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I bebe' salvavita nati per donare le cellule ai fratellini
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Articolo di Donatella Poretti
13 maggio 2004 18:46
 
In un centro di Chicago un gruppo di medici ha utilizzato alcuni test genetici per aiutare cinque coppie a concepire dei bambini sani affinche' possano donare le staminali cordonali per aiutare i loro fratellini malati. I bambini sono stati scelti, quando erano embrioni, perche' fossero donatori compatibili per i fratelli malati di leucemia o di una rara anemia potenzialmente letale.
"La selezione degli embrioni in funzione della loro compatibilita' resta ancora una materia controversa e non e' autorizzata in alcuni Paesi, ma si tratta di un'opzione ragionevole per alcune coppie", ha spiegato il direttore dell'istituto genetico riproduttivo di Chicago, Yury Verlinsky, pioniere nel settore della diagnostica pre-impiantatoria. Lo studio e' stato pubblicato il 4 maggio sulla rivista JAMA (Journal of the American Medical Association) ha sfruttato la diagnostica pre-impianto per selezionare bambini-donatori, mentre finora questa stessa tecnica e' stata utilizzata per evitare la nascita di un bambino colpito da una malattia genetica.

I medici dell'Istituto di Chicago erano gia' stati nelle prime pagine dei giornali quando quattro anni fa fecero nascere Adam Nash, il figlio di una coppia del Colorado, che e' riuscito a salvare la vita alla sorellina malata di una rara malattia ereditaria, l'anemia Fanconi, grazie alla donazione del midollo osseo. Adam era stato selezionato allo stadio embrionale proprio perche' compatibile come donatore.
Da allora, ricorda il dottor Ander Kuliev che lavora nel centro di Chicago, sono stati almeno una trentina i casi di bambini fatti nascere dopo essere stati selezionati.
Kuliev ha spiegato che i casi piu' recenti sono i primi i cui embrioni sono stati classificati per il loro tessuto, ma non sono stati esaminati geneticamente per individuare malattie. Nove coppie avevano fatto esaminare i loro embrioni nel 2002 e 2003, cinque sono stati trovati compatibili. E solo uno per ora ha gia' donato il suo sangue del cordone ombelicale. L'operazione ha avuto successo, ma Kuliev ha avvertito che il bambino che ha ricevuto la donazione dovra' essere monitorato continuamente per esserne sicuri.

"Baby designer", "bambini medicine", bebe' "a la carta" e "su misura" sono solo alcuni dei modi in cui sono stati chiamati e per Richard Doerflinger, vice direttore del Segretariato degli attivisti pro-life dell'Episcopato "questa e' una missione di ricerca e distruzione. Si e' permesso che gli embrioni scelti potessero nascere per poter donare tessuti a tutto beneficio di un'altra persona". Anche per Gilbert Meilaender, professore dell'Universita' di Valparaiso Indiana e membro del Consiglio nazionale di Bioetica, questa pratica e' "moralmente preoccupante".
"Dal punto di vista scientifico -ha commentato il direttore dell'Istituto di genetica Mendel, Bruno Dallapiccola- nell'annuncio di oggi non c'e' niente di nuovo. Il tipo di esperimento e' ben noto ed esperienze analoghe sono state fatte anche in precedenza. Dal punto di vista etico e' raccapricciante fare qualcosa di programmato al fine di ottenere donatori obbligatori". E in generale, comunque, un esperimento di questo tipo non avrebbe alcuna conseguenza pratica in Italia. "La legge sulla fecondazione artificiale impedisce infatti la diagnosi pre-impianto".

Dallo scorso 26 agosto pende in Spagna una richiesta fatta dall'Ivi (Istituto Valenciano di Infertilita') per cinque coppie su cui dovra' pronunciarsi la Commissione Nazionale per la Riproduzione Assistita. Nel Paese e' permessa la diagnosi pre impianto, ma solo per il bene dell'embrione, perche' nasca sano, mentre non e' contemplata nella legge la scelta dell'embrione per compatibilita' come donatore di cellule staminali o di midollo.
"Non sono sicuro che sia proibita, ma di sicuro c'e' un vuoto legale", spiega il direttore dell'Ivi, Antonio Pellicer, che e' anche membro della Commissione Nazionale per la Riproduzione Assistita. "Qualunque sia il meccanismo legale, la mia opinione e' che questa possibilita' dovrebbe essere permessa. La situazione di queste famiglie e' angosciante, le tecniche sono disponibili, e non credo che nessuno abbia diritto a condannare un bambino ad una morte evitabile". Pellicer vede un unico problema: "che succede se dopo avere analizzato geneticamente gli embrioni, risultasse che nessuno di loro e' compatibile per fare un trapianto? Gettarli mi sembrerebbe inaccettabile. Forse la legge dovrebbe obbligarli a donarli ad un'altra coppia, ma dovrebbe anche permettere alla prima coppia di ripetere un ciclo di fecondazione".
"La richiesta delle coppie mi sembra assolutamente ragionevole", commenta il filosofo di diritto Manuel Atienza, membro della Commissione Nazionale per la Riproduzione Assistita. "La mia prima impressione e' che sara' difficile interpretare la legge per permetterlo, e che sarebbe meglio studiare una riforma legale".

La direttrice dell'Ivi, Amparo Ruiz ha spiegato che dopo avere inviato la richiesta alla Commissione per le coppie spagnole sono giunte altre due richieste, stavolta da coppie italiane i cui figli soffrono di beta talassemia. La Ruiz ha manifestato tutta la sua fiducia nel fatto che il suo istituto possa venire autorizzato, e che la Commissione regolamenti "questo tipo di tecniche perche' non sono espressamente proibite per legge, ma c'e' un vuoto legale". All'Ivi, ha spiegato la dottoressa Ruiz "non vediamo nessun problema" ad iniziare il trattamento "ne' morale ne' di nessun altro tipo", e ha rimarcato che giacche' i genitori di questi bambini malati "sanno di avere una soluzione e di non poterla praticare, se non gliela daremo qui andranno a Chicago".

A confermare questa previsione ci sono le parole delle coppie che hanno fatto richieste all'Ivi, rintracciate e intervistate da alcuni quotidiani spagnoli. Raccontano le loro storie accomunate dall'amore per il figlio malato e il desiderio di curarlo per farlo vivere sano e felice insieme ad un fratellino che sia anche la sua salvezza. "Vogliamo salvare nostra figlia costi quello che costi. Se dobbiamo andare da Santiago a Pechino, lo faremo. Non stiamo parlando di un bebe' a la carta", raccontano a El Mundo, i genitori di Virginia, due anni e nove mesi malata di anemia Fanconi. E di fronte alle obiezioni etiche che vengono sollevate, di fare un figlio per salvarne un altro, rispondono: "Cio' che non e' etico, e' non cercare di salvare tuo figlio. L'etica e' dare una seconda opportunita' a tuo figlio".

E se questa opportunita' la offre un Paese diverso, ci si puo' sempre muovere. Ancora un esempio di turismo sanitario, all'inseguimento di una terapia dove questa e' ammessa.
 
 
 
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