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 GRAN BRETAGNA - GRAN BRETAGNA - Gb. Una ricercatrice italiana all'estero clona il gene della tiroidite autoimmune
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Notizia 
16 settembre 2004 20:10
 
Una studiosa italiana nata a Palermo, Sonia Quaratino, che da 15 anni lavora a Londra, ha scoperto all'Universita' di Southampton una nuova strada nella ricerca sulle malattie autoimmuni e in particolare della tiroidite autoimmune (Hashimoto), la piu' frequente malattia autoimmune nel mondo occidentale e in Giappone.
La ricerca, dal team del Cancer Research UK Oncology Unit, e' stata pubblicata da Nature Medicine.
Le malattie autoimmuni quali la tiroidite, la sclerosi multipla, l'artrite reumatoide, il diabete, colpiscono circa il 10% della popolazione. In particolare, nella tiroidite autoimmune un terzo dei pazienti e' o diventa resistente alle attuali terapie a base di tiroxina. Il gruppo guidato da Sonia Quaratino ha clonato un gene, precisamente il recettore T cellulare (TCR), dalle cellule bianche di una donna malata di tiroidite. Il gene clonato e' stato inserito nel genoma di un topo. Diventato adulto, l'animale ha sviluppato spontaneamente la tiroidite autoimmune mostrando sintomi analoghi a quelli della paziente, come obesita' e disfunzioni metaboliche.
L'eccezionale scoperta si rivela molto importante per piu' motivi: innanzitutto e' la prima volta che un singolo gene umano (recettore T cellulare) da' origine a una malattia umana con identico quadro istologico e funzionale. Con questo modello transgenico si puo' capire in quale modo la malattia abbia inizio e seguirla nel suo corso cercando di bloccarla o addirittura prevenirla.
Altro motivo di eccezionalita' consiste nel fatto che sara' possibile testare nuovi farmaci su modelli di topo seguendo l'evoluzione della malattia. Un fatto estremamente rilevante e' che per la prima volta un modello di topo ha sviluppato una malattia spontaneamente con gli stessi sintomi della malattia umana: fino ad ora, infatti, esistevano pochi modelli murini spontanei di autoimmunita'. La maggior parte di essi veniva indotta sperimentalmente iniettando antigeni insieme al Mycobacterium tuberculosis che attiva il sistema immunitario. Le malattie indotte pero', di solito molto acute, si risolvono nel giro di tre settimane cosa che invece non e' avvenuto nei topi trattati dal gruppo della studiosa italiana.
 
 
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