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Svizzera. Leucemia curabili con trapianto eterologo di staminali, ma e' difficile motivare i donatori migliori
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Articolo di Theres Luethi
14 febbraio 2008 1:31
 
Per quanto le cifre siano di tutto rispetto, la fortuna di trovare nel registro internazionale un donatore compatibile varia molto da un caso all'altro. Il fatto e' che i gruppi tissutali sono composti in modo cosi' complesso che le loro combinazioni superano il milione. Ci sono tipi di tessuti molto diffusi, per i quali non e' difficile trovare il donatore adatto. Ma ce ne sono di estremamente rari. E cio' significa, ad esempio, che l'anno scorso per 80 pazienti il trapianto non sia stato possibile. A cio' s'aggiunga la diversita' etnica, fenomeno in aumento e che crea non pochi problemi. "Il buon Dio ha voluto che fossimo tutti differenti", dice Jakob Passweg, primario del reparto di ematologia all'ospedale universitario di Ginevra. "Questa diversita' fa si' che gia' tra europei sia difficile trovare il donatore adatto; ma lo e' tanto di piu' quando si tratta di discendenti di coppie miste. Se la madre e' thai e il padre svizzero, e' praticamente impossibile trovare il donatore compatibile". In questi casi bisogna accontentarsi di trapianti non ottimali. L'anno scorso, una bambina leucemica di otto anni, di origini etniche miste, ebbe una ricaduta dopo un ciclo di chemioterapia. Non aveva fratelli ne' sorelle, percio' non restava che cercare nella banca dati. Ma nemmeno tra i 12 milioni di donatori registrati si riusciva a superare l'80% di compatibilita'. "Sono trapianti ad alto rischio", spiega Passweg. Solo che senza trapianto le possibilita' che la bambina potesse sopravvivere erano praticamente nulle; non restava che rischiare. Alla fine, le sono state trapiantate le cellule staminali del sangue di sua madre, la cui compatibilita' era appena del 50% (in questi casi sono comunque preferibili alle cellule di individui estranei alla famiglia). Oggi la bambina sta bene. E Passweg sottolinea l'importanza di puntare sulla diversita' etnica quando si fanno campagne per reclutare nuovi donatori.

Come rileva uno studio apparso di recente su Swiss Medical Weekly, la meta' dei pazienti trattati con cellule staminali del sangue provenienti da estranei e' ancora vivo cinque anni dopo l'intervento -una cifra sicuramente destinata a salire. In alcuni casi, pero', anche il miglior tessuto puo' fare ben poco. "Un trapianto di cellule staminali del sangue non e' un meccanismo o tutto o nulla", spiega Alois Gratwohl, primario del reparto di ematologia dell'ospedale cantonale di Basilea. "Non e' che chiunque riceva una donazione guarisca, mentre chi ne e' privo debba per forza morire". In realta', il successo di un trapianto dipende anche dall'eta' del paziente, dal tipo di male e dallo stadio della malattia. Naturalmente c'entra anche la qualita' del tessuto da trapiantare. E qui nasce il problema dei donatori. Se nel 2000 l'eta' media era di 36 anni, nel 2006 si era gia' a 40,4. Il limite per poter essere iscritti nel registro dei donatori e' fissato a 45 anni. E' essenzialmente una questione di rigetto, ossia, questo rischio si riduce se il materiale e' giovane. Solo che i giovani non pensano a donare il sangue. "Generalmente, i donatori sono persone che vogliono fare qualcosa per la societa'", sostiene Passweg. "Hanno avuto molto e vogliono restituire qualcosa". Donare cellule staminali del sangue e' uno degli esempi piu' toccanti di una persona sana che vuole aiutare un malato grave a tornare in salute. "Ma i giovani non si fanno facilmente convincere a compiere un atto altruista", continua Passweg. A 25 anni le preoccupazioni sono ben altre. "Hanno l'impressione che la societa' gli debba qualcosa". Attualmente la Fondazione Cellule Staminali del Sangue sta tentando, con una campagna nazionale, di sensibilizzare proprio le persone dai 25 ai 40 anni.

L'anno scorso sono stati effettuati 64 trapianti; il paziente piu' vecchio aveva 69 anni, il piu' giovane 8 mesi.

Tratto da Neue Zuercher Zeitung del 10 febbraio 2008 (trad. di Rosa a Marca)
 
 
 
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