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Articolo di Vincenzo Donvito
15 aprile 2004 21:17
 
Un periodo di assestamento dell'esistente. In Italia c'e' poco, anzi nulla, da assestare. Ma negli altri Paesi e' tutto in fermento con non pochi alti e bassi. Non solo, ma dopo le recenti approvazioni di legge che hanno aperto in piu' Paesi la sperimentazione, si e' finalmente superato un gap che creava quantomeno un minimo di imbarazzo per le prospettive: la leadership di Singapore, dove anche (e meno male, per quei tempi) uno dei massimi punti di riferimento come lo scienziato Bernat Soria, aveva trovato un punto di approdo. Per carita', meno male che in questi anni c'e' stato Singapore, e ci sara' anche nei prossimi: ce ne fossero... Ma la sua solitudine passata, con l'avanzare della Cina e le "fanfare" cubane, ci avevano fatto dubitare sull'uso di certe scoperte e sul procedere di certe sperimentazioni.
Che la scienza e la ricerca scientifica non siano neutrali, e' un semplice dato di fatto. Condizione, per esempio, che in passato ha creato non poco imbarazzo di fronte ad alcuni risultati di regimi come quello nazista della Germania nella meta' del secolo scorso. Altri livelli, ok! Ma un esempio estremo per far meglio comprendere la questione: perche', anche se ingenuamente uno riuscisse a cercare di far prendere in considerazione qualcuna delle scoperte avvenute in quel regime, per esempio sul rapporto umani/veleni/gas, se fosse guardato storto, pur dallo spirito piu' libero della Terra, avrebbe un significato.
Dopo l'esempio, tornando a noi: chi se la sentirebbe di avvalorare dei ritrovati scientifici come quelli che potrebbero derivare dalla manipolazione dell'embrione, se la gestione fosse decisa in base ad una ragion di Stato che mette quest'ultimo al centro piuttosto che l'essere umano in quanto individuo?
La risposta e' semplice e scontata. Ma e' tale solo perche' avvalorata da non pochi fatti in cui diversi di coloro che perorano queste ricerche si sono impegnate fino allo spasimo, e stanno continuando a farlo. La Gran Bretagna, la Spagna, il New Jersey, la California e il suo importantissimo referendum di novembre sono la risposta. E l'esempio. E perche' questo accada possono anche andar bene le mobilitazioni per i referendum persi in partenza (come quello che ha preso il via in questi giorni con la promozione dei Radicali), ma solo perche' altrove succede altro in progressione: cioe' piedi in terra, regimi democratici con altrettanti strumenti democratici che quando vengono usati per decidere non sono la macchietta di se stessi (come i referendum italiani).
Cioe' la battaglia e' dura, lunga, difficile, come sempre con un ruolo centrale dell'informazione. Con noi italiani che siamo in fondo e con prospettive zero dal punto di vista nazionale, ma che, se sapremo usare con saggezza i pochi strumenti che abbiamo a disposizione, possiamo comunque fornire un contributo li' dove cio' che ci interessa sta prendendo forma, assestandosi e consolidandosi.
Che ognuno rifletta sul suo potenziale contributo, e agisca.
 
 
 
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