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Riscaldamento climatico. 100 aziende nel mondo le maggiori responsabili
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Articolo di Redazione
12 luglio 2017 9:29
 
 “L’industria delle energie fossili ha raddoppiato il suo contributo al riscaldamento climatico emettendo tanto gas ad effetto serra in 28 anni (1988-2016) quanto in 237 anni”. E’ quanto fa sapere un rapporto della ONG Carbon Disclosure Project (CDP) sull’impatto ambientale della principali imprese mondiali, pubblicato a giugno con il Climate Accountability Institute.
Peggio, “dopo il 1988, piu’ del 50% delle emissioni di CO2 provenivano da solo 25 imprese e Paesi”, dettaglia il rapporto, il cui obiettivo e’ di aiutare le imprese e i Paesi inquinanti a meglio organizzarsi per far fronte agli impatti ambientali. In totale, 100 compagnie sarebbero responsabili del 71% delle emissioni.
Tra i piu’ grandi inquinatori, la Cina, l’Arabia saudita, l’Iran e la Russia sono in testa all classifica. Alcune imprese, anche quotate in Borsa, sono nel collimatore; la russa Gazprom, leader di esportazione di gas nel mondo, Suncor, ExxonMobil, dove l’ex-ad Rex Tillerson e’ stato nominato al posto del Segretario di Stato agli Usa, Totale e Shell. Il rapporto, che si basa su dati pubblici, precisa che un quinto di queste emissioni provengono d imprese che usufruiscono di fondi pubblici e che il 41% delle emissioni provengono da imprese che usano questi fondi pubblici e che il 41% delle emissioni degli ultimi 28 anni provengono da aziende in mano ai propri investitori (Peabody, Chevron, Total). Dei grandi padroni che dovrebbero, secondo il rapporto, assumersi le proprie responsabilita’ e fermare di investire in queste energie. Se si continua sul medesimo ritmo, da qui a 28 anni, “la temperatura media della Terra potrebbe aumentare di quattro gradi”, avvisa la CDP.
Verso un Pianeta verde?
Per cercar di raggiungere gli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi sul clima, con cui gli Stati ambiscono a limitare il riscaldamento climatico a 2 gradi, anche 1,5, le grandi aziende si mettono in verde: BP, ExxonMobil, Shell e Total sono per esempio favorevoli ad una tassa sul carbone. La lista comprende anche delle imprese del carbone, un settore per niente in declino: “Ci sono 840 GW (l’equivalente di 840 reattori nucleari -ndr) di nuova capacita’ di carbone in previsione per i prossimi anni. Bisogna assolutamente impegnarsi su questo se si vogliono rispettare gli accordi di Parigi sul clima”, dice al quotidiano Libération Lucie Pinson, degli Amici della Terra. Altri come Apple, Google, Facebook o Ikea, si impegnano ad usare il 100% di energie rinnovabili. Comunque, Apple, Facebook e Google sono le sole imprese ad ottenere la migliore nota globale (A). L’azienda con la mela si distingue con il suo indice di energie rinnovabili, che si attesa sull’83%, rispetto al 67% dell’impresa fondata da Mark Zuckerberg, e 56% per il motore di ricerca. Per suo conto, il costruttore svedese di automobili Volvo, ha annunciato che tutte le vetture saranno elettriche o ibridi da qui a due anni.
Le energie rinnovabili piu’ redditizie
Il fondatore del movimento mondiale sul cambiamento climatico, Bill Mckibben, scrive in una tribuna a proposito del disinvestimento delle energie fossili che le imprese “sanno che i combustibili fossili appartengono al passato ed hanno osservato che i rendimenti degli investimenti nel carbone, gas e petrolio sono molto al di sotto di quelli del resto del mercato, in particolare delle rinnovabili”. Alcuni Paesi l’hanno ben compreso: indirizzarsi verso le energie rinnovabili sara’ redditizio, e le economie reagiranno di conseguenza sul lungo termine. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia rinnovabile (Irena), raddoppiare la parte di energie rinnovabili nella rosa energetica mondiale da qui al 2030, permetterebbe di risparmiare 4.200 miliardi di dollari (3.740 miliardi di euro) all’anno. Durante la COP21, l’India, terzo Paese che produce gas ad effetto serra, ha fatto la promessa di ridurre le proprie emissioni di CO2 e di moltiplicare per 25 in sette anni le sue capacita’ di produzione di energia solare. Stessa cosa per la Cina. Se il carbone resta la sua prima fonte di energia e il Paese continua ad investire in questo settore, essa ha cominciato nel suo disimpegno per questo combustibile. Pechino prevede nel suo ultimo piano quinquennale, di diminuire la parte del carbone nel mix energetico dal 64% a meno del 58% nel 2020.

(articolo di Robin Ecoeur, pubblicato sul quotidiano Libération del 12/07/2017)
 
 
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