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 USA - USA - Usa. Il veto di Bush 2
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Articolo di Sheryl Gay Stolberg
21 giugno 2007 14:14
 
Lo scorso 20 giugno il presidente George W. Bush ha posto il veto una seconda volta su una legge che avrebbe ampliato il finanziamento federale della ricerca con le cellule staminali embrionali. La legge era stata approvata lo scorso 7 giugno dalla House, con 247 voti a favore e 176 contrari.
"Distruggere vite umane con la speranza di salvare vite umane non e' etico", ha detto Bush durante la breve cerimonia nella East Room della Casa Bianca. Bush ha definito gli Stati Uniti "una nazione fondata sul principio che tutte le vite umane sono sacre".

Allo stesso tempo, Bush ha emanato un ordine esecutivo per incoraggiare gli scienziati a portare avanti quella ricerca che egli ritiene etica. Ma quel tipo di ricerca, fanno notare gli esperti, gia' esiste, e nell'ordine esecutivo non vi e' traccia di nuovi finanziamenti per incoraggiarla e sostenerla.

I sostenitori della ricerca con le cellule staminali embrionali hanno definito questo gesto un tentativo per distrarre l'attenzione dagli ostacoli che questa amministrazione ha posto alla ricerca.
"Credo che il presidente abbia in realta' emanato una foglia di fico politica", ha detto Sean Tipton, portavoce della Coalition for the Advancement of Medical Research, un'associazione favorevole alla ricerca. "Lui sa bene che e' dalla parte opposta dell'opinione pubblica americana".

Il veto, il terzo da quando Bush e' presidente, va infatti contro la maggioranza degli elettori, come dimostrano molti sondaggi, ma anche contro gran parte del suo partito politico. I repubblicani gli avevano gia' mandato una legge simile lo scorso anno, quando ancora dominavano il Congresso. Ma anche con il sostegno dei repubblicani, i democratici ammettono di non avere i voti necessari (i due terzi) per superare il veto presidenziale.

Questo significa che la decisione sul finanziamento federale della ricerca spettera' al prossimo presidente statunitense. Anche prima di aver posto il veto, i due principali candidati democratici alle presidenziali del 2008, i senatori Hillary Clinton e Barack Obama, sono intervenuti nel dibattito.
Clinton si e' impegnata a "togliere il divieto sulla ricerca con le staminali" qualora eletta. Obama ha rilasciato una dichiarazione in cui ha detto che i cittadini meritano un presidente che "terra' fede a questa promessa".

Se i democratici sono uniti sulla questione, la ricerca con le staminali embrionali divide il campo dei candidati repubblicani. Il senatore John McCain e l'ex sindaco di New York Rudy Giuliani sono generalmente favorevoli. Ma Mitt Romney, che aveva sostenuto il finanziamento della ricerca quando era Governatore del Massachussetts, ora si e' detto contrario, avendo cambiato opinione dopo aver capito di cosa si tratta. La questione e' molto personale per l'ex-Governatore mormone, ora alla ricerca dei voti degli ultra-cristiani, in quanto la moglie e' malata di sclerosi multipla, una delle malattie che gli scienziati sperano di trattare con le staminali.

Intanto, una indagine pubblicata sull'edizione online della rivista Science rivela che il 60% di coloro che si sono sottoposti alla fecondazione in vitro vorrebbero donare i propri embrioni inutilizzati alla ricerca sulle staminali. Lo studio, condotto da ricercatori della Duke University e della Johns Hopkins University, ha intervistato migliaia di uomini e donne che sono ricorsi alle cliniche che praticano la fecondazione artificiale.
Chiesto loro quale opzione preferiscono fra la distruzione, la donazione ad altre coppie o la destinazione alla scienza degli embrioni sovrannumerari, il 49% degli intervistati ha detto di preferire quest'ultima. I favorevoli sono saliti al 60% quando e' stata menzionata come destinazione la ricerca con le cellule staminali.

Ora i sostenitori della ricerca guardano con crescente interesse alle presidenziali del 2008. "Dobbiamo aspettare che la Casa Bianca cambi idea, cosa che sembra improbabile a meno che non ci siano straordinarie scoperte scientifiche, oppure dobbiamo attendere il nuovo presidente", ha detto laconicamente il repubblicano Michael N. Castle.

Tratto in parte dal New York Times online del 21 giugno 2007
 
 
 
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