"Per ora resto negli Stati Uniti". Pietro Anversa, uno dei ricercatori di punta a livello internazionale nella ricerca sulle cellule staminali per la cura del cuore, per il momento non ha ragioni valide per tornare in Italia, dopo piu' di 20 anni di assenza. "Più volte hanno cercato di riportarmi in Italia -ha detto Anversa- ma ho sempre trovato difficolta' ad inserirmi in questo sistema, che non e' affatto flessibile". "Tornando in Italia -ha detto- mi trovo di fronte a realta' che non conoscevo piu'. Negli Stati Uniti un ricercatore intelligente vale di piu' di un professore che non e' intelligente, ogni giorno giudico e sono giudicato per l'assegnazione dei finanziamenti e i progetti vengono valutati solo in base al fatto che valgano o no, e non a seconda di chi lo presenta. La struttura italiana e' troppo rigida, c'e' troppa difficolta' a cambiare le persone". Anversa e' rimasto in contatto con i suoi amici italiani e oltre la meta' dei ricercatori impegnati nel suo laboratorio sono italiani. Ma compiere il grande passo e tornare definitivamente e' un'altra cosa. "Negli Stati Uniti -ha detto- la ricerca e' orientata diversamente. Non e' un sistema perfetto, ma e' basato sul merito ed e' il migliore che io conosca. Non si distribuiscono soldi a pioggia, come invece avviene in Italia". I finanziamenti insufficienti sono, secondo Anversa, uno dei grandi problemi dell'Italia, insieme al fatto di non avere creato strutture specializzate nelle quali formare nuovi ricercatori. Non si e' capito, ha aggiunto, che "la ricerca fa soldi". Il primo passo per cambiare le cose, ha concluso, e' concentrare le risorse sui progetti migliori. Colpevole, secondo Anversa, e' lo svilimento dell'Universita' italiana negli ultimi 30 anni, "che ha portato a creare cattedre che non hanno alcun senso se non quello di sistemare alcuni".