In queste giornate la Consulta, ossia la Corte Costituzionale, dovrebbe finalmente prendere una decisione, in seguito alle dichiarazioni raccolte nell’udienza pubblica, sul caso che coinvolge l’attivista Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, e Mina Welby, vedova di Piergiorgio Welby, entrambi accusati dei reati di istigazione ed aiuto al suicidio, il primo in relazione al caso di Fabiano Antoniani, conosciuto come Dj Fabo, e la seconda per il caso Davide Trentini.
Davide Trentini e Fabiano Antoniani furono accompagni in Svizzera per ottenere il suicido assistito, pratica vietata dalla Legge Italiana.
L'analisi
La questione per poter essere realmente compresa deve essere analizzata sotto due profili, da tenere ben distinti: quello giuridico e quello “etico”.
Il punto di partenza per comprendere entrambi i profili è fornito dagli eventi, dalla storia racchiusa e ricordata da un nome.
Parliamo di
DJ Fabo, e di quello che è accaduto e che lo ha portato a conoscere
Marco Cappato.
Il 13 Giugno 2014 Fabiano Antoniani, conosciuto come
DJ Fabo, un ragazzo vivace con tantissima voglia di vivere e viaggiare, rimane coinvolto in un incidente.
La gravità delle ferite fu sin da subito evidente poiché al suo risveglio Fabiano scoprì di essere divenuto
tetraplegico e cieco, ma la sua mente era rimasta, e lo rimarrà fino alla fine dei suoi giorni, estremamente
lucida e capace di percepire il dolore fisico.
Dj Fabo decide di non arrendersi e di provare a migliorare le sue condizioni e così si sottopone a varie cure ma, nonostante l’impegno costante, dopo nemmeno un anno le sue
condizioni vengono
dichiarate irreversibili.
Da ultimo, sempre accompagnato dalla propria fidanzata, Fabiano decide di tentare una
cura sperimentale in India ma anche questo tentativo fallisce.
Col passar del tempo, avendo piena coscienza della sua condizione e dell’impossibilità di avere dei miglioramenti, Fabiano matura la ferma convinzione di
porre fine a quella che per lui non può nemmeno essere definita vita.
Ne parla con la propria fidanzata, con la madre e con i suoi familiari che lo sosterranno in tutte quelle che saranno le fasi che porteranno alla morte di DJ Fabo.
I problemi da affrontare sono tanti. In Italia non esiste alcuna Legge che tutela il fine vita, ed infatti solo con la Legge 219/2017 sono state introdotte le
DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento).
Non rimane che prendere contatto con l’
associazione “Luca Coscioni” che attraverso il suo tesoriere,
Marco Cappato, spiegherà e proporrà a DJ Fabo le possibili modalità per concretizzare quella che è la sua ferrea volontà.
Tra le modalità esposte rientra il
suicidio assistito che, tuttavia, potrà essere attuato solo in
Svizzera dove DJ Fabo verrà accompagnato da Marco Cappato.
Marco Cappato si offre di accompagnare DJ Fabo perché perfettamente consapevole della
mancanza di qualsiasi tipo di Legge sul punto in Italia, e che vi sarebbero potute essere delle ripercussioni tra cui quella di dover affrontare un processo.
Il 27 Febbraio 2017 Fabiano Antoniani vede realizzarsi il suo desiderio: porre fine a quella che non considerava vita.
Marco Cappato, rientrato in Italia, si autodenuncia dando così il via ad un
procedimento penale che oggi ha coinvolto la Consulta chiedendo a gran voce che venga finalmente presa una posizione sul tema del fine vita.
In data 08 Maggio 2017 la Procura di Milano chiede l’archiviazione per Marco Cappato, ma il successivo 10 Luglio 2017 il Giudice per le Indagini Preliminari, G.I.P., rigetta la richiesta di archiviazione e
dispone l’imputazione di Marco Cappato.
In data 08 Novembre 2017 inizia il processo a carico di Marco Cappato, e la Corte d’Assise di Milano ben presto si trova nella
condizione di rivolgersi alla Consulta poiché, avendo assolto Marco Cappato dal reato di istigazione al suicidio, occorreva capire se la norma relativa all’aiuto al suicidio fosse da considerarsi costituzionale o meno.
Per completezza di informazione, occorre ricordare che
la Corte di Assise aveva anche chiesto al Parlamento di legiferare su una materia così delicata ma nessuna risposta è arrivata.
Le sorti di Marco Cappato sono, quindi, legate alla decisione che prenderà la Consulta.
Le possibili decisioni della Consulta
1. Onde evitare di toccare un argomento così spinoso, la Consulta potrebbe decidere di
dichiarare inammissibile la questione.
2. Potrebbe, in alternativa,
rigettare o accogliere parzialmente la questione ma dovrebbe, in questo caso, spiegare quando si configurerebbe il reato. Ne deriverebbe una
gran confusione interpretativa che andrebbe puntualmente definita in Tribunale.
3. Infine, ipotesi peggiore, potrebbe
rigettare la questione, ergo la norma sarebbe ritenuta perfettamente valida anche se andrebbe mitigata alla luce delle DAT e della Legge 219/2017.
L’opinione
Valutati gli elementi della vicenda appare chiarissima la necessità, sul piano giuridico, di
ottenere una Legge che disciplini il fine vita.
Questa Legge non è necessaria solo al fine di evitare che chi aiuta un amico, un parente, un compagno di vita debba affrontare un processo ma serve a
garantire la piena tutela dei diritti dell’individuo.
Io da individuo ho il diritto di vedere rispettato il mio pensiero, un pensiero è anche quello di non voler rimanere attaccato ad una macchina, si pensi alle
DAT che adesso hanno finalmente messo un primo punto sulla questione, ma posso anche essere
libero di pensare di voler morire piuttosto che continuare a vivere senza poter in alcun modo esprimere me stesso.
Tuttavia le Dat non bastano, perché coprono solo alcuni aspetti, ovvero quello di una
persona ormai incosciente, in stato clinico irreversibile (come il caso Englaro), ma nel caso di DJ Fabo egli non era legato ad una macchina, non era in quel momento sul punto di morire, era incastrato in un corpo e in una vita che non era la sua.
Era un uomo che non poteva vedere tutelata la propria scelta e dignità poiché in Italia non esistono i mezzi per farlo.
Il piano “etico” è diverso, lo comprendo anche se non del tutto.
Sono consapevole che per varie ragioni alcune persone possano ritenere ingiusta, amorale, una Legge che, diciamolo pure, disciplini il suicidio, ma il fatto che vi sia una Legge non significa che tutti debbano usarla o debbano ricorrervi.
Avere una Legge significa riconoscere un diritto, disciplinarlo e perchè no, anche controllarlo.
Per quanto riguarda la mia opinione, se io ho vissuto liberamente la mia vita, se in questa vita ho fatto quello che più mi piaceva, perché mai dovrei far decidere gli altri su quello che sarà o potrebbe essere la fine della mia vita? Se io ho scelto di essere libera perché, dopo aver respirato a pieno la libertà, devo, per una mancanza, rimanere bloccata in qualcosa da cui sono scappata per tutta la vita?
Qui
la richiesta di archiviazione presentata dal pm nel processo contro Cappato.
La Corte Costituzionale ha poi deciso per non punibilità
Una versione di questo articolo è stata pubblicata su BL Magazine che ringraziamo.