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 U.E. - U.E. - Ue. Una biopolitica a pelle di leopardo
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Articolo di a cura di Rosa a Marca
5 luglio 2006 21:14
 
Cosi' un articolo di Christian Schwaegerl sul quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung
Da quando Francia e Olanda hanno rifiutato la Costituzione europea, il processo di unificazione langue in molti punti. Fa eccezione la ricerca scientifica, la cui essenza la spinge naturalmente in avanti. Oltre tutto, per persone di scienza, la collaborazione transnazionale e' sempre stata ovvia e naturale. E in futuro lo sara' a un livello mai raggiunto prima giacche' una parte dei soldi delle imposte andra' a finanziare la ricerca. La Commissione Europea, i ministri competenti dei 25 Paesi e il Parlamento Ue sono infatti giunti alla fase finale di un piano che prefigura gli Stati Uniti d'Europa per la ricerca scientifica. Finora essa era piu' che altro di competenza dei singoli Stati: ogni Governo decideva i propri obiettivi senza accordarsi con gli altri, e cio' rendeva arduo agli studiosi di un determinato Paese spartire i soldi disponibili con i colleghi stranieri. In quanto a Bruxelles, la Commissione ha sempre concesso generose sovvenzioni un po' a tutto, ma poche briciole all'innovazione. Anche questo cambiera'. Il punto centrale della politica comunitaria in materia di ricerca scientifica e' il VII Programma quadro per il periodo 2007-2013, dotato di 51 miliardi di euro da investire in scienza e tecnologia. E, per la prima volta, Bruxelles sostiene esplicitamente anche la ricerca di base senza finalita' d'uso. Nel nuovo Consiglio di ricerca europeo saranno i ricercatori, e non i funzionari, a decidere sui progetti da finanziare.
La soddisfazione per la fase che si apre sarebbe quasi perfetta se non restasse un grosso ostacolo da superare: la ricerca con le cellule staminali embrionali. Sara' proprio questo tema a dominare l'ultima tappa del percorso, ed e' difficile oggi intravedere una soluzione. Come puo' esserci collaborazione tra gli Stati se in un Paese viene autorizzato un progetto che in un altro e' proibito? Nell'Ue c'e' ancora grande disaccordo sul quesito di fondo, ossia da quale momento l'oggetto di ricerca uomo debba essere protetto. Alcuni Paesi, tra cui Italia, Polonia e Slovacchia, hanno proibito la ricerca con gli embrioni. Altri, Gran Bretagna e Svezia, si sono distinti a livello mondiale come precursori addirittura della clonazione terapeutica. La Germania e' in una via di mezzo: autorizza la ricerca solo con colture di cellule staminali embrionali esistenti al primo gennaio del 2002; impedisce cioe' l'uso di embrioni successivi a quella data, ma rende possibile la ricerca di base. Queste differenze creano difficolta'. Come superarle? O si cancella dal programma il capitolo della ricerca con le cellule staminali, lasciando che ogni Paese se la veda per conto proprio, oppure si trova un compromesso simile a quello tedesco, o infine, la maggioranza si impone sulla minoranza. Il Commissario alla Ricerca Janez Potocnik vuole un percorso spedito. Anche da parte britannica si preme per una regolamentazione aperta. Due voci che hanno trovato una buona sponda nel Parlamento europeo, dove l'ex Commissario Philippe Busquin, ora parlamentare socialista, guida il gruppo dei liberalizzatori. In base al testo votato dal Parlamento Ue, sono escluse le ricerche riguardanti la clonazione umana, quelle volte a produrre modificazioni ereditabili del genoma umano o la produzione mirata di embrioni per reperire cellule staminali. Ma molto altro e' consentito, anche ricerche che in Germania e in altri Paesi oggi sono vietate. E se finora Bruxelles aveva gia' finanziato alcuni progetti avanzati, questo passaggio parlamentare gli da' nuovo impulso. A questo punto, la ministra per la ricerca tedesca Annette Schavan, che ha un atteggiamento restrittivo in tema di embrioni, non ha un compito facile. Spettera' infatti a lei, in quanto membro della Presidenza del Consiglio all'inizio del 2007, tenere a battesimo il Programma. La ministra non vuole finanziare con soldi tedeschi progetti di altri Paesi che in Germania sarebbero vietati, e cio' suscita le critiche dei ricercatori tedeschi delle cellule staminali, i quali lamentano le restrizioni cui sono soggetti, compresa la loro cooperazione con colleghi stranieri, e che li esclude dal progresso. Oltre tutto, la via mediana tedesca non ha trovato degli imitatori. In Francia e Spagna, due importanti partner Ue, la normativa e' piu' liberale. E anche in Irlanda si levano voci a favore dell'uso degli embrioni. Senza dimenticare la presa di posizione del nuovo ministro italiano per la Ricerca, che ha ritirato l'Italia dal gruppo dei Paesi contrari ai finanziamenti europei per la ricerca con le staminali embrionali. E' dunque improbabile che nella seduta del Consiglio, che si terra' ora a luglio, la ministra Schavan riuscira' a raccogliere un numero sufficiente di voti per imporre il veto. Se vogliono impedire l'escalation, i politici alla Schavan dovranno fare sforzi d'immaginazione. Per esempio, sarebbe contro lo spirito di politica comunitaria se i soldi per finanziare i progetti eticamente sensibili si prelevassero non dalla cassa comune, ma da un fondo speciale, costituito solo con il denaro dei Paesi favorevoli, e non dei contrari? Finora, soluzioni simili non sono mai state prese in considerazione per il timore di una "frantumazione" del bilancio comunitario. Ma forse andrebbe considerato che sono pochi i quesiti di rilevanza paragonabile allo status dell'embrione.
 
 
 
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