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Ricerca con embrioni: l'etica del ragionevole
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Articolo di a cura di Donatella Poretti
6 marzo 2003 21:10
 
Riportiamo un testo di Manuel Atienza (Universita' di Alicante), comparso sul quotidiano"El Pais" del 6 marzo 2003

Si deve fare ricerca con gli embrioni per fini terapeutici o di altro tipo? E' o non e' accettabile la clonazione terapeutica o quella riproduttiva? Si tratta, senza dubbio, di questioni polemiche su cui la gente sembra avere profonde differenze il che, tuttavia, non impedisce che si possa arrivare ad accordi pratici con sorprendente facilita'. Di piu', io diro' che oggi esiste un consenso di base su questi temi, che si poggia sull'idea che l'embrione umano e' un bene che merita protezione fin dal momento della fecondazione, tuttavia non ha lo stesso valore nelle sue distinte fasi del suo sviluppo, ma questo valore cresce nella misura in cui si realizzano i cambiamenti biologici come l'impianto stabile nell'utero, la comparsa dei tessuti, la formazione degli organi. L'esistenza di queste differenze di valore permette, a sua volta, di effettuare valutazioni e di stabilire punti d'accordo come i seguenti:

1. E' lecito l'uso delle tecniche di riproduzione umana assistita anche se comportano la produzione di embrioni sovrannumerari.
2. E' preferibile usare i preembrioni sovrannumerari per fini di ricerca, piuttosto che distruggerli.
3. E' preferibile fare ricerca con preembrioni sovrannumerari, piuttosto che crearli appositamente per questo scopo.
4. La creazione di embrioni per la ricerca e' giustificata solo se non e' possibile realizzare queste ricerche con preembrioni sovrannumerari, e neppure con modelli animali, ed e' ragionevole pensare che queste ricerche porteranno a effetti curativi considerevoli in merito a malattie gravi.
5. La ricerca con embrioni, in ogni caso, deve realizzarsi nei primi 14 giorni di sviluppo dello zigote.
6. La clonazione terapeutica per ottenere cellule staminali deve essere sottoposta a rigidi controlli.
7. La clonazione a fini riproduttivi, al meno per il momento, deve essere proibita.

L'esistenza di questo consenso puo' essere visto come un accomodamento, piu' o meno complesso, tra i diversi valori, che si chiamano "principi di bioetica" e che in realta', sono un'applicazione, in questo campo dell'esperienza umana, dei principi generali dell'etica, o se si vuole, di un'etica razionalista. (.)
In realta', l'unico problema che sussiste e che questo consenso (per quanto non sia completamente generalizzato) contraddice frontalmente la dottrina di varie organizzazioni religiose di enorme influenza sociale; in particolare quella della Chiesa cattolica, che ritiene che, a partire dall'ovulo fecondato ci sia una persona morale con gli stessi sensi dell'essere umano adulto, e quindi considera che qualsiasi uso si faccia degli embrioni e' un attentato contro la dignita' umana, non accettando, pertanto, le conclusioni precedentemente segnalate. (.)
Secondo la mia opinione ci sono in particolare due argomentazioni che portano a definire "irrazionale" la posizione della Chiesa in questa materia. Una ha a che vedere con le conseguenze inaccettabili che ne derivano: rinunciare alla fecondazione in vitro (che presuppone gli embrioni sovrannumerari) e, come conseguenza, negare a molti individui il diritto ad essere genitori; considerare la distruzione di embrioni sovrannumerari come "un male minore" rispetto alla loro utilizzazione per fini di ricerca, e forse soprattutto, negare ai malati di Alzheimer, Parkinson o diabete il diritto ad ottenere (. la speranza fondata di ottenere) una cura alle loro malattie.

Il secondo argomento e' il seguente. Esiste una nozione di razionalita' che, in qualche modo, e' presente nelle nostre pratiche dialettiche, e secondo cui, le ragioni che reciprocamente ci diamo nei discorsi pubblici devono poter essere comprese, e eventualmente, accettate da tutti gli altri, cioe', da chiunque partecipi al dibattito come libero cittadino e uguale agli altri. Ma questo non avviene in relazione alla Chiesa cattolica, la cui comprensione e accettazione esige un atto di fede che, per definizione, esclude i non credenti. Detto in altra maniera, non sono ragioni che possono essere universalizzate nel contesto delle nostre societa' pluraliste.

Quello che qui si sta definendo come irrazionale, non e' assumere un atteggiamento religioso, ma la dottrina della Chiesa cattolica: una dottrina che inizia con Pio IX, un papa che si e' distinto per essere un nemico acerrimo dei diritti umani basilari e che ha sostenuto molte tesi che oggi sarebbero rifiutate da quasi tutti i cattolici, e una dottrina da cui si differenziano altri credo della stessa tradizione religiosa, come il giudaismo o l'anglicanesimo. L'unica cosa irrazionale consiste nel non vedere nessuna differenza, agli effetti del giudizio morale, tra (poniamo) una persona adulta che ha sviluppato con maggiore o minore successo un progetto di vita e il preembrione umano nella fase di blatocisti: una pallina molto piu' piccola di uno spillo che, con alte probabilita', non arrivera' a impiantarsi neppure nell'utero per dar luogo ad un essere umano, e senza nessuna capacita' di sentimento.
 
 
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