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 CINA - CINA - Staminali. Clonate due scimmie
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25 gennaio 2018 8:04
 
Nuovo balzo in avanti dell'ingegneria genetica. A 22 anni dalla clonazione in Scozia del primo animale, la pecora Dolly, ricercatori cinesi, registrando un successo che spiazza i ricercatori occidentali, hanno usato lo stesso processo per replicare due primati, due scimmie, molto piu' simili all'uomo, avvicinando il tecnicamente possibile ma controverso 'traguardo' della clonazione umana. Le scimmie sono due macachi (Macaca fascicularis) "Hua Hua" e "Zhong Zhong" che hanno tra sei ed 8 settimante sono stati creati a Shanghai all'Institute of Neuroscience della Chinese Academy of Sciences (CAS) basandosi sulla tecnica della clonaziona terapuetica di cellule staminali. Fino ad oggi la tecnica era stata usata per clonare oltre 20 tipi differenti di animali, inclusi cani, maiali e gatti, ma i primati si erano rivelati particolarmente difficili. La stessa tecnica, ma serviranno al netto delle controversie etiche altre ricerche, potrebbe essere usata per clonare un essere umano, ha sostenuto il professore Muming Poo, direttore dell'Institute of Neuroscience. 
Ma a parte la sola possibilita' tecnica di clonare l'uomo, fantascienza etica al momento, l'obiettivo della ricerca cinese e' utile alla ricerca medica perche' potra' servire a creare una stirpe di scimmie modificate geneticamente per ricerca medica senza prelevarle dalla natura. "Solo gli Usa importano tra 30.000 e 40.000 scimmie ogni anno per le compagnie farmaceutiche" ha ricordato Poo e "il loro patrimonio genetico e' variabile, non identico, per cui si ha bisogno di uno sterminato numero di scimmia. Per ragioni etiche penso che avere scimmie clonate ridurra' di molto il numero di scimmie usate per i test medici". I primati sono al momento usati in ricerche su malattie degenerative del cervello come il Parkinson, il cancro ed i problemi metabolici e immunitari. "Il metodo usato per questi esperimenti e' simile a quello usato per clonare Dolly ma con diversi aggiornamenti" ha spiegato il papa' della pecora piu' famosa del mondo, vissuta per 7 anni, William Ritchie, l'embriologo del Roslin Institute dell'universita' di Edimburgo. Il processo prevede la rimozione del nucleo di un ovocita, sostituendolo con quello di un altro tipo di cellula. Il clone diventa una compia di quello donato. "Abbiamo tentato diversi metodi ma solo uno ha funzionato dopo molti fallimenti", ha dichiarato il capo del team cinese, il dottor Qiang Sun, direttore del Nonhuman Primate Research Facility della Chinese Academy of Sciences Institute of Neurosciences. Fallimenti che hanno visto la morte poche ore dopo la nascita dei primi primati clonati usando cellule adulte e non staminali. Alla fine ci sono voluti 3 anni per definire la procedura. In precedenza altre scimmie sono state clonate ma con un sistema completamente diverso e molto piu' semplice e meno 'produttivo': lo "sdoppiamento embrionale", che di fatto si limitava a duplicare un ovocita in sviluppo, creando un gemello. Il primo primate cosi' ottenuto, Tetra, fu un altro tipo di macaco, il Rhesus (Macaca mulatta) nato nel 1999. Ma la "divisione embrionale" puo' generare un massimo di 4 gemelli alla volta, mentre quella delle staminali puo' essere ripetuta all'infinito. La tecnica e' comunque ancora allo stato primordiale se si pensa che per ottenere 2 macachi clonati di 6 ed 8 settimane, altri 79 sono morti, ha spiegato, tradendo forse un po' di invidia per il risultato finale che pone la Cina all'avanguardia nel campo, Robin Lovell-Badge, leader del britannico Francis Crick Institute: "Il numero e' troppo basso per trarre qualsiasi conclusione anch se sono riusciti a clonare dei macachi. Con soli due sarebbe stato molto piu' semplice dividere un embrione in due". Malgrado cio', la scoperta pubblicata sulla rivista americana 'Cell', non porta gli scienziati piu' vicini alla clonazione umana, ha proseguito, Lovell-Badge: "Questo (traguardo) resta chiaramente una cosa molto sciocca da tentare di realizzare, perche' sarebbe (un sistema) troppo inefficiente e senza scopo". Per Darren Griffin, genetista della University of Kent, anche lui ha accolto con "cauto ottimismo" la ricerca anche se si e' detto "molto impressionato da un punto di vista tecnico". Ma oltre i quaesiti etici "i benefici di questo approccio sono chiari. Un modello di primate che puo essere generate con un patrimonio genetico noto ed uniforme sara' senza alcun dubbio utile alla ricerca per comprendere e curare malattie umani dove la genetica ha un ruolo chiave".
(AFP-AGI)
 
 
 
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