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Stop, indietro: gli scienziati rallentano l’invecchiamento
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Articolo di Redazione
27 gennaio 2011 13:43
 
Gli scienziati svelano lentamente i segreti dell’invecchiamento e suggeriscono alcuni trattamenti, probabilmente presto alla portata di tutti, per rallentare o addirittura invertire questo processo. Ma dove risiedono i vantaggi tangibili di tali ricerche? Quali rischi si corrono alterando i ritmi del nostro orologio biologico? Queste sperimentazioni possono portare all’insorgenza di un cancro? E quale effetto possono avere sulla popolazione mondiale in rapido aumento e su quella bomba a orologeria che è la questione pensionistica nel mondo occidentale?

Le estremità del cromosoma

La senescenza è un fenomeno complesso, rimasto per lungo tempo un vero e proprio mistero, ma la scienza pare aver fatto dei passi avanti.
Alla fine del 2010, un’équipe dell’Istituto Oncologico Dana-Farber di Boston ha pubblicato un articolo sul periodico cartaceo 'Nature' nel quale descrive dettagliatamente l’inversione del processo di invecchiamento nei topi.
La loro ricerca si è focalizzata sui quei cromosomi che risiedono all’interno del nucleo di tutte le cellule, nello specifico i telomeri, sequenze di DNA poste alle estremità dei cromosomi per proteggerle da eventuali danni. I telomeri con il passare del tempo si usurano, fino a quando le cellule non sono più in grado di riprodursi.
Lo statunitense Roland dePinho, biologo dei tumori, e il suo team di ricercatori, ha manipolato l’enzima che ricostruisce interamente i telomeri, la telomerasi, ed ha registrato risultati stupefacenti. Con l’aumento dell’enzima, l’orologio biologico dei topi torna indietro.
“Ci aspettavamo un rallentamento o una stabilizzazione del processo di invecchiamento”, ha dichiarato dePinho alla BBC, “invece ci siamo trovati davanti ad una clamorosa inversione dei sintomi”. “Questi animali hanno registrato un aumento della massa cerebrale e della capacità di apprendimento, la pelliccia è tornata lucente e in salute e hanno riacquistato la fertilità”, ha continuato dePinho.
Certo, questa è una storia di topi, non di uomini, che rappresentano una sfida decisamente più impegnativa.
La telomerasi è legata al cancro ed è probabile che tanti altri meccanismi siano coinvolti nel processo di invecchiamento. Molti studiosi ritengono che possano essere i mitocondri, materiale genetico presente nel citoplasma della cellula, a giocare un ruolo fondamentale. I mitocondri sono le “centrali elettriche” delle cellule, ma sembrano produrre sostanze chimiche dannose, legate all’invecchiamento. Non bisogna dimenticare, ovviamente, i radicali liberi, atomi altamente reattivi o molecole, che attaccano il nostro organismo e le staminali, cellule primitive, indispensabili nel processo di rinnovamento del corpo umano.

Medicinali anti-invecchiamento

Nonostante una spiegazione completa del fenomeno della senescenza debba ancora essere formulata, ci sono scienziati che già sperimentano trattamenti anti-invecchiamento sugli uomini.
Tra questi, David Sinclair, biologo, che porta avanti le sue ricerche all’interno del laboratorio dell’Harvard Medical School. Insieme con la sua équipe, lavora su medicinali sintetici chiamati STACs, composti sirtuino stimolanti (sirtuin activating compounds). Test sugli animali hanno rivelato che gli STACs possono rimettere in salute e ridare prospettive di vita ai topi obesi, spianando così la strada a sperimentazioni in stadi prematuri su soggetti umani.
Questa ricerca si rifà ad un precedente studio sul resveratrolo, componente naturale del vino rosso. Sembra che sia il resveratrolo sia gli STACs contribuiscano ad una riduzione nell’assunzione delle calorie, fenomeno che negli animali rallenta l’invecchiamento.
“Non è certo una scusa per mangiare patatine fritte ad ogni pasto, magari davanti alla tv, ma un modo per incentivare uno stile di vita salutare e permettere ad ognuno di beneficiare dei vantaggi in termine di salute che il corpo stesso può produrre”, ha dichiarato Sinclair alla BBC. “La quantità di cibo non cambia, i ratti mangiano normalmente o ingrassano, il punto è che il corpo non sembra avvertire questo aumento di peso così che le funzioni degli organi e addirittura la longevità sono esattamente le stesse di un topo sano”, ha concluso lo scienziato.
Tuttavia c’è chi potrebbe sollevare una questione etica a riguardo, chiedendosi se sia giusto sperimentare su una fase così delicata della vita.
Tim Spector, professore al King’s College di Londra, studioso dell’invecchiamento, afferma che l’obiettivo della ricerca non risiede nell’allungare la vita, ma nel prolungare la buona salute.
“Se vivere significa essere costretto a casa, paralizzato dall’artrite, che senso ha? La comprensione del processo di invecchiamento può aiutare a combattere il diabete, le malattie cardiache, l’artrite e tutte quelle patologie e problematiche legate all’avanzamento dell’età”, dichiara Spector.
James Goodwin, capo ricercatore di AgeUK, organizzazione a favore della terza età, è convinto che l’accessibilità a questi trattamenti diventerà una questione chiave, nel momento in cui si deciderà di investire su di essi seriamente e svilupparli. Si chiede, dunque: “Questa innovazione, capace di prolungare la buona salute delle persone, sarà alla portata di tutti o rimarrà prerogativa dei ricchi e dei facoltosi?” e ancora: “ Sapere che nei Paesi ricchi tutti vivono meglio e più a lungo, quale effetto sortirà sui Paesi poveri?”.

(Articolo di Neil Bowdler, Science reporter, BBC News. Traduzione di Serena Gallucci)
 
 
 
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