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Spagna. Il dibattito sull'eutanasia sopravvive alla morte di Ramon Sampedro
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Articolo di M.J.Perez-Barco
15 gennaio 2008 0:00
 
La sua storia fece vacillare i pilastri di numerose coscienze, fece scorrere fiumi d'inchiostro, scavalco' le frontiere poiche' venne rappresentata sul grande schermo. Il 12 gennaio, esattamente un decennio dopo la sua morte, la figura del galiziano Ramon Sampedro non e' stata dimenticata. Rappresenta ancora un'icona per coloro che difendono l'eutanasia o il suicidio assistito, due concetti dalle sfumature differenti, i cui contorni talvolta si confondono giacche' ambedue perseguono lo stesso fine: il diritto a poter scegliere la morte quando e' arrivato il momento.
Il dibattito su questi due temi trascendentali e delicati per l'essere umano e' sempre latente, e si riaccende anche con casi come quello di Sampedro in questi giorni. Ma affrontare la riflessione in modo serio non e' molto semplice. Fonti del Partito Socialista confermano ad ABC che il tema sara' affrontato, con "calma e serenita'", nella prossima legislatura, se questa formazione politica otterra' sufficiente forza elettorale il prossimo 9 marzo. La speranza di continuare a vivere per difficili che risultino le circostanze o il diritto a decidere di morire liberamente quando la nostra esistenza si e' trasformata in una sofferenza e' la scelta che ha impegnato Ramon Sampedro per ventinove anni. Un destino fatale lo rese tetraplegico a 25 anni, in seguito a un tuffo in mare. L'incidente gli causo' la perdita di mobilita' in tutto il corpo, tranne che nella testa. Confinato nella sua camera, con le poesie, i libri e la pittura, ha visto scorrere gli anni. Fino a quando ha preso la decisione di mettere fine alla sua vita. La battaglia legale duro' quattro anni, ma ne' i giudici di Barcellona ne' quelli di La Coruna e nemmeno la Corte costituzionale accettarono la sua petizione. Allora Sampedro fece ricorso al Parlamento Europeo. Fu il primo spagnolo a rivendicare il diritto al suicidio assistito. E lo porto' avanti fino alla fine. Nel 1996, pubblico' le sue riflessioni nel libro Cartas desde el infierno (Lettere dall'inferno, ndr). Un successo di vendite. Anni dopo, Alejandro Amenabar, racconto' la sua storia nel film Mar adentro (Mare dentro, ndr), che nel 2005 vinse l'Oscar come miglior film straniero.
Il tempo di Sampedro si esauriva nella battaglia nei tribunali. Allora concepi' un piano. E il 12 gennaio 1998 le telescriventi annunciarono cio' che si temeva potesse capitare: il marinaio galiziano era morto.Un video raccolse i suoi ultimi momenti: l'agonia, dopo aver ingerito cianuro di potassio. Affinche' non ci fossero dubbi di sorta, scrisse una lettera di suo pugno, un testamento in cui ripeteva i suoi desideri: "ho deciso di porre fine a tutto questo nel modo che considero piu' degno, umano e razionale", scrisse, poiche' "vivere e' un diritto, non un obbligo". Ai giudici invio' un messaggio: "L'unico responsabile dei miei atti sono io, e solamente io". Sette anni piu' tardi, una volta scaduto il termine per perseguire le responsabilita' penali per la morte di Sampedro, Ramona Maneiro, sua fedele amica e una delle sue assistenti, confesso' in un programma televisivo d'aver aiutato il marinaio galiziano a esalare l'ultimo respiro. Tecnicamente si tratto' di suicidio assistito. La donna e' in liberta'.
Nel decimo anniversario della sua morte, la storia di Ramon Sampedro continua a essere viva e il dibattito sull'eutanasia resta latente, anche se crea suscettibilita'. Il suo caso provoca sempre grande polemiche tra difensori e detrattori dell'eutanasia. Per questo occorre chiedersi se la societa' spagnola sia realmente preparata ad aprire un dibattito sul tema, come e' nelle intenzioni del Partito Socialista se il 9 marzo prossimo otterra' il sostegno sufficiente per governare nella prossima legislatura. Gia' nel suo programma precedente, quello del 2004, la formazione politica accolse la proposta, ma negli ultimi quattro anni la promessa non e' stata mantenuta. In concreto, alla pagina 33, un paragrafo specifico si riferisce all'eutanasia in questi termini: "Promuoveremo la creazione di una Commissione alla Camera dei Deputati che consenta di dibattere del diritto all'eutanasia e a una morte degna, sugli aspetti relativi alla sua depenalizzazione, il diritto a ricevere cure palliative e lo sviluppo del trattamento del dolore". E tutto fa pensare che sara' questo il cammino che sceglieranno i socialisti, poiche' non e la prima volta che progettano la stessa iniziativa. Gia' nel 200 manifestarono l'intenzione di creare una subcommissione, in seno alla Commissione Giustizia della Camera, per realizzare uno studio sul diritto all'eutanasia. Proposta che venne respinta.
Il dibattito potrebbe risultare molto scomodo per gruppi politici come il Partito Popolare. E puo' allargare ancora di piu' la breccia tra Governo e Conferenza Episcopale, un rapporto gia' deteriorato a causa di leggi quali il matrimonio omosessuale, il "divorzio espresso" o per la recente bordata di accuse da parte dell'Esecutivo contro la Chiesa. I vescovi giudicano una "gravissima minaccia l'eutanasia", come recita il messaggio della subcommissione episcopale per la Famiglia e la Difesa della Vita dello scorso marzo. In quel documento ricordano alla societa' che "una cosa e' il suicidio assistito e un'altra l'eutanasia. La pratica legalmente consentita dell'eutanasia consiste nel fatto che una persona da' la morte a un'altra", cio' che considerano una "immoralita'".
E' che in questo dibattito bisognerebbe delimitare in modo molto chiaro i concetti di cui si sta parlando, come suggerisce la portavoce del Profesionales por la Etica, Teresa Garcia. "Bisogna distinguere tra l'eutanasia e l'accanimento terapeutico che puo' causare una sofferenza non necessaria", segnala. Secondo quest'associazione, si avverte che "gran parte della societa' spagnola e' totalmente disarmata nell'affrontare il dibattito sull'eutanasia". Il parere di Garcia e' che "si sta giocando con l'emotivita', con casi come quello di Ramon Sampedro, con la sofferenza... Da tempo percepiamo che si sta lanciando una campagna da parte dei vari gruppi favorevoli all'eutanasia. E in compenso non si parla di potenziare le cure palliative, del sostegno al malato e alla sua famiglia affinche' non sentano la disperazione che li porta a chiedere la morte". Ma esistono posizioni molto differenti. La Asociacion Derecho a Morir Dignamente chiede, anzitutto, un dibattito "serio", in cui si analizzino le questioni partendo da "che cos'e' una malattia terminale, fino alle garanzie esistenti per malati e medici", rileva il suo portavoce, Cesar Caballero. L'organizzazione individua tre questioni fondamentali. Il diritto a una morte degna che "deve assolutamente rispettare la volonta' di ogni persona" per decidere come desidera morire. L'eutanasia in cui "una persona con una malattia irreversibile e con gravi patimenti e' informata della sua situazione e della prognosi e decide liberamente e ripetutamente di morire e necessita di un medico che lo faccia. E il suicido assistito dove un terzo somministra la sostanza letale ma la vittima la ingerisce da sola". Agevolare queste opzioni e', secondo l'opinione dell'associazione "una garanzia per i malati".
Tratto da Abc.es del 13-01-2008 (trad. di Rosa a Marca)
 
 
 
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