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 SVIZZERA - SVIZZERA - Svizzera. Dare un'opportunita' ai ricercatori
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Articolo di Rosa a Marca
11 novembre 2004 20:22
 
La frase decisiva: "Riassumendo, bisogna partire dal concetto che in Svizzera, conformemente al dettato costituzionale, la fecondazione in vitro dev'essere praticata in modo che rimangano solo pochi embrioni eccedenti". Quest'affermazione la si trovava nel messaggio del Governo di accompagnamento alla legge sulla medicina riproduttiva (1996). Si da' il caso, pero', che gli embrioni in sovrappiu' non siano "poche unita'", ma, secondo i dati del dipartimento di Sanita', se ne producano 200 l'anno (la cifra e' controversa, potrebbero essere anche molti di meno). A questi si deve ancora aggiungere il migliaio accumulato prima dell'entrata in vigore della legge sulla fecondazione assistita (2001).
C'e' poi un'altra novita' rispetto ad allora, ed e' l'interesse manifestato dai biologi per questi embrioni, dai quali vorrebbero ricavare cellule staminali per poterli studiare. Tutto cio' e' ora regolamentato dalla legge sulle cellule staminali (LCel), in votazione popolare il 28 novembre.
In base alla normativa oggi in vigore, gli embrioni soprannumerari derivati dalla fecondazione assistita devono essere lasciati morire, non dovranno per nessuna ragione essere impiantati in una donna: da loro non nascera' nessun essere umano. Ecco perche' i politici di Governo ritengono ragionevole che questi embrioni siano ceduti alla scienza, sebbene all'interno di una seria cornice normativa. Soprattutto in considerazione del fatto che -in futuro-, grazie alla ricerca con le cellule staminali, si possano mettere a punto delle terapie capaci di curare malattie oggi difficilmente guaribili, come diabete, morbo di Parkinson e l'Alzheimer, la paraplegia.
I comitati promotori del referendum, di matrice cattolica e Verde, vedono la ricerca sulle staminali embrionali come la rottura di un tabu' sociale. Ai loro occhi, l'uso scientifico degli embrioni soprannumerari significa violare la dignita' umana, strumentalizzare l'essere umano a fini terapeutici, spalancare la porta alla clonazione.
Sul fatto che la dignita' umana di un embrione -destinato comunque a distruzione- sia vulnerata qualora lo si utilizzi a scopo di ricerca, c'e' di che discutere. Ambedue i fronti hanno delle motivazioni sostenibili. Il compito piu' facile e' di chi crede che ogni vita umana meriti un'assoluta tutela fin dall'atto del concepimento. Per costoro non dovrebbero nemmeno esserci gli embrioni in eccedenza, o, detto in parole piu' chiare: sarebbe stato meglio non avere mai autorizzato la procreazione medicalmente assistita. Ma, visto che c'e', e da questa possono derivare embrioni in soprannumero, ecco che anche a loro compete il diritto alla vita. Cosa possibile solo se si autorizzasse la donazione di embrioni. In quel caso l'embrione eccedente potrebbe essere adottato da una donna disponibile a portare a termine una gravidanza. E' pero' poco probabile che una simile prassi, per altro accettabile da un punto di vista liberale, possa trovare la maggioranza di consensi in breve tempo. E in ogni caso sarebbero necessarie delle regole per impedire il mercato degli embrioni.
Un po' piu' ardua e' la posizione degli oppositori alla legge che non si appellano a un dogma, ma si preoccupano che l'embrione, titolare di dignita' umana, non sia usato per un fine diverso da quello primario, ossia la sua esistenza tout court. Con questo tipo di ricerca gli embrioni verrebbero strumentalizzati e quindi ridotti a cose, aspetto inammissibile sia dal punto di vista morale che giuridico. Queste obiezioni a prima vista appaiono giustificate: non puo' essere che la vita umana, ancorche' all'inizio del suo sviluppo, venga trattata come un oggetto qualsiasi. Tuttavia, gli embrioni di cui parla la legge da approvare o respingere il 28 novembre, sono embrioni soprannumerari, quindi non saranno mai impiantati nell'utero di una donna e la vita e' loro comunque preclusa. In questo specifico caso e' percio' moralmente giustificato affidare gli embrioni alla scienza, se la coppia interessata da' il consenso previa adeguata informazione. Ancora, i ricercatori non possono richiedere embrioni aggiuntivi, ma devono accontentarsi di quelli resi disponibili dai severi limiti posti dalla legge LCel. Procurare embrioni a scopo di ricerca era, e rimane proibito.
Come affrontare il timore che la ricerca con le cellule staminali embrionali non porti inevitabilmente alla clonazione? Molti ricercatori (anche svizzeri) sono favorevoli alla cosiddetta clonazione terapeutica. Che va distinta dalla riproduttiva, con la sua orrenda immagine di uomini-copia. Nessun scienziato o politico serio la vuole. L'altra, invece, la clonazione terapeutica, potrebbe un domani contribuire a far comprendere meglio i meccanismi di alcune malattie. Anche se per ora e' un'ipotesi del tutto teorica, giacche' in Svizzera servirebbe una modifica costituzionale. La Costituzione proibisce infatti espressamente qualsiasi forma di clonazione. Ma l'imminente referendum non riguarda il divieto di clonazione. Eventualmente, la sua parziale revoca potra' accadere qualora l'elettorato e il legislatore si trovassero di fronte alla prova scientifica che, tramite la clonazione terapeutica, si conseguono nuove cure ottimali.
Se il 28 novembre la legge sulle cellule staminali verra' confermata, spettera' soprattutto a tre gruppi di persone dimostrare di saper gestire responsabilmente gli embrioni soprannumerari. Alle coppie, che devono poter decidere in tutta liberta' del destino dei "loro" embrioni. Ai medici, che dovranno informare le coppie in maniera onesta e aperta. Dopo di che la decisione assunta dovra' essere accettata e mantenuta. E nessuno dovra' fare pressione in un senso o in un altro. Infine ai ricercatori, che dovranno dedicarsi con rispetto all'attivita' di reperimento e ricerca delle cellule staminali embrionali. Lavorano su un bene prezioso. Certamente. Ma non c'e' ragione per impedirglielo. Ecco perche' l'elettorato dovrebbe consentire loro di fare ricerca in un quadro normativo ben regolato.
 
 
 
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