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 USA - USA - Usa. Il congresso dell'American Heart Association
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Articolo di Cinzia Colosimo
13 novembre 2003 18:10
 
Dal 9 al 12 novembre, si e' tenuto ad Orlando (Florifa) il congresso dell'American Heart Association (AHA). E' stato uno degli appuntamenti piu' attesi per la ricerca di base nella cardiologia, con oltre 25.000 partecipanti e piu' di 3.400 relazioni. La genetica ha giocato la parte del leone, soprattutto grazie alle ricerche sulla personalizzazione delle cure in base al profilo genetico dei pazienti (la cosiddetta farmacogenomica).
L'altro cavallo di battaglia della ricerca sul cuore sono le sperimentazioni, ormai numerosissime, sulla possibilita' di utilizzare le cellule staminali per riparare i danni provocati al muscolo cardiaco da un infarto o dallo scompenso. Le sperimentazioni in questo campo, condotte soprattutto sugli animali, utilizzano essenzialmente le cellule staminali adulte. Tra le vie che si stanno sperimentando per stimolarne la crescita, una punta a prelevarle dal cuore, coltivarle e reinfonderle; una seconda strada sta invece cercando di individuare i fattori di crescita capaci di risvegliarle direttamente nel cuore e farle moltiplicare sempre direttamente nel muscolo cardiaco. "Quasi tutti gli studi di questo tipo, al momento sono condotti su modelli animali", ha osservato il direttore del Centro Studi dell'Associazione nazionale dei cardiologi ospedalieri (Anmco), Aldo Maggioni, ma lasciano sperare che, in futuro, anche le cellule immature del cuore umano potranno essere risvegliate e moltiplicate per riparare le lesioni dopo un infarto.
Per quanto riguarda il primo metodo, durante il congresso sono stati resi noti i risultati di un gruppo statunitense guidato dall'italiano Piero Anversa. Il team, che opera presso l'Istituto per le ricerche cardiovascolari del New York Medical College e' riuscito a rigenerare i tessuti del cuore, risvegliando le cellule progenitrici del muscolo cardiaco e facendole migrare nei punti in cui i danni erano maggiori. Nell'arco di pochi mesi, i danni sono stati completamente riparati e il cuore e' tornato giovane.
Il primo passo dell'esperimento e' stato rendere visibili le cellule staminali iniettando nei ratti una proteina capace di rendere fluorescenti le cellule immature, che nel cuore si annidano nell'atrio e nella zona superiore del ventricolo sinistro. Quindi i ratti sono stati separati in due gruppi: uno destinato a ricevere la terapia e uno di controllo. Ai ratti del primo gruppo e' stato somministrato un cocktail di fattori di crescita, chiamati IGF1 e siMET.
Queste sostanze hanno risvegliato le cellule staminali non solo stimolandole a trasformarsi in cellule del muscolo cardiaco, ma le hanno fatte migrare dai loro rifugi fino ai punti in cui l'invecchiamento aveva danneggiato maggiormente il cuore. "Spontaneamente le cellule non riparano il tessuto danneggiato, ad esempio da un infarto. E' un grande problema che riguarda il cuore cosi' come tutti gli altri organi, dal cervello al fegato. Il nostro obiettivo e' allora trovare sostanze in grado di farle migrare. Non si sa perche' le cellule staminali possano differenziarsi ma non si spostano per riparare lesioni gravi. E' un fatto". Molto probabilmente le cellule staminali assicurano il normale ricambio in tutti gli organi, ha osservato il ricercatore, "ma non intervengono quando c'e' un danno". La strada migliore da seguire e' allora potenziare al massimo il meccanismo alla base del normale ricambio delle cellule, che in un organo permette di rimpiazzare quelle che spontaneamente muoiono. Una volta fatte moltiplicare in grandi quantita', pero', le cellule devono spostarsi. La leva per farle muovere, ha detto Anversa, e' in alcuni recettori che si trovano sulla superficie delle cellule staminali.
A distanza di due mesi, il cuore dei ratti trattati con il cocktail di fattori di crescita aveva cominciato a funzionare decisamente meglio rispetto a quello dei ratti che non avevano ricevuto la terapia. A distanza di oltre due anni, la funzionalita' del cuore era migliorata del 20% nei ratti del primo gruppo, mentre il cuore dei ratti non trattati aveva continuato ad invecchiare, riducendo del 17% la sua funzionalita'.
L'ulteriore conferma del successo dell'esperimento e' arrivata quando i ricercatori hanno seguito il percorso delle cellule staminali, rese visibili dalla fluorescenza: erano diventate cellule adulte, completamente identiche alle altre cellule del muscolo cardiaco che le circondavano. Grazie a loro, il cuore di ratti molto anziani, dell'eta' di due anni e mezzo (l'equivalente di un novantenne nell'uomo) era simile per struttura e funzionalita' a quello di ratti piu' giovani di ben un anno.
Il congresso ha dato modo, inoltre, di discutere sull'efficacia delle staminali, e sulla distinzione tra adulte ed embrionali. Proprio su questo punto si e' focalizzato il tema di Young Sup Yoon, della Tuft University di Boston, che ha presentato una serie di studi che dimostrano l'esistenza di un altro tipo di staminali. Queste ultime vivono nel midollo umano: sono cellule primitive ma, a differenza delle altre cellule staminali finora note, sono molto piu' immature e capaci di dare origine a vasi sanguigni e muscolo cardiaco.
I ricercatori osservano infatti che "queste cellule non appartengono a nessuna delle popolazioni di cellule staminali presenti nel midollo finora note". Queste cellule tuttofare, definite dai ricercatori "universali", vivono cosi' nel midollo, accanto alle cellule progenitrici del sangue (ematopoietiche) e a quelle che si trasformano in ossa o cartilagine (mesenchimali). Hanno preso il nome di HBMSC (acronimo dall'inglese Human Bone Marrow-Derived Stem Cells, cellule staminali derivate dal midollo osseo) e per studiarne tutte le potenzialita' le hanno impiantate nel cuore di ratti nei quali era stato indotto un infarto. Hanno osservato cosi' che, a distanza di 28 giorni, la funzionalita' del cuore era decisamente migliorata e contemporaneamente era aumentato il numero delle proteine che incoraggiano la crescita dei vasi sanguigni (citochine angiogeniche) e dei fattori che controllano lo sviluppo del cuore nel periodo embrionale.

