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 U.E. - U.E. - Utero in affitto. No della Corte di Strasburgo se e' senza legame biologico coi genitori
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25 gennaio 2017 7:11
 
Un limite forte alle pratiche dell'utero in affitto, nessuna possibilità di aggirare le procedure per le adozioni. Cosi può essere sintetizzata la sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha riconosciuto all'Italia il diritto di togliere a una coppia il bambino nato da una madre surrogata in Russia perché tra il piccolo e gli aspiranti genitori non c'era alcun legame biologico. Una decisione che è stata salutata con entusiasmo dalle associazioni della galassia del Family Day, che l'hanno definita come "una vittoria storica dei diritti umani" chiedendo poi di "bandire l'utero in affitto a livello internazionale". Sulla stessa linea numerosi membri del parlamento: Maurizio Lupi, presidente dei deputati di Area popolare, ha chiesto ai tribunali italiani di prendere atto della sentenza di Strasburgo mentre Gian Luigi Gigli, deputato di 'Democrazia Solidale-Centro Democratico' e presidente del Movimento per la Vita Italiano, ha domandato di calendarizzare la proposta di legge del gruppo che renderebbe perseguibile il reato di maternità surrogata anche se commesso all'estero. Di tutt'altro avviso, come normale, il legale della coppia, Luigi Coscia che ha definito la sentenza "deludente". La sentenza emessa oggi dalla Grande Camera ha ribaltato quella precedentemente enunciata da una delle Camere che il 27 gennaio 2015 si era si era espressa a favore della coppia di Colletorto che aveva presentato ricorso contro la decisione dei tribunali italiani di togliergli immediatamente il bambino portato dalla Russia ed ottenuto grazie ad una madre surrogata. La sentenza di oggi non lascia spazio a dubbi: la decisione dei giudici italiani era stata legittima e proporzionata, in quanto gli interessi pubblici in gioco erano "importantissimi" e in questo caso pesano più di quelli dei singoli, appunto la coppia di sposi ricorsi a una pratica illegale in Italia. I giudici di Strasburgo hanno sottolineato che "questo non è un caso di maternità surrogata tradizionale, dato che il bambino non aveva alcun legame biologico con la coppia" e che "la sola certezza è l'identità della madre surrogata, che non è la madre genetica del piccolo i cui genitori biologici rimangono sconosciuti". La Corte ha riconosciuto quindi che la decisione del tribunale dei minori di Campobasso di togliere immediatamente e permanentemente il bambino alla coppia non ha violato alcun loro diritto, soprattutto quello al rispetto della vita familiare, che i giudici di Strasburgo non hanno riconosciuto esistere in questo caso. I giudici di Strasburgo hanno stabilito che se le autorità italiane "avessero accettato di lasciare il bambino con la coppia, dandogli la possibilità di divenirne i genitori adottivi, questo sarebbe equivalso a legalizzare una situazione creata dalla coppia in violazione d'importanti leggi nazionali", tra cui quella che regola le adozioni e che sarebbe risultata di fatto aggirata. La Corte ha quindi ritenuto legittimo "il desiderio delle autorità italiane di riaffermare l'esclusivo diritto dello Stato di riconoscere una relazione genitori-figli solo in presenza di un legame genetico o di un'adozione legale". 
 
 
 
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Un limite forte alle pratiche dell'utero in affitto, nessuna possibilità di aggirare le procedure per le adozioni. Cosi può essere sintetizzata la sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha riconosciuto all'Italia il diritto di togliere a una coppia il bambino nato da una madre surrogata in Russia perché tra il piccolo e gli aspiranti genitori non c'era alcun legame biologico. Una decisione che è stata salutata con entusiasmo dalle associazioni della galassia del Family Day, che l'hanno definita come "una vittoria storica dei diritti umani" chiedendo poi di "bandire l'utero in affitto a livello internazionale". Sulla stessa linea numerosi membri del parlamento: Maurizio Lupi, presidente dei deputati di Area popolare, ha chiesto ai tribunali italiani di prendere atto della sentenza di Strasburgo mentre Gian Luigi Gigli, deputato di 'Democrazia Solidale-Centro Democratico' e presidente del Movimento per la Vita Italiano, ha domandato di calendarizzare la proposta di legge del gruppo che renderebbe perseguibile il reato di maternità surrogata anche se commesso all'estero. Di tutt'altro avviso, come normale, il legale della coppia, Luigi Coscia che ha definito la sentenza "deludente". La sentenza emessa oggi dalla Grande Camera ha ribaltato quella precedentemente enunciata da una delle Camere che il 27 gennaio 2015 si era si era espressa a favore della coppia di Colletorto che aveva presentato ricorso contro la decisione dei tribunali italiani di togliergli immediatamente il bambino portato dalla Russia ed ottenuto grazie ad una madre surrogata. La sentenza di oggi non lascia spazio a dubbi: la decisione dei giudici italiani era stata legittima e proporzionata, in quanto gli interessi pubblici in gioco erano "importantissimi" e in questo caso pesano più di quelli dei singoli, appunto la coppia di sposi ricorsi a una pratica illegale in Italia. I giudici di Strasburgo hanno sottolineato che "questo non è un caso di maternità surrogata tradizionale, dato che il bambino non aveva alcun legame biologico con la coppia" e che "la sola certezza è l'identità della madre surrogata, che non è la madre genetica del piccolo i cui genitori biologici rimangono sconosciuti". La Corte ha riconosciuto quindi che la decisione del tribunale dei minori di Campobasso di togliere immediatamente e permanentemente il bambino alla coppia non ha violato alcun loro diritto, soprattutto quello al rispetto della vita familiare, che i giudici di Strasburgo non hanno riconosciuto esistere in questo caso. I giudici di Strasburgo hanno stabilito che se le autorità italiane "avessero accettato di lasciare il bambino con la coppia, dandogli la possibilità di divenirne i genitori adottivi, questo sarebbe equivalso a legalizzare una situazione creata dalla coppia in violazione d'importanti leggi nazionali", tra cui quella che regola le adozioni e che sarebbe risultata di fatto aggirata. La Corte ha quindi ritenuto legittimo "il desiderio delle autorità italiane di riaffermare l'esclusivo diritto dello Stato di riconoscere una relazione genitori-figli solo in presenza di un legame genetico o di un'adozione legale". 
 
 
 
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