testata ADUC
Legge 40, ora che giustizia e' fatta dobbiamo chiedere i danni
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Lamberto Coppola
3 aprile 2009 0:00
 
Emanuele Lauricella, è stato uno dei padri della fecondazione assistita in Europa. Noi tutti, quelli della vecchia guardia e pionieri in questo delicato settore, lo ricordiamo come un maestro di scienza e di vita, uomo di grande umanità e medico di cultura. GIà nel 1988 scrisse: “Dovere di uno Stato moderno è emanare norme precise, poche, semplici ed efficaci, per evitare danni, pericoli o abusi, tenendo conto delle diverse etiche vigenti nella nostra società pluralista”. E queste regole trasferì nel Codice di Autoregolamentazione dei Centri di Fecondazione Assistita aderenti al CECOS ITALIA , i quali per molti anni, in assenza di una norma nazionale, hanno costituito punto di riferimento per chi, operando in questo settore della medicina, abbia voluto avere una guida precisa, chiara ed onesta nelle scelte che si è portati a compiere con quotidianità.  
A mio avviso In Italia le cose si complicano, perché quando si deve emanare una legge il contraddittorio avviene sempre tra Maggioranza Opposizione, se uno dice bianco l’altro per presa di posizione dice nero … il grigio ormai non esiste più! La legge 40 poi ha avuto la contrapposizione dei cattolici con i laici, ognuno diceva la sua e, alla fine,  si è stati capaci di  sovvertire i principi della biologia e nessuno di noi ha più capito nulla, nemmeno che cosa è l’embrione, nemmeno quando nasce la vita..
Tra tutte queste incertezze, senza ascoltare i tecnici e soprattutto senza ascoltare le associazioni dei pazienti, nel febbraio del 2004 il Parlamento Italiano (che durante il Referendum e prendendomene tutte le responsabilità ho sempre definito l’Ufficio Complicazioni Casi Semplici) ha emanato la Legge 40, che sin dal suo inizio tutti gli addetti ai lavori, molti scienziati e tanti costituzionalisti hanno definito priva di ogni logica.
Il Referendum del 12 e 13 giugno del 2005 ha poi toccato il fondo, perché la gente comune, ascoltando il politichese di tutti i nostri deputati non è riuscita a capire il perché si andava al voto, sono stai ascoltati solo i consigli (naturalmente di votare 4 No) che provenivano dai pulpiti delle migliaia di chiese e parrocchie sparse in tutto il nostro territorio. Nessuno ha ascoltato noi tecnici che durante la campagna referendaria del 2005 abbiamo girato nelle piazze, nessuno ha ascoltato i 100 scienziati tra i quali Umberto Veronesi, Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco, che si sono mossi per ricordare al popolo italiano che la legge 40 era incostituzionale.
Già nel 2005 quindi i 100 scienziati italiani che tutto il mondo ci invidia hanno chiaramente sostenuto il loro disappunto sulla legge con un documento in cui in primo luogo viene ribadito ciò che oggi la sentenza della Suprema Corte Costituzionale ha definito illegittimo.
Fallito per mancanza di quorum il referendum abrogativo del 2005, nel corso degli anni si sono moltiplicati i ricorsi da parte di coppie infertili e con problemi di patologie genetiche. Tra tutti, il più importante è stato quello presentato al Tar del Lazio, che nel gennaio 2008 ha bocciato le Linee Guida della legge 40, motivandolo con il riscontro di un «eccesso di potere». È stato proprio il Tribunale del Lazio a chiedere poi alla Consulta di pronunciarsi sulla costituzionalità della norma, in particolare dell'art. 14 commi 2 e 3 della legge 40/04, nella parte in cui prevede per il medico la possibilità di produrre un numero di embrioni non superiore a tre e l'obbligo del contemporaneo impianto. Una norma che - secondo le parole dei fautori del ricorso - risulterebbe in contrasto sia con gli articoli 2, 3, 13 e con l'articolo 32 della Costituzione.
È notizia di ieri che i giudici della Consulta hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 2, della norma, nel punto in cui prevede che ci sia un "unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre" di embrioni. Per la Suprema Corte viola la Costituzione anche il comma 3 dello stesso articolo, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. La Corte, infine, ha dichiarato inammissibili, per difetto di rilevanza nei giudizi principali, la questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 6, inerente l'irrevocabilità del consenso della donna, e dei commi 1 e 4 dell’articolo 14.
Giustizia é fatta. Una norma ideologica, medievale, che non tutela il diritto alla maternità della donna, é stata abrogata dalla Corte Costituzionale. La sentenza svela quindi l'irragionevolezza e le incongruità di una legge considerata in Europa come assurda e ideologica. 
Come più volte ho sostenuto, la legge ha generato numerosi problemi, non solo per quel che riguarda la gestione medico-biologica dei pazienti, ma anche e soprattutto di carattere economico e sociale. Basti pensare che se esistono problematiche di coppia non risolvibili in Italia ai sensi della legge 40 (… e non per incapacità scientifica dei Centri!) ci si deve rivolgere all’estero, spendere tutti i propri risparmi o i soldi ottenuti mediante mutui dalle banche, con conseguenti deficit della nostra economia nazionale ed esporto di capitale. 
Oltre un anno fa Luca Gianaroli intervistato da Clicmedicina.it ha sostenuto che ““La predeterminazione del numero degli embrioni producibili e impiantabili e il divieto della diagnosi preimpianto sono in netto contrasto con il diritto alla salute sancito dalla Costituzione. Spero che
- ha aggiunto Gianaroli –  la coalizione al governo e tutti i politici italiani comprendano l’importanza di rivedere e superare quanto prima i limiti di una legge che ha reso più difficile il percorso terapeutico sia per i pazienti che per i medici”  
Il mio parere di oggi? Ve lo dico prendendomene tutte le responsabilità: “La legge 40/2004  ha prodotto effetti devastanti prima sulle coppie e poi sugli addetti ai lavori, il cosiddetto fenomeno del turismo procreativo ha messo in ginocchio l’economia degli italiani e rovinato la reputazione dei medici e dei biologi del nostro paese che un tempo hanno fatto scuola in questo settore. I danni ricevuti sono incommensurabili, per cui visto che giustizia è fatta è ora di chiederne il risarcimento, non allo Stato che purtroppo oggi vista la crisi non se la passa bene, ma personalmente e direttamente agli autori della legge 40, proprio a quei firmatari che hanno legiferato con negligenza e soprattutto con presuntuosa ignoranza .” 

 
Prof. Lamberto Coppola 
Andrologo - Ginecologo - Sessuologo 
Direttore dei Centri Associati di Fisiopatologia della Riproduzione Umana  
Tecnomed (Nardò), Casa di Cura Salus (Brindisi) e Casa di Cura Fabia Mater (Roma) 
clicca qui - clicca qui 
 
 
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS