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Dioniso, il vino e l’invenzione del marketing
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Articolo di Gian Luigi Corinto
25 gennaio 2023 12:08
 
 È in corso una grande discussione sul vino, se faccia bene o male, se si debbano etichettare le bottiglie con le inutili frasi che minacciano morte come nei pacchetti di sigari e sigarette, o più ragionevolmente elencare gli ingredienti, come si fa per tutti i prodotti alimentari. È bene che se ne parli, non è bene che si trascurino troppo gli aspetti culturali del consumo di vino. E non è salutare che la discussione moderna che assimila il vino all’alcol prescinda da un discorso sul sacro. È stata la mano divina a soprintendere alle azioni dei primi viticoltori: il vino, materia e simbolo sacro, ha dato sostanza religiosa ai riti pagani in onore di Dioniso come all’Eucarestia del Cristo. L’inevitabile natura mistica si avverte in tutte le interazioni sociali, economiche e politiche, diverse per luogo ed epoca, ogni volta che il vino si produce, si compravende e si consuma in casa o in locali pubblici. Il legame tra natura e cultura nel discorso sul vino è indissolubile e sublimato nella complessità del mito pagano e le sue connessioni, più o meno evidenti, con la religione del Cristo.
L’invenzione del vino è stata probabilmente fortuita, ma è certo che uomini e donne, dopo averlo assaggiato la prima volta, non sono stati più capaci di farne a meno. Il succo uscito dai grappoli d’uva infranti, grazie ai lieviti che da terra passavano sugli acini con gli schizzi della pioggia, si è trasformato in un liquido inebriante fino da tempi remoti. L’umanità del neolitico già conosceva il vino fatto con uva ma lo poteva bere solo per breve tempo prima che si trasformasse in aceto. I viticoltori hanno imparato a selezionare i vitigni migliori, piantare, coltivare, innestare e potare le viti prescelte; i cantinieri a costruire cantine con la temperatura più adatta e a sigillare i vasi per evitare il contatto nefasto con l’aria; certo, la tecnica si è evoluta nel tempo, ma appare impossibile che i primi viticoltori fossero coltivatori impreparati appartenenti a società disorganizzate.
L’incontro produttivo tra umanità e vite è probabilmente avvenuto in Asia Minore, nel Caucaso meridionale, in un’area dei Monti Zagros, che hanno dato a Dioniso il nome di Zagreo. È certamente sua la mano divina che ha guidato viticoltori, bevitori e fedeli. Viticoltura e produzione di vino sono cresciute insieme a una mitologia situata nella regione montagnosa che sta ai bordi di stati che oggi si chiamano Iraq, Siria, Iran, Russia e Turchia. Da qui, vite e vino si sono diffusi nell’area del Mediterraneo come coltura agraria, scambio commerciale, portandosi dietro simboli mitologici evoluti in significati religiosi. È qui che il vino ha assunto importanti valori economici e commerciali, oltre che un profondo significato connesso col mito della morte e della rinascita. Il mondo è stato rivoluzionato da questa idea di resurrezione della carne, a tal punto che il dio pagano che muore e rinasce prese lentamente il posto mitico della Madre-terra da cui, anzi, era nato.
Anche il Cristo muore e resuscita per dare speranza e credo di immortalità agli esseri umani dopo la

