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 ITALIA - ITALIA - Staminali. Diabetologi: cure piu' vicine ma attenti alle false speranze
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19 gennaio 2016 16:50
 
"Sappiamo che in un futuro non lontano la terapia con cellule staminali sarà utilizzata con successo nel diabete, ma dobbiamo essere corretti nell'affermare che questa terapia oggi non è disponibile". Con queste parole Enzo Bonora, presidente della Società italiana di diabetologia, riassume il messaggio che emerge da un position paper lanciato dalla Sid sul tema. Un documento in cui un gruppo di lavoro composto da super esperti del settore fa il punto sugli studi in corso, da quelli a un passo dalla clinica a quelli ancora proiettati nel futuro, e sui vari filoni di ricerca aperti per il diabete di tipo 1 e 2. "Abbiamo chiesto di redigere un documento ufficiale che rifletta la posizione della nostra società e ponga in evidenza la realtà, alimentando la fiducia ma evitando le mistificazioni - chiarisce Bonora - Negli ultimi anni ci sono stati troppi episodi in cui persone malate o loro familiari sono stati illusi sulla possibilità concreta ed immediata di ricorrere alla terapia con cellule staminali o presunte tali per varie patologie".
Che le staminali per il diabete siano una possibilità di giorno in giorno più vicina "lo dimostra il fatto che nell'ottobre 2014 è iniziata la prima sperimentazione nell'uomo per la terapia del diabete di tipo 1, utilizzando cellule produttrici di insulina, derivate da staminali. E sono in fase di 'traslazione' nell'uomo almeno altri 3 approcci simili", fa notare Lorenzo Piemonti, Diabetes Research Institute dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano e coordinatore del gruppo di studio Sid che definisce "corretto avere fiducia per il futuro, ma altrettanto necessario mantenere sano realismo e doveroso rigore scientifico". L'approccio che prevede il trapianto di isole pancreatiche o di pancreas è in grado di correggere bene i valori di glicemia, ma è limitato dalla scarsa disponibilità di donatori e dalla necessità di utilizzare una terapia immunosoppressiva per evitare il rigetto. Le staminali potrebbero consentire di superare entrambi i problemi. "Va comunque sottolineato che la medicina rigenerativa con cellule staminali ha la potenzialità non solo di trattare, ma di guarire in modo definitivo il diabete", precisa Piemonti.
In generale le staminali possono essere utilizzate per sostituire le cellule produttrici di insulina mancanti o malfunzionanti, e di questo potrebbero beneficiare tutti i pazienti con diabete di tipo 1 e quelli con diabete secondario a gravi malattie pancreatiche in cui sia presente un deficit di secrezione dell'insulina. Altra finalità è mantenere vive le cellule beta pancreatiche (quelle che producono insulina), proteggendole dall'attacco del sistema immunitario (alla base del diabete 1) o dal danno legato al 'troppo lavoro' (diabete di tipo 2). Infine esiste la possibilità di utilizzare cellule staminali anche per trattare le complicanze del diabete e favorire la riparazione di organi come il cuore, il rene e l'occhio (tema che sarà oggetto di un successivo documento Sid). Dalla vita embrionaria fino alla morte, il corpo contiene staminali di diverso tipo. Le più potenti sono generalmente presenti solo in fase embrionale e fetale anche se non è una regola assoluta. E' stato poi dimostrato che è possibile far acquisire le caratteristiche delle staminali pluripotenti anche a cellule non staminali prelevate dall'adulto (scoperta da Nobel per Shinya Yamanaka dell'università di Kyoto e John Gurdon dell'università di Cambridge).
"Si può immaginare - spiega Piemonti - che la cellula sia come un computer. La riprogrammazione permette di tornare ad avere a disposizione tutti i programmi originali e quindi di poter indirizzare nuovamente la cellula verso la direzione desiderata. Il processo può essere riprodotto in laboratorio in appena 2-3 settimane, partendo da una cellula della cute", riportata a uno stadio staminale e poi ridifferenziata "in una producente insulina". Sebbene al momento non esistano terapie a base di staminali clinicamente approvate per il diabete, più sperimentazioni sono in corso. Uno studio di fase I-II dell'Università di California a San Diego negli States e dell'università di Alberta in Canada sta utilizzando queste staminali 'riprogrammate' a produrre insulina, impiantate sottocute all'interno di un device grande come una penna Usb. La Fda lo ha approvato in via sperimentale per la terapia del diabete di tipo 1 nell'estate 2014, e subito dopo è partito lo studio che interesserà 40 soggetti. L'University of British Columbia lavora a un altro protocollo di differenziamento per generare cellule insulino-secernenti mature, partendo da staminali pluripotenti, come anche l'Harvard Stem Cell Institute.
Negli ultimi anni si è cominciato a utilizzare per la terapia del diabete di tipo 1 e 2 anche le staminali derivanti dal midollo osseo e dal sangue del cordone ombelicale. Il documento è cauto su questo fronte. E nel capitolo dedicato al 'cordone ombelicale e annessi extraembrionali come sorgente di cellule staminali per la terapia del diabete', gli esperti precisano che "al momento attuale delle conoscenze non esiste un'applicazione clinica del sangue cordonale per il diabete che giustifichi la sua conservazione per uso privato da parte del paziente affetto da diabete". L'International Society for Stem Cell research, informa infine il position paper, ha stilato delle linee guida per i pazienti sulla partecipazione a trial con terapia cellulare tradotti in molte lingue, compreso l'italiano, consultabili via web. 
 
 
 
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