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 MONDO - MONDO - Mondo. A 50 anni dal primo trapianto, le nuove sfide per rigenerare i tessuti
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27 maggio 2004 19:57
 
A cinquanta anni dal primo trapianto di organo da vivente con esito positivo -un trapianto di rene effettuato a Boston nel 1954 da Joseph Murray tra due gemelli- nuove sfide attendono un settore che, sia pure in sensibile crescita per numero di donazioni, vede ancora migliaia di pazienti in attesa di un nuovo organo nella speranza di ricominciare una vita 'normale'.
Frontiere che prendono il nome di xenotrapianti, ovvero il trapianto d'organo da animale all'uomo, di cellule staminali per la rigenerazione dei tessuti o di organi artificiali perfettamente equivalenti a organi umani. Sfide per il futuro delle quali si discute all'American Transplant Congress, uno degli appuntamenti annuali (giunto alla sua quinta edizione) piu' attesi dagli specialisti del settore, che si e' tenuto a Boston.
Patrocinato dall'American Transplant Society e dall'American Society of Transplant Surgeons, al Congresso americano sui trapianti partecipano specialisti da tutto il mondo. Ma nell'anno del cinquantenario del primo trapianto di un organo solido effettuato con successo, proprio a Boston, quali sono le prospettive future e gli ostacoli ancora da superare? A fare il punto e' l'immunologo Gianni Ippoliti, primario di Medicina interna all'ospedale di Voghera e docente alla Universita' di Pavia, a Boston per il meeting mondiale.
"Dal 1954, quando Murray esegui' il primo trapianto di rene da vivente con successo tra due gemelli identici di 23 anni molta strada e' stata fatta, soprattutto per evitare il rigetto dell'organo trapiantato". Nel caso dei gemelli trapiantati da Murray infatti, essendo identici, ha spiegato l'esperto, "il rigetto non ha rappresentato un problema, poiche' il rene del gemello donatore e' stato 'riconosciuto' dal gemello ricevente, senza dunque innescare la reazione di rigetto". Su questo fronte, una svolta decisiva, ha sottolineato, "si e' avuta 20 anni fa grazie alla ciclosporina, il primo farmaco che e' riuscito a controllare la risposta del sistema immunitario riducendo drasticamente il rischio di rigetto e la mortalita' tra i pazienti trapiantati". Da allora, molti progressi sono stati fatti ed oggi, ha rilevato Ippoliti, "sono disponibili farmaci mirati che agiscono selettivamente sul sistema immunitario e con ridotti effetti collaterali". Cio' ha permesso di ridurre notevolmente il rischio di rigetto acuto (nel primo mese dal trapianto) mentre resta ancora il problema del rigetto cronico, vale a dire, "il controllo del lento processo con cui il sistema immunitario, nonostante l'azione dei farmaci, tende a minare la funzionalita' dell'organo trapiantato nel tempo".
Sul fronte farmacologico, dunque, la sfida del futuro sara' mettere a punto farmaci sempre piu' efficaci contro il rigetto cronico e gli effetti di lungo periodo dei trapianti.
Ma sono anche altre le frontiere alle quali gli esperti stanno gia' lavorando. Indubbiamente, anche per far fronte alla necessita' di un numero sempre maggiore di organi, una delle scommesse per gli anni a venire, ha sottolineato Ippoliti, e' rappresentata dalla "possibilita' di impiegare le cellule staminali per la produzione di tessuti specifici, sino ad arrivare alla rigenerazione di determinati organi. Ma questo obiettivo e' ancora molto lontano". Le cellule staminali infatti, ha rilevato l'esperto, "sono oggi facilmente impiegabili, ad esempio, nel trapianto di midollo osseo, ma per organi come il cuore, il fegato o il rene, la strada da percorrere e' molto lunga". Un'altra via, secondo l'immunologo, e' quella di incentivare i trapianti da vivente, anche se in questo caso "esistono dei limiti e, comunque, il trapianto e' possibile solo per alcuni organi come il rene e il fegato".
Ma "il grande capitolo di sviluppo per il futuro", secondo Ippoliti, e' rappresentato dagli xenotrapianti. Il tutto si basa su un meccanismo preciso, ha spiegato: "Nelle cellule dell'animale prescelto come donatore, ad esempio il maiale, vengono immessi dei geni capaci di controllare le risposte immunitarie della specie sulla quale si vuole effettuare il trapianto. In questo modo, si creano delle cellule 'condizionate', che in parte saranno riconosciute dal ricevente; dunque, perche' il trapianto abbia successo, sara' necessaria solo una lieve azione immunosoppressiva". Restano pero' ancora vari scogli da superare: fattori etici, religiosi, ma anche di tipo medico per il rischio di trasmissione di malattie da una specie all'altra. Ciononostante, "un primo tentativo di xenotrapianto e' stato effettuato nel 1984, quando il cuore di un babbuino venne trapiantato su una bambina che mori', pero', poco dopo. Non si puo' dunque ancora dire quando il trapianto da animale ad uomo diventera' una realta'".
Un altro capitolo, infine, potra' caratterizzare la trapiantologia del futuro, quello degli organi artificiali. Oggi sono gia' utilizzati prototipi di cuore o fegato artificiali, ma il loro impiego e' limitato a casi particolari ed a periodi di tempo ridotti. L'obiettivo, ha concluso Ippolito, e' quello di mettere a punto organi artificiali "durevoli nel tempo, dalle giuste dimensioni e con requisiti tecnici ad oggi non ancora raggiunti".
 
 
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