loro morte terrena, imponendo la sua fede in larga parte del mondo. Dioniso che muore per smembramento delle carni rinasce a nuova vita, come le piante, come la natura intera, che muore e rinasce nel ciclo incessante delle stagioni. I miti della fertilità della Terra, della natura continuamente rinnovata, erano la spiegazione antica e non ingenua del necessario e continuo succedersi delle pratiche agricole al variare della posizione celeste del Sole e della forma della faccia della Luna. Vite e vino sono simboli di questo ciclo continuo della fertilità terreste: la vite si spoglia delle foglie e in apparenza muore d’inverno, per rinascere nella primavera successiva, quando la terra e l’aria si riscaldano; il vino aveva una nascita misteriosa, ma gli antichi lo vedevano sopravvivere all’autunno e all’inverno, alla morte stessa della vite, come uva appassita o bevanda alcolica. Il suo potere poteva essere tossico e inebriante, capace di ammettere uomini e donne al contatto diretto con la divinità; se bevuto in quantità eccessiva faceva compiere atti scellerati e perfino provocare la morte: il vino era il bene e il male della forza vitale ed era in grado di stimolare la fertilità accendendo il desiderio sessuale, di infrangere ogni regola sociale pur di assicurare lo spargimento del seme maschile nel ventre femminile.
Il culto di Dioniso è cresciuto con l’espansione della colonizzazione greca e con il contemporaneo crescere della viticoltura commerciale. A Delfi, il più importante santuario per i Greci e sede dell’ombelico del mondo, convivevano due Dei, Apollo e Dioniso, e forse il dio del vino ci era giunto prima. L’importanza religiosa del luogo e l’autorevolezza dell’oracolo, facevano di Delfi un posto di importanza capitale sia per l’economia che i culti religiosi. Il legame con la città di Corinto era forte, anche perché la città del golfo era stata sede dei primi riti dionisiaci e i mercanti corinzi di epoca dorica e cretese dovevano già conoscere le rotte che già prima collegavano la Grecia con la Sicilia e l’Italia meridionale. L’oracolo di Delfi e Dioniso ebbero un ruolo determinante nel collegare Grecia e Magna Grecia anche attraverso la materialità e il misticismo del vino e dei riti collegati.
Si può be dire che Dioniso dette una spinta espansiva al commercio del vino e alla coltivazione della vigna nel Sud d’Italia. La maggiore quantità di vino era necessaria a supportare l’espansione del culto religioso: uomini e donne potevano essere attratti dalle caratteristiche del vino, di natura materiale o mistica. Con l’espansione del commercio, si dovevano organizzare meglio anche la produzione e la distribuzione di un prodotto che non era strettamente necessario, ma che aveva caratteri intimamente religiosi. Religione e commercio si stimolarono reciprocamente in una simbolica relazione che rendeva omaggio a una Divinità di per sé disposta agli dislocamenti spaziali, da un ventre femminile a una coscia maschile, da una regione povera a una ricca, dal mare alla montagna, dal sottosuolo alla terra.

I Greci commercianti di vino vinsero la competizione con i concorrenti Fenici, scacciandoli dalle singole colonie, prendendone il posto nei luoghi strategici per il commercio. Di fatto li possiamo vedere come i precursori del mercantilismo moderno, della delocalizzazione della produzione di vino e, in qualche misura, di quell’attività che oggi prende il nome di marketing. Invece di adattare il commercio alla domanda, essi crearono il mercato. I Greci esportarono il consumo dl vino presso popolazioni che non lo conoscevano, ma che dopo averlo assaggiato non ne potevano più fare a meno.
L’esaltazione degli aspetti mistici del consumo di vino dette molti vantaggi materiali. Il misticismo enoico si sostanzia nell’aumento del senso della comunità, perdita di timidezza, pacificazione dei sensi, farmaco per i tormenti dell’anima, antidepressivo, afrodisiaco, anestetico chirurgico. Al richiamo mistico si aggiungono grandi vantaggi economici: il vino è un prodotto che si vende in mercati sempre attivi, ha un valore alto rispetto al peso e al volume, si produce in suoli e ambienti diversi, in collina, in pianure e in montagna, anche nelle più difficili condizioni, in climi diversi e in aree geografiche diverse, e per di più la vigna non si irriga. Il vino porta ricchezza e salute e produce legami di amicizia. Se qualcuno esagera nelle bevute significa che si è ridotto a preda della parte oscura e violenta di Dioniso, dimenticandone consapevolmente il lato euforico e benevolo.
 
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