Ottimista sul futuro di questa nuova pagina delle ricerche sul cuore e' il cardiologo Attilio Maseri, del San Raffaele di Milano, amico e collaboratore di Anversa. "La ricerca sulle cellule staminali per riparare il cuore si sta muovendo ancora in modo molto rapido, con una velocita' eccezionale, per passare gia' alla clinica, e con tutte le premesse per il successo".
Oltre al successo ottenuto sui ratti, un altro grande passo e' stato fatto su grandi mammiferi, come i cani, in un lavoro dello stesso gruppo di Anversa e coordinato da Patrick Muller. I ricercatori sono riusciti a identificare -nel cane- i nidi in cui si trovano le cellule staminali ed hanno concluso che "il cuore del cane appartiene al gruppo degli organi in grado di auto-rinnovarsi". Ma nonostante questi risultati incoraggianti, la strada per arrivare all'uomo e' ancora lunga. "Almeno 3-5 anni", ha detto Anversa.
Incoraggianti anche i risultati rilevati oltre un anno dopo il primo intervento di reinfusione delle cellule staminali nel cuore, eseguito in Germania, a Duesseldorf, dal gruppo Bodo Strauer: la tecnica, rilevano i ricercatori, si e' dimostrata sicura ed efficace e mostra un significativo effetto terapeutico.
 
 
 
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