diabete di tipo I".
"Si tratta di un risultato gia' raggiunto in molti Paesi, anche se a fare da apripista in Europa e' stata la Germania -dice Riccardo Calafiore, direttore del Laboratorio dei Trapianti di Insule all'Universita' di Perugia- un metodo poi introdotto anche in altri Paesi tra cui l'Italia, al San Raffaele di Milano, ma anche Belgio, Svizzera e Svezia".
I pazienti curati con il trapianto sono ormai diverse decine nel mondo, tuttavia, aggiunge Calafiore, "si stima che, a tre anni dall'intervento, sia solo il 30% dei pazienti a non dovere ricorrere alle iniezioni di insulina, forse per la morte progressiva delle cellule trapiantate". Ma gli svantaggi di questo metodo sono anche altri, spiega Calafiore. "Ai pazienti che si sottopongono al trapianto si somministrano farmaci antirigetto, con tutte le conseguenze del caso".
Ma c'e' di piu': se inizialmente il lavoro di Edmonton aveva dimostrato a un anno una percentuale di guarigione del 100%, "si tratta tuttavia ancora di stime basate su un numero limitato di pazienti e dati recenti sembrano indicare che, a tre anni dal trapianto, sono solo il 30% i pazienti che non devono ricorrere alla siringa", conclude l'esperto.
Nel mondo sono 20 milioni i diabetici di tipo I, ossia circa il 10% di coloro che soffrono di questa malattia. Il 90% infatti non e' costretto a iniezioni quotidiane, ma riesce a combattere il diabete riducendo la quantita' di zucchero nella dieta.
 
 
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