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 U.E. - U.E. - Ue. Philippe Busquin: "Per qualcuno sono una specie di Frankstein"
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Articolo di Rosa a Marca
7 agosto 2003 20:02
 
Intervista del settimanale tedesco Die Zeit con il Commissario Europeo Philippe Busquin. Il socialista belga, dal 1999 e' responsabile della politica per la Ricerca, che spazia dal programma Galileo a quello della sperimentazione con le cellule staminali. L'anno scorso il suo Ufficio ha elaborato il VI Programma Quadro di Ricerca, valido fino al 2006 e dotato di 17,5 miliardi di euro, che e' una cifra mai raggiunta dai suoi predecessori.

D. La Commissione Europea vuole favorire anche la ricerca con le cellule staminali embrionali. Ma austriaci, irlandesi e soprattutto i tedeschi sono contrari. E' rimasto sorpreso per le critiche che Le sono piovute addosso?
R. No. In fin dei conti questo e' un tema che pone quesiti fondamentali non solo a ciascuna nazione ma a ogni singolo individuo. Non e' un problema politico come gli altri, da trattare in base al colore partitico. Lo dimostra la Germania, dove il dibattito in corso e' di alto profilo. L'argomento tocca sentimenti profondi poiche' quando si affrontano valori e principi etici entrano in gioco molte cose: per esempio la liberta' di ricerca, che per me e' un valore fondamentale ed e' inserita nella Carta Europea dei Diritti fondamentali. Oppure la dignita' umana. Se alcune malattie gravissime limitano questa dignita', non e' forse doveroso cercare tutti i mezzi possibili per curarle? Dignita' umana ha anche a che fare con il confronto tra le diverse concezioni di vita.

D. Fino a che punto riesce a comprendere chi si oppone alla ricerca con le cellule staminali?
R. Lei vorrebbe che le esponessi il mio punto di vista. Ma che importanza puo' avere se la posta in gioco e' trovare una definizione che permetta all'Europa di partecipare a pieno titolo alla sperimentazione internazionale di alto livello? Certo, la ricerca avanzata incute anche timori. Ma, secondo me, non e' da condannare una determinata esplorazione scientifica, se mai il suo uso o abuso.

D. Per Lei la liberta' di ricerca e' una priorita'?
R. La liberta' di ricerca e' un valore essenziale. Da cio' non discende automaticamente che la ricerca sia libera. Serve una regolamentazione etica. A livello comunitario se ne sta occupando da tre anni il Gruppo Etico Europeo, a cui fa riferimento anche la Commissione Ue. Il suo prestigio e' fuori discussione, o per lo meno non ci sono state finora delle lamentele. In quel consesso si elabora una sorta di denominatore comune, il consenso degli europei su materie particolarmente spinose. Naturalmente c'e' sempre qualcuno che non accetta il consenso raggiunto.

D. Il Gruppo Etico non ha pero' impedito il formarsi di un profondo dissenso che ha attraversato istituzioni e Stati membri.
R. Alla fin fine tutta la discussione ruota attorno a un'unica parola: embrione. Quale contenuto si da' a questo termine? Da un punto di vista scientifico le definizioni sono le piu' varie. I britannici associano il termine embrione al concetto di vita solo dopo il quattordicesimo giorno del suo sviluppo. Per i loro vicini irlandesi la vita comincia invece nel momento in cui lo spermatozoo si unisce all'ovulo. Qual e', allora, il momento "giusto"? La parola embrione risveglia in tutti noi determinate visioni. E' stato cosi' anche per i colleghi in Commissione quando discutevamo del progetto. Il cittadino qualunque di solito ha in mente l'immagine dell'ecografia, ma in quel caso si tratta di un embrione di due o tre mesi. La ricerca sulle staminali, invece, avviene molto prima, al momento della fusione dell'ovulo con lo spermatozoo. In questo caso si potrebbe al massimo parlare di un essere in divenire.

D. Il problema pero' non e' solo terminologico; e' anche pratico. Che fare con cellule ed embrioni soprannumerari?
R. Giusto. Anche la Germania autorizza la fecondazione in vitro, con il rischio di produrre cellule fecondate ed embrioni in eccesso. Altri in Europa, per esempio l'Irlanda, portano la loro logica fino in fondo, fino a rifiutare la fecondazione artificiale. E' una posizione rispettabile. Ma nella societa' europea allargata si pensa e si agisce diversamente. E questo, alla fine, e' stato il fattore decisivo per i commissari. Se ci sono embrioni in eccesso di cui nessuno si preoccupa, perche' non utilizzarli?

