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 SVIZZERA - SVIZZERA - Svizzera. Uno studio internazionale sulla fecondazione artificiale
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Articolo di Donatella Poretti
21 agosto 2003 17:39
 
Assieme alla Germania e alla Norvegia, la Svizzera ha una delle regolamentazioni delle tecnologie mediche di riproduzione piu' restrittive, mentre Italia, Belgio, Stati Uniti e Canada sono molto piu' liberali: e' quanto emerso da un'analisi comparativa internazionale che ha preso in esame undici Paesi sull'arco del periodo 1980-2002, comunica il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica (Fns, clicca qui). All'origine di queste differenze c'e' soprattutto la capacita' di mobilitazione diversa di fautori e oppositori nei vari Paesi.
Sottolineando che si tratta del primo studio comparativo internazionale dei processi decisionali e degli orientamenti politici in questo campo, l'Fns parla di conclusioni "piuttosto esplosive politicamente, se si pensa agli attuali dibattiti sulla ricerca sulle cellule staminali e alla crescente concorrenza internazionale".
Secondo i ricercatori, la mobilitazione prevalente di gruppi d'interesse contrari alla biomedicina e' uno dei fattori che ha determinato l'adozione di una linea restrittiva in Svizzera e in Germania. Al contrario nei Paesi -come ad esempio in Italia (lo studio non prende in considerazione i possibili effetti della legge gia' approvata dalla Camera e attualmente al Senato, ovviamente) o negli Stati Uniti- in cui i medici usufruiscono di maggiore autonomia nella scelta e nell'applicazione di tali tecnologie e dove l'accesso alla medicina di riproduzione non sono legate allo stato civile, vi sono forti divergenze di opinioni che ostacolano l'adozione di regolamentazioni.
La diversita' dei sistemi politici -federalismo/centralismo, parlamentare/presidenziale- incide in minor misura sulla scelta, constatano gli studiosi. Tuttavia le particolarita' istituzionali sovente influiscono nell'applicazione di strategie e politiche: nel caso della Svizzera, la democrazia diretta, con il diritto di referendum e di iniziativa, ha indiscutibilmente un influsso.
Gli studiosi hanno d'altra parte osservato l'assenza di pressioni a favore di un'armonizzazione internazionale delle normative. Anche in seno all'Unione europea, i Quindici godono di grande autonomia nella regolamentazione della medicina di riproduzione e nella ricerca sulle cellule staminali.
Particolarmente liberali nel loro approccio alle tecniche riproduttive, si dimostrano il Canada e i Paesi cattolici Belgio e Italia. In questi Paesi le regole sono poche, si afferma nello studio, e i medici hanno larga autonomia nella scelta delle tecniche da impiegare per realizzare il sogno della coppia sterile. Inoltre non si pongono delle limitazioni sullo stato sociale o l'orientamento sessuale dei richiedenti. Ma secondo gli autori, questa liberta' non e' data da una visione particolarmente aperta della societa'. "In definitiva e' proprio l'assenza di un denominatore comune fra i vari gruppi d'interesse a rendere difficile la stesura di leggi dettagliate che regolino la fecondazione assistita. Questo lascia ai medici una larga autonomia d'intervento", si legge nel rapporto.
In Svizzera, come in Germania e in Norvegia, invece, le leggi sono molto precise e definiscono chiaramente il margine d'azione dei tecnici. In questi Paesi si e' arrivati anche a proibire la donazione di ovuli e di embrioni o la diagnostica preimplantare. Le tecniche convenzionali, come la fecondazione in vitro, sono invece permesse ma sottoposte a disposizioni molto severe che richiedono l'autorizzazione di numerose istanze di controllo. Inoltre l'accesso a queste tecniche e' riservato alle coppie sposate o almeno stabili.
Questa chiara regolamentazione e' ricondotta alla maggioranza trasversale creatasi nei rispettivi parlamenti. Cosi' anche in Svizzera la legge ha trovato il sostegno ai due estremi dello spettro politico.
Da una parte la destra conservatrice, con una forte connotazione religiosa, e dall'altra dei deputati rosso-verdi che tengono a difendere la dignita' umana, contro una biomedicina sempre piu' aggressiva e presente sul mercato. Il dibattito ha coinvolto ampie cerchie, cosa non avvenuta in altri Paesi, dove lo Stato si e' limitato a regolare sommariamente la questione.
Ma c'e' anche in Svizzera c'e' una via per aggirare le regole, come afferma Christine Rothmayr, coautrice dello studio: "Esiste sicuramente un turismo della tecnologia riproduttiva che non esclude la Svizzera. Chi vuole fare ricorso alla scienza per avere dei bambini, se non puo' farlo in Svizzera, trova disponibilita' altrove".
La legge svizzera sulla medicina della procreazione, in vigore dal 2001, tutela la dignita' umana, la personalita' e la famiglia e vieta gli abusi della tecnologia riproduttiva e dell'ingegneria genetica. Essa fa del benessere del nascituro il proprio obiettivo supremo e vieta la conservazione di embrioni, la donazione di ovociti e l'esame genetico dell'embrione in provetta. Un servizio della Confederazione conserva i dati relativi al donatore dello sperma, che sono accessibili al figlio nel caso questo ne faccia espressa richiesta.
Del gruppo internazionale di ricercatori fanno parte tre rappresentanti elvetici -con Christine Rothmayr dell'universita' di Ginevra, Ulrich Klöti e Uwe Serdült dell'universita' di Zurigo- che, con il sostegno dell'Fns, hanno esaminato processi decisionali, strategie e politiche in Svizzera, Italia, Francia, Germania e Spagna. I politologi svizzeri hanno ora esteso le ricerche al Giappone, mentre i loro colleghi stanno analizzando la situazione in altri Paesi occidentali non ancora presi in esame, come ad esempio la Svezia.
In un progetto parallelo sugli stessi Paesi, dei ricercatori stanno studiando politiche e strategie inerenti l'impiego di organismi geneticamente modificati (Ogm) nell'agricoltura.
 
 
 
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