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Venezuela. Con le cellule staminali si potrebbe trattare il morbo di Chagas
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Articolo di Daniel Ricardo Herandez
28 marzo 2008 0:00
 
Nel ventaglio delle alterazioni cardiache suscettibili d'essere trattate con una terapia di cellule staminali, ne compare una tipica dell'America Latina e particolarmente del Venezuela: "pensiamo che qualche gruppo selezionato di pazienti con il morbo di Chagas potrebbe eventualmente beneficiarne", ha affermato il cardiochirurgo Alexis Bello al simposio "Rigenerazione del cuore, una nuova frontiera", che si e' tenuto il 26 marzo all'Hospital de Clinicas Caracas (HCC).

Secondo Bello, questa malattia potrebbe essere associata ad altre cardiopatie sulle quali sono stati ottenuti risultati concreti con terapie di cellule staminali, giacche' si tratta di "medicina rigenerativa per recuperare cio' che e' stato danneggiato" E mentre le ricerche locali s'avvicinano a poter offrire aspettative migliori a chi soffre del Chagas, l'esperienza fatta finora nell'HCC per rigenerare il cuore si basa sull'intervento a venti pazienti con miocardiopatia dilatata -un aumento di volume e funzionamento irregolare del ventricolo sinistro del cuore-.

"Abbiamo visto che stanno molto bene con questo trattamento. Attraverso la risonanza magnetica possiamo rilevare che perdono la parte necrotica (morta) del tessuto cardiaco; essa comincia a scomparire e a essere sostituita dal tessuto sano", assicura Nusen Beer, il cardiologo che in Venezuela ha realizzato il primo impianto di cellule staminali del midollo osseo in un paziente con insufficienza cardiaca.

I procedimenti eseguiti nel Paese per rigenerare il tessuto cardiaco sono stati fatti con cellule del midollo osseo, anche se, secondo Beer, "ci sono altri tipi che si possono utilizzare", ad esempio le cellule cardiache. Ma lo specialista sottolinea che "la scienza sta ancora cercando quale sia la cellula che abbia realmente le capacita'. Crediamo che la migliore sia la mesenchimale, che si preleva dal midollo osseo, si coltiva in laboratorio, si sviluppa e poi s'inietta, ed e' preferibile che provenga dallo stesso paziente".
 
 
 
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