D. Ma si puo' tradurre questo ragionamento in una normativa europea generale?
R. Non si tratta di rendere tutti uguali. Noi non vogliamo imporre nulla che vada contro le tradizioni di un Paese membro. Pero' deve valere anche l'inverso. Non e' accettabile che la proibizione in un Paese debba estendersi a tutti. Prendiamo ancora l'Irlanda, con la sua posizione netta contro la fecondazione artificiale. L'Irlanda, correttamente, non ha mai preteso che il divieto riguardasse anche altri Paesi. Oltre tutto la Ue ha gia' finanziato la ricerca con le staminali nel V Programma Quadro sulla ricerca, dunque gia' alla fine degli anni Novanta.

D. In Germania molti ricercatori non sanno che pesci prendere. Possono continuare a fare sperimentazione oppure saranno costretti ad andarsene?
R. Ho parlato con molti di loro. Certo che sono soggetti a un'autorizzazione, ma questo vale per tutta l'Europa. In Gran Bretagna le condizioni sono cosi' rigorose, che si fa ricerca con le staminali solo a Oxford e a Edimburgo. La Commissione Ue, ispirata anche dal dibattito in Germania, ha adottato un ulteriore limite; quello della data di riferimento. Si possono utilizzare solo gli embrioni esistenti al 27 giugno 2002. Questo perche' non vogliamo che si producano embrioni unicamente a scopo di ricerca. La data scelta coincide con quella dell'approvazione del VI Programma Quadro di Ricerca. Il Parlamento lo ha votato a grande maggioranza dopo un lungo dibattito. E anche il Consiglio dei ministri lo ha approvato senza problemi. Non mi e' sfuggito che qualche commentatore mi abbia indicato come una sorta di Frankenstein. Eppure la Commissione non fa altro che eseguire le indicazioni del Parlamento e del Consiglio. Nel provvedimento adottato non c'e' nulla che sia stato deciso nella segretezza. Tutto e' stato discusso apertamente per oltre due anni.

D. A quali regole dovranno attenersi i ricercatori europei per potere usufruire dei finanziamenti Ue?
R. Per prima cosa dev'esserci il consenso informato della coppia donatrice. Poi occorre l'approvazione di un comitato etico. In terzo luogo una commissione scientifica dovra' stabilire se per quel progetto sia indispensabile ricorrere alle cellule staminali embrionali e non alle staminali adulte. Infine, si deve rispettare la data di riferimento. Penso che queste norme siano necessarie ma anche sufficientemente rigorose.

D. A quale livello si collocano i ricercatori europei sulle staminali in ambito internazionale?
R. In Gran Bretagna, Germania, Svezia, Francia e Spagna si sperimenta con grande impegno. In Italia i ricercano lavorano nell'ombra per ragioni politiche. Ma un po' ovunque in Europa il panorama scientifico non coincide con quello politico. Finora ci sono pervenute solo nove richieste formali. I nostri ricercatori sono sempre piu' confrontati con i loro colleghi statunitensi e ora anche con gli australiani. Perche' i nostri giovani scienziati sono attratti dall'America? Perche' la' possono trovare concentrati in uno spazio ristretto diversi progetti altamente specializzati. E noi dobbiamo riuscire a convincere i migliori studiosi europei, anzi, i migliori del mondo a lavorare insieme qui, in Europa. A questo serve il VI Programma Quadro di Ricerca, ad avere dei centri di eccellenza con progetti integrati. Sarebbe davvero un peccato se la ricerca con le staminali fallisse. Il futuro dell'Europa e' nella ricerca, non in uno sviluppo demografico piu' contenuto, ne' nelle nostre poche fonti energetiche, ne' tanto meno nell'espansione geografica.

D. Ma non sara' che lei punti troppo su un senso civico comune? In fondo gli Stati membri ritengono ancora che se finanziano "Bruxelles" e' per avere qualcosa in cambio.
R. Con la ricerca le cose vanno in un altro modo. Per alcuni aspetti il sapere scientifico e' piu' avanzato in Germania -l'esempio piu' bello e' la tecnica laser; in altri e' la Gran Bretagna ad essere all'avanguardia. Ma alla fine cio' che importa e' che ognuno riconosca come da soli, per quanto bravi si possa essere, non ce la si puo' fare. E che la risposta all'inadeguatezza si chiama Europa.
 
 
 
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