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Migrazioni. L’(in)sostenibile attrazione di Monfalcone
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Articolo di Redazione
12 aprile 2024 12:01
 
Con il 30% di stranieri e le continue richieste di nuovi lavoratori da parte dei cantieri navali di Fincanteri, Monfalcone, cittadina giuliana fra Gorizia e Trieste, è diventata un caso nazionale e internazionale, un laboratorio interetnico dove si mescolano diffidenza e integrazione. Gianpiero Dalla Zuanna ne tratteggia la demografia, illustrando qualche possibilità per favorire un proficuo incontro fra persone e culture.

L’articolo 19 della Costituzione recita: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. Il Consiglio di Stato, applicandolo in spirito e lettera, ha ingiunto all’Amministrazione Comunale di Monfalcone di individuare al più presto luoghi idonei per la preghiera richiesti dalla comunità islamica, che in questa città conta più di 5.000 componenti, su un totale di 30.000 abitanti. È un pronunciamento importante, sia in generale, sia per il caso particolare della città giuliana, che fa seguito a ricorsi contro la decisione della sindaca Anna Maria Cisint di chiudere alcuni centri di preghiera islamici, a causa di irregolarità urbanistiche e igieniche che – se applicate alla lettera – porterebbero in tutta Italia alla chiusura di numerosi centri di preghiera e di aggregazione cattolici. Questa è solo l’ultima puntata di una vicenda, per certi versi paradigmatica, di difficile convivenza fra italiani e cittadini di origine straniera, in una città dalla demografia “estrema”, almeno nel panorama italiano. Tratteggiamo questa demografia mediante i dati Istat disponibili, utili per ragionare su possibili percorsi di integrazione.

Dualismo demografico
Al primo gennaio del 2023, a Monfalcone gli italiani residenti erano 20.600, gli stranieri quasi 9.000, fra cui 4.700 provenienti dal Bangladesh. Monfalcone è uno dei comuni italiani con la maggior quota di residenti stranieri (30%). In realtà, le persone di origine straniera sono molto più numerose, perché l’immigrazione a Monfalcone è di vecchia data: nel solo 2022, a Monfalcone sono stati 241 gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana.

Ancora più significativi sono i dati sull’età, il sesso e la dinamica demografica. (Figure 1 e 2, Tabella 1). Gli stranieri con più di 70 anni erano 91, gli italiani 5.400. Per contro, le persone nelle età centrali di lavoro (25-44) quasi si equivalevano, con 3.558 italiani e 3.599 stranieri. Fra questi potenziali lavoratori stranieri, il 58% erano uomini (ma in età 40-44 gli uomini erano il doppio delle donne). I bambini italiani in età prescolare (0-5) erano 685, gli stranieri 1.017. Nel 2022 a Monfalcone sono nati 106 bambini italiani e 197 stranieri, mentre sono morti 379 italiani e 6 stranieri. Nel quinquennio 2018-22, la fecondità media delle donne italiane è stata di 1,34 figli (in linea con la media nazionale), quella delle donne straniere di 2,35, superiore a quella del Bangladesh (1,93 figli per donna nel 2023). In complesso, a Monfalcone sono dati 1,82 figli per donna, uno dei livelli più alti fra le città italiane, allo stesso livello della Francia. Per inciso, questi dati mostrano quanto sia irrealizzabile e inconsistente la proposta di un tetto del 20% di alunni stranieri per classe. A meno di tenere i bambini stranieri fuori dalla scuola, o di mandarli a studiare sulla luna…




 

Infine, nel corso del 2022 all’anagrafe di Monfalcone si sono iscritti più di 1.000 nuovi cittadini stranieri, di cui 700 provenienti direttamente dall’estero e 300 da altri comuni italiani, mentre gli stranieri cancellati dall’anagrafe sono stati 300, per un saldo migratorio degli stranieri di +730. Per contro, la differenza fra iscritti e cancellati italiani nell’anagrafe di Monfalcone è stata negativa (-130).

La forte attrattività di Monfalcone è legata alla presenza di Fincantieri, grande industria a forte partecipazione statale, specializzatesi – in particolare – nella costruzione di navi da crociera, per cui il lavoro delle maestranze del Bangladesh è particolarmente apprezzato. Si tratta spesso di lavoratori provenienti da aree molto povere – e questo potrebbe spiegare la fecondità più elevata della media del Bangladesh – disposte a lavorare per salari modesti, la cui erogazione è purtroppo possibile regolarmente, mediante catene di subappalti. Come dimostrato anche dalle numerose naturalizzazioni, a Monfalcone convivono diverse comunità straniere, e gli immigrati provenienti dal Bangladesh sono solo metà del totale: molto numerosi sono anche i rumeni e quanti provengono dalla ex-Jugoslavia (Figura 3). Anche molti di questi stranieri non bengalesi lavorano in Fincantieri, spesso in posizioni meno subalterne e con migliori retribuzioni. 

 

Politiche possibili
Tutto fa pensare che, nel breve-medio periodo, questi flussi migratori continueranno, viste anche le nuove commesse portate a casa da Fincantieri. È quindi fondamentale attivare intense attività di integrazione, per evitare che immigrazione faccia rima con sfruttamento e segregazione: accenniamo solo a cinque aspetti. 

Il primo è la scuola. L’insegnamento dell’italiano come seconda lingua dovrebbe essere assolutamente prioritario, sia per i bambini che per gli adulti, uomini e donne. Ora questo avviene in modo sporadico, grazie alla buona volontà di dirigenti, insegnanti e associazione di volontariato. Dovrebbe invece diventare un’attività sistematica, organizzata e finanziata con continuità. 

Il secondo aspetto è il lavoro: la sfida è mantenere la competitività di Fincantieri, garantendo nel contempo continuità e salari decenti ai lavoratori, evitando – in particolare – lo sfruttamento legale. Il salario minimo potrebbe essere d’aiuto, perché traccerebbe un confine chiaro e condiviso fra lavoro sfruttato e non sfruttato, così come potrebbero essere utili incentivi all’assunzione di donne, garantendo però la possibilità di conciliare lavoro e accudimento dei figli.

Il terzo aspetto è la casa: andrebbero garantiti affitti a costi ragionevoli, in particolare per le giovani coppie straniere e italiane. Un tempo le grandi fabbriche si facevano carico della costruzione di case operaie: una realtà come Fincantieri (7,65 miliardi di fatturato nel 2023, lo 0,37% del PIL dell’Italia…) avrebbe tutte le possibilità di riportare in auge queste vecchie e abitudini.
In quarto luogo c’è tutto il resto: religione, sport, tempo libero, incontri fra diverse culture… Non basta certo una sentenza del Consiglio di Stato: occorre essere consapevoli che – anche dal punto di vista religioso – rapporti pacifici fra comunità e Amministrazioni giovano a tutti, anche perché la necessaria attività di controllo diventa assai più agevole.

Infine, dove vi sono concentrazioni così forti delle stesse nazionalità, vanno costruiti patti organici con le associazioni dei migranti e con gli Stati di provenienza, non solo per regolare i flussi di ingresso e di uscita, ma anche per le modalità di permanenza, di lavoro, di organizzazione della vita comune, di trasferimenti delle rimesse. Alle comunità immigrate va chiesto di rispettare la Costituzione, le leggi italiane, i regolamenti amministrativi. Nello stesso tempo, va garantita loro la possibilità di farsi una famiglia, di realizzare percorsi di mobilità sociale ascendente, per loro e per i loro figli, di mantenere gli usi non in contrasto con la Costituzione, in primo luogo quelli di tipo religioso. 

Il falso mito della sostituzione etnica
Un’ultima parola sulla “sostituzione etnica” che potrebbe sembrare in atto a Monfalcone, alla luce dei dati demografici. Il concetto è errato, perché si basa su un’idea sbagliata del processo migratorio, come se quanti arrivano in Italia restassero identici, per tutta la vita, ai loro coetanei rimasti nei paesi di provenienza. In realtà – se le migrazioni non sono forzate – immigrazione è selezione: chi se ne va è diverso da chi resta. Partono le persone più intraprendenti e più disponibili a confrontarsi con valori, cultura e punti di vista del luogo di arrivo. 

In secondo luogo, gli studi mostrano che, nel giro di pochi anni, gli immigrati (per non parlare dei loro figli) diventano poco distinguibili rispetto alla popolazione di arrivo, perché la loro ansia di riuscire li porta ad imitare gran parte dei comportamenti socioeconomici dei loro vicini autoctoni. È proprio ciò che è accaduto – ad esempio – agli italiani che sono andati negli USA o in Australia. Hanno certamente mantenuto alcuni usi e costumi dell’Italia e della loro regione di provenienza, ma hanno anche assimilato gran parte degli usi e dei costumi della società d’arrivo. I loro figli mantengono solo qualche flebile traccia della cultura d’origine dei loro avi. Questo processo di assimilazione (nell’accezione letterale di “diventare simili”) è tanto più rapido quanto più intense sono le attività di integrazione messe in atto dalla comunità di arrivo, in particolare quelle basate sulla lingua e sul lavoro.
Gli italiani dovrebbero maturare la consapevolezza dei vantaggi dell’integrazione. Non è facile, in un contesto legislativo dove solo gli stranieri comunitari han diritto di voto alle elezioni amministrative. Alcune forze politiche continuano a soffiare sul fuoco, e la demografia dell’elettorato non è tendenzialmente favorevole al cambiamento: a Monfalcone, metà degli aventi diritto al voto hanno più di 57 anni. La diffidenza verso le politiche favorevoli all’integrazione potrebbe attenuarsi, anche da parte della popolazione meno giovane, considerando i vantaggi che gli italiani potrebbero ricavare dalla presenza di comunità straniere integrate e felici. Per contro, la mancata integrazione può generare malessere sociale e la cosiddetta “assimilazione verso il basso”, ad esempio con lo sviluppo di gang giovanili, come è accaduto in molte città europee e statunitensi.

Grazie agli stranieri, Monfalcone sta vivendo un autentico boom demografico, il cui esito non è però scontato: il pendolo può oscillare fra scontro e integrazione. Dipende dalle azioni messe in atto della società civile e dalla politica.

Gianpiero Dalla Zuanna su Neodemos del 12/04/2024)

 
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